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 2022  aprile 19 Martedì calendario

In morte di Catherine Spaak

Maurizio Porro per il Corriere
La prima vera Lolita, la prima vera ninfetta italiana, la prima scapigliata fu Catherine Spaak, parola di Alberto Lattuada e dei suoi Dolci inganni, preso di mira dalla incattivita censura del 1960. Nata in Francia, a Boulogne Billancourt, il 3 aprile 1945, figlia dello sceneggiatore Charles Spaak e Claudie Clèves, attrice come la sorella Agnès, nipote d’un primo ministro, Catherine, di cui siamo orfani da domenica, fu la pecora nera di una famiglia alto borghese di cui aveva minato le certezze trasferendo tutte le sue irrequietezze in Italia.
Il primo a notarla, 14enne, fu Jacques Becker nel carcerario Il buco ma sarà Lattuada che la tramanda nella parte dell’adolescente spregiudicata e tormentata dalla «prima volta» in quel film a ritmo di jazz freddo, che scoppia come una bomba. L’immagine della ragazzina senza timori, desiderosa di provare tutto e subito, viene replicata in diverse versioni, due basilari: nella Noia di Damiano Damiani del 1963, dal romanzo di Alberto Moravia, in cui è la modella che ossessiona il pittore Horst Buchholz fino alla famosa scena dove viene coperta nuda con le grandi banconote da diecimila lire di allora, e nella Voglia matta, perfetta commedia generazionale di Luciano Salce del 1962. In gruppo con Gianni Garko, Jimmy Fontana, Fabrizio Capucci (che sul set conosce e sposerà) manda in tilt i sogni erotici piccolo borghesi di un Tognazzi irretito nella festa teenager in una villa sul mare dove si balla allacciati Sassi di Gino Paoli. È un gran successo, toccata e fuga dal romantico al patetico, con un magistrale Tognazzi e una Spaak al culmine della sua adolescente bellezza un po’ androgina, del tutto fuori dalle misure delle maggiorate: il povero Ugo diventa zimbello dei finti disincantati figli di papà. Nello stesso modo si prenderà gioco di Vittorio Gassmann, che è suo padre ma non la riconosce, nel Sorpasso, storico capolavoro di Dino Risi (1962), continuando con altre commedie da spiaggia come Diciottenni al sole, sempre in costume da bagno con Garko e il marito Capucci.
Catherine con la sua indifferenza glaciale è un ottimo aggancio al disamore esistenziale dei tempi. Se ne accorgono Florestano Vancini, che la sceglie per La calda vita con Ferzetti, e il femminista Antonio Pietrangeli, che le disegna su misura il personaggio della Parmigiana, ancora perfetta fenomenologia sentimentale di una ragazza irrequieta cui va stretta la vita di provincia, prefazione ideale della Sandrelli di Io la conoscevo bene. Nel folto curriculum dell’attrice, la Bugiarda di Luigi Comencini (1965), film tratto da una spudorata commedia di Diego Fabbri (in teatro Rossella Falk), sempre avversa alla monogamia.
Intanto inizia la carriera musicale con la Ricordi e i primi 45 giri (Quelli della mia età, Noi siamo i giovani) che diventano successi grazie anche alle sue apparizioni del sabato sera in tv, mentre nel 1964 vince il David di Donatello e pubblica sette album. Se la disputano i migliori, Mario Monicelli nell’Armata Brancaleone, sul cui set maschilista non si trova bene, poi lavora con Festa Campanile nelle pochade La matriarca e Adulterio all’italiana, tradendo ora Manfredi ora Trintignant, mentre in Certo certissimo… anzi probabile di Marcello Fondato (1969)si confronta con Claudia Cardinale.
Gioca senza successo la carta di Hollywood in Intrighi al Grand Hotel di Richard Quine del 1967 e un anno dopo debutta in tv nella Vedova allegra diretta da Antonello Falqui, doppiata da Lucia Mannucci del Quartetto Cetra, mentre nei primi film le voci erano di Adriana Asti e Maria Pia di Mejo. Così conosce il partner Johnny Dorelli ed ecco un’altra ditta di lavoro e anche sentimentale: si sposano nel 1972, da lui avrà il figlio Gabriele e successi teatrali in Aspettando Jo e nel musical di Neil Simon Promesse… promesse.
La Spaak, amante del mondo dello spettacolo, ce lo racconta sui giornali, partendo dal Corriere della Sera, inviata alla mostra di Venezia. Si dirada il cinema legato alla sua spudorata ed esibita giovinezza, partecipazioni a sketch (svetta quello cult di Ferreri), continua la carriera teatrale con Cyrano regia di Daniele D’Anza, con Domenico Modugno, cui seguiranno un testo di Albee e lo spettacolo su Vivien Leigh. Il format televisivo le si addice per le interviste amichevoli nel talk show Harem, 15 edizioni Rai, dopo aver sperimentato Forum: usa il video per dire la verità, come una confessione laica.
