Corriere della Sera, 20 aprile 2022
Il dolore di Ronaldo
Settimo minuto di Liverpool-Manchester United, ieri sera, turno infrasettimanale di Premier League, il campionato inglese: l’atmosfera è sospesa per il tributo a CR7. Le squadre con il lutto al braccio, i 54.074 spettatori di Anfield in piedi ad applaudire il migliore assente, «You’ll never walk alone», inno dei padroni di casa, cantato a squarciagola da tutto lo stadio. Non camminerai mai da solo.
Cristiano Ronaldo non c’è: scosso dalla morte del figlio, gemello della bambina messa al mondo lunedì dalla compagna Georgina Rodriguez, ha chiesto all’allenatore dello United di essere esentato dalla partita. Permesso accordato, naturalmente. Il calcio internazionale si è mobilitato, compagni di squadra, rivali, ex fratelli di maglia si sono fatti vivi, dal Brasile – dov’è ricoverato per un ciclo di cure – è arrivato il messaggio di cordoglio del mito Pelè («Amico mio, ti invio le mie preghiere e i miei sentimenti in questo momento così difficile. Che Dio conforti il tuo cuore e illumini ogni passo del tuo cammino»), la leggenda dello sprint Usain Bolt, grande tifoso dei Red Devils, dalla Giamaica ha postato le mani giunte tre volte. Solidarietà per il fuoriclasse invincibile, messo in ginocchio dal dolore più tremendo («Il più grande che un genitore possa provare» ha scritto), nei giorni più duri: un’onda di empatia così imponente soltanto CR7 poteva sollevarla.
La famiglia, la sua ossessione. Spezzata quella d’origine dalla scomparsa del padre alcolista per cirrosi epatica nel settembre 2005, quando l’aspirante campione ventenne aveva già cominciato a costruire la sua personalissima leggenda a Manchester (Alex Ferguson, il mitico manager dei Red Devils, si era innamorato di lui nell’amichevole persa con lo Sporting Lisbona, 6 agosto 2003, ultima partita in biancoverde di un Ronaldo con le meches), è tutta la vita che CR7 s’impegna per costruire la sua: prima le copertine delle riviste di gossip con le fidanzate celebri (una su tutte la supermodella russa Irina Shayk, cinque anni di amore paparazzatissimo) e poi, dal giugno 2016, la pace trovata nella semplicità di Georgina Rodriguez, spagnola di Jaca (Aragona), 28 anni, conosciuta a Madrid quando lavorava come commessa da Gucci, madre di due dei cinque figli del portoghese 37enne: Alana Martina, quattro anni e mezzo, e la bimba appena nata, di cui non è ancora stato reso noto il nome. Nella famiglia dos Santos Aveiro c’è una terza bambina, Eva, gemella di Mateo, nati negli Usa da madre surrogata così come di passaporto americano è Cristiano Junior, 12 anni il 17 giugno, partorito da una donna di cui Ronaldo non ha mai voluto svelare l’identità.
È lui, Cristianino tutto suo padre nei lineamenti e nella propensione per il pallone, l’erede designato. «Ha potenziale: è veloce e dribbla bene, ma questo non basta – ha detto il padre del figlio —. Non gli metto pressione però gli ricordo che per avere successo il talento non basta: servono lavoro e dedizione». Numero 24 nell’Under 12 del Manchester dopo aver giocato nei pulcini della Juventus (papà ha vestito bianconero per tre stagioni), Junior festeggia già i gol come Senior: si chiama esultanza del «siuuuu» ed è, come tutto ciò che riguarda il calciatore più famoso del pianeta, un marchio di fabbrica. È questo il cerchio di affetti in cui chiudersi ora. No, Cristiano Ronaldo non cammina da solo.