Corriere della Sera, 20 aprile 2022
Catasto, i comuni virtuosi
Da una parte le risorse che il Pnrr dedica alla rigenerazione del patrimonio immobiliare pubblico, dall’altra la riforma del catasto, che prevede un’integrazione delle informazioni catastali presenti dei fabbricati a partire dall’inizio del 2026 e che riguarderà, si presume, tutti gli immobili, quelli pubblici compresi. Entrambi spingono a un’analisi approfondita su quale sia il quadro reale degli immobili della Pubblica amministrazione per intervenire, dove necessario, senza sprechi e valorizzare al meglio il patrimonio italiano. Il decreto legislativo 33/2013, stabilisce l’obbligo di pubblicare, tra le varie informazioni, anche quelle relative alla consistenza dei beni della Pa. «Pubblicare informazioni che non siano solo i semplici dati catastali ma che riguardino anche il loro stato di manutenzione, il loro valore economico, è lo spirito della norma» ha detto Paola Caporossi, co-fondatrice (insieme a Gregorio Gitti) di Fondazione Etica.
Dai dati raccolti dalla Fondazione sui Comuni e Regioni d’Italia, emerge che tra i 109 capoluoghi di provincia, alcuni, considerati efficienti come Milano o Roma, si limitano a pubblicare solo i semplici dati catastali, informazioni generiche e non sufficienti a descrivere la gestione degli immobili. Poi ci sono Comuni al Nord come al Centro e al Sud quali Prato, Macerata, Sassari o Biella che scrivono in maniera differente e casuale informazioni sulla superficie dei beni, il loro valore di acquisto, la destinazione e il valore in bilancio. «Solo un quarto dei Comuni capoluogo di provincia pubblica informazioni esaustive sul patrimonio immobiliare pubblico posseduto. Le Regioni non fanno meglio». La Toscana, che è tra le più performanti, dà scarse informazioni mentre l’Abruzzo si conferma a distanza di anni la migliore. Anche il Lazio e la Basilicata rendicontano il patrimonio immobiliare in modo più dettagliato rispetto alle altre. La legge permette inoltre di osservare la capacità delle Pa di gestire anche economicamente quel patrimonio valutando gli affitti attivi e passivi. «Nel 2020, circa due terzi dei comuni hanno avuto un saldo positivo i tra i beni presi e dati in affitto. Milano guadagna 50 euro a cittadino tra quelli che affitta e prende in affitto, che, moltiplicato per 1,5 milioni di abitanti è una cifra non indifferente». Bene anche Cagliari e Caserta. Le regioni fanno peggio. «Solo la Lombardia ci guadagna pochissimo (lo 0,1 euro pro capite). Le altre presentano tutte un saldo negativo. Sarebbe interessante capire perché, se pubblicassero più informazioni».