Come quando è andata in video per parlare della sua malattia: «Il 20 gennaio 2020 sono stata colpita da un’emorragia cerebrale. Mi sono trovata in ospedale e poi in riabilitazione, non vedevo più e non potevo camminare». Le dimissioni coincise con l’inizio del primo lockdown. Un anno dopo la rivelazione in tv. «Ora ne rido, bisogna prendere le cose con leggerezza. Non provo nessuna vergogna a parlarne – aveva raccontato —. Tante persone che hanno problemi di salute tendono a nasconderlo. Dopo l’emorragia cerebrale ho avuto delle crisi epilettiche dovute alla cicatrice». E lanciando un messaggio diretto: «Se siamo malati non dobbiamo vergognarci. Un’emorragia non fa piacere a nessuno, ma oggi sono qui con il sorriso, con la capacità di ragionare e di parlare, ma anche di ribellarmi. Non ho perso la mia grinta e il mio coraggio. Dico a tutti che si va avanti».
I terremoti sentimentali, dopo le nozze giovanili con Capucci, la vedono moglie di Johnny Dorelli, dell’architetto Daniel Rey infine di Vladimiro Tuselli: il 2 giugno 2020 sempre in tv, ancora la privacy che diventa pubblica, dichiara di essere tornata single.
Nel 2003 la sua ultima esperienza in tv su La7 con Il sogno dell’angelo, nel 2007 partecipa però a Ballando con le stelle e nel 2015 cede all’Isola dei famosi. Al cinema lavora, nel secondo tempo della carriera, con Salce, Sordi, Risi, Monica Vitti, l’ultima volta diretta da Enrico Iannacone in La vacanza del 2019. In tv recita anche in film e miniserie (Un Posto al sole, Un medico in famiglia e perfino in Fosca dal romanzo di Tarchetti), mentre dà alle stampe alcuni volumi: 26 donne, Oltre il cielo, Lui e sembra passato un secolo da quei dolci inganni e da quelle voglie matte.
Renato Franco per il Corriere
Una vita da film anche nei matrimoni. Quattro. Ognuno con una sceneggiatura diversa. Il primo era stato a tinte drammatiche: Catherine Spaak fu arrestata per essere scappata con sua figlia, la bambina le fu tolta e affidata alla nonna paterna; di fatto non riuscì più a ricostruire un rapporto con lei. Era il 1962, il set di La voglia matta fu l’occasione dell’incontro con l’attore Fabrizio Capucci: «Ci innamorammo e restai incinta – aveva raccontato in un’intervista al Giornale qualche mese fa —. Avevo 17 anni e, per la mentalità dell’epoca, era uno scandalo». Una situazione emotivamente difficile da gestire, per di più in un Paese non suo, lontana da genitori che sono stati tra il molto assenti e il poco affettivi. «Fui vittima della mia età... Ero ospite a casa Capucci dopo il mio matrimonio con Fabrizio, ma non mi sono mai sentita a mio agio, così presi la bambina e scappai. Loro non me la perdonarono e sporsero denuncia, fui arrestata a Bardonecchia. In frontiera. Allora c’era la patria potestà, una donna non era veramente libera. Così mi riportarono a Roma con mia figlia, per tutto il viaggio in braccio a un carabiniere. Finimmo tutti in tribunale. Il giudice fece presto ma fu una tragedia». Le tolsero la figlia. «La motivazione era, a dir poco, discutibile – aveva dichiarato —. Sosteneva che la madre, cioè io, essendo un’attrice, era di dubbia moralità. Quindi la bambina sarebbe rimasta con la nonna paterna. Hanno distrutto la mia vita. E quella di Sabrina... Non sono riuscita a recuperare quello che il magistrato ha rovinato». Un’incomunicabilità che sorprende a sentire una storia in cui anche la mamma sembra evidentemente vittima. «È stata una vendetta dei Capucci. Il lavaggio del cervello a Sabrina ha fatto il resto. Le hanno ripetuto: la mamma è cattiva. Ti ha abbandonato. Offese che hanno lasciato segni indelebili». Dieci anni dopo le tinte della sceneggiatura matrimoniale migliorano (peggio era difficile), ma arrivano nuovi problemi. Il matrimonio (dal 1972 al 1978) con Johnny Dorelli porta un secondo figlio, Gabriele. Ma i tormenti interiori sono tanti: «Avevo problemi di salute, anoressia, andai in analisi, non riuscivo a lavorare. Ero sposata con Johnny Dorelli che non aveva piacere che lavorassi. Diceva: ce n’è già uno e basta». Passeranno più di 10 anni dalla fine di quella relazione, il tempo – intimo, esclusivo, soggettivo per ognuno di noi – per aprirsi a un nuovo «sì», ancora un matrimonio. Questa volta niente attori, ma il risultato è lo stesso: l’unione con l’architetto Daniel Rey scade dopo i canonici 7 anni. Nel 2013 Catherine Spaak decide di riprovarci, ancora un abito bianco: Vladimiro Tuselli è un ex comandante di navi che ha 18 anni meno dell’attrice. Lei ci scherzava su: «È un argomento che ci fa molto sorridere anche se all’inizio ero un po’ sconcertata quando l’ho scoperto: lui non me l’aveva detto, io non glielo avevo chiesto. Per fortuna». Un amore eterno finché è durato, da due anni era, di nuovo, divorziata: «Al primo posto ci sono io, finalmente».

