Corriere della Sera, 20 aprile 2022
La fuga di Mussolini travestito da soldato tedesco
Agli italiani nati dopo la II guerra mondiale, inclini a mitizzare la storia del fascismo e i suoi protagonisti, è utile ricordare che nelle ultime giornate dell’aprile 1945 (che registrano il crollo definitivo del regime) Benito Mussolini, fallito il tentativo di trovare accoglienza in Svizzera, abbandona in fretta Milano e poi alcune migliaia di suoi seguaci che lo aspettano a Como, per cercare una via personale di scampo, ricorrendo a un improvvido espediente. A Menaggio, il 27 aprile, Mussolini, travestito da soldato tedesco, con la sua amante Claretta Petacci si aggrega a una colonna di militari germanici intenta a lasciare l’Italia. Prima di varcare il confine, a Musso, presso Dongo, il camion in cui Mussolini si è nascosto viene fermato da un gruppo di partigiani e perquisito. Al partigiano che, riconosciuto il duce, lo chiama più volte per nome («Eccellenza Mussolini!.») e lo scuote per il bavero, poiché finge di dormire o di essere ubriaco, il fuggiasco dapprima esita a confermare la sua identità, poi alza gli occhi spaventato e si consegna a chi lo fucilerà il giorno dopo. Sembra la scena di un film della commedia all’italiana con al centro Mussolini impegnato a recitare in un ruolo farsesco, e invece è l’epilogo drammatico e grottesco della vita di un protagonista negativo della storia che stravolse i valori nazionali ottocenteschi di Patria e libertà, seminò odio e creò divisioni tra gli italiani, infine trascinati in una guerra inutile che procurò dolori, lutti, macerie. «Duce, duce – recitava una filastrocca in voga in quegli anni nel salernitano – come ne’ fatti arriduci (come ci hai ridotto). Lu jornu senza pane e la notte senza luce».