la Repubblica, 20 aprile 2022
Intervista a Jake Tapper
Difficile immaginare un salto logico, geografico e temporale così profondo.Prendete un volto televisivo noto a livello planetario, attualmente in zona di guerra.Chiedetegli ciò che accade lì. E poi, cambiando completamente argomento, trasferitevi dall’Ucraina 2022 agli Stati Uniti dei primi anni Sessanta. Per ricordare un gruppo di star della musica e del cinema che hanno fatto la storia d’America. E non solo nello showbiz.Il filo rosso che lega i due scenari è Jake Tapper, giornalista di primo piano della Cnn. Ma anche autore del romanzo Lo spettacolo della notte, appena uscito per Piemme. Noir di finzione, però ricco di dettagli autentici, che ha al centro il “Rat Pack”: mucchio selvaggio – o cerchio magico – che all’epoca riunì Frank Sinatra, Dean Martin, Sammy Davis Jr., Peter Lawford (e Joey Bishop, assente nel libro), con gli splendori e le miserie della famiglia Kennedy sullo sfondo. Contattiamo chi lo ha scritto via computer.Jake, cominciamo dal tuo impegno attuale in territorio ucraino…«Sono già stato in Iraq, Afghanistan e a Gaza durante gli scontri del 2014.Ma qui è diverso: colpa della barbarie delle forze russe, e alla dinamica con cui Putin sta cercando di destabilizzare l’Europa. Io sono a Leopoli, appena colpita dai missili di Mosca, con almeno sette vittime. Una bella fetta di popolazione ha lasciato il Paese, e i profughi riempiono le strade, i centri per i rifugiati, gli ospedali. È davvero triste».C’è un singolo episodio che dà il senso di ciò che sta accadendo?«Non riesco a circoscrivere a un singolo evento. Penso alla palestra di un’università piena di materassi e di ucraini disperati. A una ragazzina che piange nella sede di una società calcistica locale mentre la madre decide se andare in Polonia o restare.A uno studente universitario diciottenne i cui genitori sono nel Donbass, senza collegamenti telefonici, consapevole che potrebbe non rivederli mai più. Sono le donne ferite in un ospedale locale che non cammineranno né vedranno mai più, a causa di questa guerra crudele. È tutto orribile».Durerà ancora tanto?«Gli esperti sostengono di sì perché Putin è deciso a infliggere agli ucraini quanto più dolore è possibile, e ci sono pochi incentivi a smettere dal suo punto di vista. Almeno finché il mondo non smetterà di rifornirsi di energia dalla Russia».Grazie per la testimonianza dal terreno. Ma ora parliamo del romanzo: perché l’era Kennedy?«Posto che nessun periodo storico può trascendere il tempo in cui è accaduto, credo che i primi anni Sessanta – l’epoca di Jfk, ma anche il periodo in cui il Rat Pack andava alla grande – hanno un loro fascino impertinente, dissoluto, che valeva la pena esplorare».Tanti scrittori celebri, tra cui James Ellroy e Don Winslow, se ne sono occupati: è un’ossessione americana?«Jfk è stato l’ultimo presidente americano a venire assassinato, e l’unico a possedere, allo stesso tempo, intelligenza, cultura, segreti nascosti e potenziale non realizzato: per questo occupa un posto così speciale nella nostra storia».Mostri il Rat Pack tra luci e ombre: vizi, difetti ma anche pregi come l’amicizia, l’antirazzismo, l’opposizione al maccartismo.«Erano celebrità larger than life : naturale che fossero grandi sia le buone che le cattive qualità».Incarnavano, ciascuno a suo modo, il sogno americano?«Sinatra era un ragazzo magrolino di umili origini che viveva a Hoboken, New Jersey; Sammy Davis Jr. sperimentò sulla sua pelle la discriminazione razziale, sia nell’esercito che nello showbiz. Tutti i componenti del Rat Pack erano dei self made men. Al contrario di Jfk».Un gruppo dai legami fortissimi.«Erano, come Aristotele disse una volta, “un intero al di là delle sue singole parti”. Ciascuno famoso e talentuoso per proprio conto, insieme diventarono qualcosa di divino, nell’immaginario collettivo.Malgrado i film che hanno girato insieme siano abbastanza brutti».La figura più complessa è senza dubbio Sinatra.«L’ho sempre amato come artista.Adoro la sua musica, l’ho sempre adorata, da quando ero al liceo e fino a oggi. Come attore ci ha regalato spesso interpretazioni forti, specialmente negli anni Cinquanta e Sessanta».E il giudizio come persona?«Facendo ricerche per il libro sono arrivato ad apprezzarlo anche dal punto di vista umano. Prese posizioni forti sui diritti civili in tempi in cui erano pochissimi a farlo. Forse aveva un disordine bipolare, in un’epoca in cui la società non poteva aiutarlo. Ed ebbe il cuore spezzato due volte: una da Ava Gardner, l’altra proprio da Jfk. Era pieno di difetti, certo: ma a me alla fine piace tanto».La tua tesi è che lui e i suoi amici non sono mele marce: il marcio è nei poteri forti, a Hollywood come a Washington. È ancora così?«Lo è. Ci sono tuttora sistemi malefici controllati da forze potenti, generalmente motivati dal profitto e dal potere. E in cui i singoli “cattivi” sono solo una piccola parte del tutto.Interi ecosistemi costruiti intorno a comportamenti riprovevoli, che vengono nascosti. E chi li fa emergere viene punito».Restando su Hollywood, nel libro compaiono anche altre star, da Janet Leigh a John Wayne. E c’è una scena clou alla Notte degli Oscar.«Ho scritto il romanzo durante i primi mesi della pandemia, e a dirti la verità volevo concentrarmi su qualcosa di divertente, cercavo una via di fuga che fosse vivace, scoppiettante. E poiché non ricordavo una scena di libro alla cerimonia degli Oscar – così come una sequenza notturna al cimitero di Hollywood – ho deciso di inserire entrambe. Per intrattenere me stesso e i lettori».Arrivati all’ultima pagina, il sentimento che prevale è la nostalgia.«È come quando guardi un quadro: più ti allontani, meno ne vedi le pennellate grossolane e le crepe».