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 2022  aprile 20 Mercoledì calendario

Russiagate, ultime sulla cena segreta

ROMA – Si accusano a vicenda, Giuseppe Conte e Matteo Renzi, sui rapporti intrattenuti dall’uno e dall’altro con le amministrazioni americane quando erano a capo dei rispettivi governi in Italia. Arrivando a sfidarsi prima davanti al Copasir, quindi a duello in Tv.
Oggetto dell’ultima contesa, quanto documentato ieri da Repubblica, ovvero la cena fuori protocollo avvenuta nel Ferragosto 2019 tra il segretario alla Giustizia Usa Bill Barr e il direttore del Dis, Gennaro Vecchione, per acquisire notizie sul “Russiagate”. Un incontro mai reso pubblico, che svelerebbe l’esistenza di una regia politica per garantire all’allora inquilino di Palazzo Chigi, cui Salvini proprio in quell’agosto aveva tolto la fiducia, la permanenza alla guida dell’esecutivo. Una ricostruzione «infondata», protesta il leader 5 Stelle: «Collegare la richiesta di informazioni di Barr alla vicenda della formazione del governo Conte II è una illazione in malafede, visto che la richiesta di Barr risale al giugno 2019, mentre la crisi del governo Conte I risale all’8 agosto 2019», taglia corto su Fb. Ribadendo di non aver commesso omissioni né tenuto comportamenti inappropriati. Come Renzi gli contesta, senza però aver «mai sentito il dovere, in tutto questo tempo, di andare a riferire al Copasir», contrattacca l’avvocato grillino. «Cosa teme, di dover essere obbligato, per legge, a riferire tutta la verità?».
La storia è questa: insediatosi alla Casa Bianca Donald Trump si convince che il “Russiagate” – ovvero l’inchiesta sulle interferenze nelle elezioni americane del 2016 – è stato confezionato in Italia, dai nostri 007, sotto la guida del premier Renzi, alleato di Hillary Clinton, e dagli agenti ostili dell’Fbi. Perciò chiede all’Attorney General, cioè Barr, di andare a Roma a indagare. Il protocollo vorrebbe che il segretario alla Giustizia contatti il suo omologo per spiegare cosa cerca e poi lasciargli gestire il caso. Ma Barr scavalca tutti e vede il capo dell’intelligence italiana, autorizzato dal presidente del Consiglio. «La sua richiesta non ha avuto a oggetto una ipotesi di cooperazione giudiziaria per cui sarebbe stato improprio indirizzarla al nostro ministro di Giustizia», si difende Conte. Aggiungendo di non essere a conoscenza della cena in questione. Come a dire: nessuno scambio di favori. Anche se va ricordato che nella rovente estate del Papeete, fu proprio il famoso tweet di Trump a favore di “Giuseppi” a convincere il Pd a varare il governo giallorosso con Conte premier (contro il volere dell’allora segretario Nicola Zingaretti).
Renzi, chiamato in causa, non si sottrae: «Sostenere che io e Obama avremmo truccato le elezioni americane è una roba da trattamento sanitario obbligatorio... Sul Trumpgate o Conte ha mentito al Copasir, o ha mentito Vecchione o hanno mentito entrambi», sentenzia in un video sui social. «Conte racconta che non ci sono stati incontri al di fuori di quelli istituzionali e oggi Repubblica dimostra che non è così. Conte dice che io dovrei andare al Copasir, che però non è un luogo dove uno va e lancia sospetti. Io su Conte non ho sospetti, ho delle certezze. Sul Trumpgate non si è comportato bene, ha molte cose di cui non sta parlando, come l’arrivo dei russi a inizio pandemia. Da mesi chiediamo una commissione di inchiesta che il M5S continua a negare». Parole che adombrano «l’utilizzo dei Servizi come strumento personale», punta il dito il presidente di Italia Viva Ettore Rosato, chiedendo «spiegazioni». Le stesse invocate pure dal senatore pd Alessandro Alfieri, rompendo il silenzio imbarazzato del suo partito: «È evidente che ci sono ancora dei passaggi da chiarire, dopodiché quando ci si trova a governare bisogna affrontare situazioni complesse e delicate, spero che l’abbia capito anche chi è arrivato a farlo sull’onda di slogan populisti». In scia il segretario di Si Nicola Fratoianni: «Questioni molto serie come queste vanno affrontate negli organismi deputati in Parlamento: il Copasir ha tutti gli strumenti per dirimere ogni elemento di incertezza, lo si attivi subito». Perché «quanto pubblicato», affonda il presidente di +Europa Riccardo Magi, «mostra una spregiudicatezza sconcertante da parte dell’allora premier Conte nell’uso degli apparati di tutela della sicurezza nazionale. Uso finalizzato al rafforzamento delle proprie relazioni».