Emilia Costantini per il Corriere della Sera (intervista la sorella Agnès)
«Era una donna complicata e ha avuto una vita complessa, ma un fil rouge ci ha sempre legato, un grande amore che non si è mai spento». Agnès Spaak, sorella maggiore di Catherine, non riesce a trattenere la commozione, riavvolgendo il nastro dei ricordi.
Lei aveva solo un anno di più di sua sorella...
«Avevamo solo 11 mesi di differenza, eravamo praticamente quasi gemelle e siamo cresciute insieme... poi come sempre avviene, la vita ci ha fatto percorrere strade diverse e, a volte, anche molto distanti. Però voglio assolutamente sfatare una leggenda».
Quale?
«Quando anche io facevo l’attrice, il nostro rapporto è stato falsamente manipolato da certa stampa. Dicevano che litigavamo, che c’era rivalità tra noi, gelosie reciproche e continui conflitti... Non è assolutamente vero! Anche perché io, poi, mi sono totalmente dedicata ad altro, ho fatto la fotografa. Catherine aveva un carattere non facile, ma ciò non significa che fossimo nemiche».
In che modo era diversa?
«Lei era molto introversa e, nonostante fossimo molto vicine d’età, non si confidava con me. Ricordo che quando avevamo 12-13 anni, io andavo a spiare nella sua camera da letto, per vedere quale libro stesse leggendo... tanto per capire meglio cosa avesse in testa mia sorella».
Che libro era?
«Viaggio al termine della notte di Céline. Di sicuro aveva sottratto, di nascosto, questo volume alla libreria di nostro padre. E da quella sua lettura, di un libro così impegnativo, ho capito la sua diversità. Catherine mi accusava di essere troppo scherzosa, discutevamo, magari ci scontravamo anche su come reagire a certi eventi. Insomma, la differenza di carattere tra noi era evidente, come accade spesso nei rapporti di sorellanza, ma poi un accordo lo trovavamo sempre... soprattutto quando ci scambiavamo i vestiti...».
E quando lei ha iniziato a fare l’attrice, le ha dato consigli, suggerimenti...
«In verità, ho fatto questo mestiere per poco tempo, dedicandomi poi alla fotografia, la mia vera passione. Quindi Catherine non ha nemmeno fatto in tempo ad aiutarmi con eventuali consigli su questo o quel progetto, su questo o quel regista, non so nemmeno se abbia mai visto un mio film... Semmai, dopo, ha apprezzato molto il mio lavoro da fotografa, condividendo con me alcune sue visioni, suggestioni... Tanto che avevamo progettato di creare insieme un racconto sul tema della solitudine, corredato da foto e da testi, immagini e storie».
E lei, come spettatrice, quale film ha amato maggiormente di sua sorella?
I rapporti con gli uomini
Raccomandava sempre di non essere troppo generose, ma di pensare al rispetto di sé stesse
«Mi piacque tanto in Dolci inganni, diretta da Alberto Lattuada, il suo primo film davvero importante realizzato in Italia, e poi La voglia matta, per la regia di Luciano Salce. Inoltre sono stata sua spettatrice quando debuttò al Teatro Sistina con lo spettacolo Promesse... promesse nel 1970. Era molto preoccupata, essendo un’esperienza completamente nuova... era molto tesa, perché doveva esibirsi sul più importante palcoscenico della commedia musicale, diretta dai mitici Garinei e Giovannini, per di più a fianco di Johnny Dorelli... Ricordo che, alla prima, sedevo in platea con mio padre».
E papà Charles, importante sceneggiatore, fu soddisfatto del debutto?
«Lui era sempre molto sarcastico, dotato di un forte senso dell’umorismo: era divertito, applaudiva».
Catherine ha avuto anche una vita sentimentale piuttosto movimentata...
«È vero, ben quattro mariti, ogni sette anni un nuovo matrimonio. Quando mi accordava qualche confidenza, riguardo al rapporto con gli uomini mi raccomandava sempre una cosa: non bisogna mai essere troppo generose, ma pensare al rispetto di sé stesse».
Dal primo marito, Fabrizio Capucci, ebbe una figlia, Sabrina.
«Un rapporto difficile tra madre e figlia: non si sono frequentate per una quarantina di anni. E io ho cercato, riuscendovi, di farle riavvicinare: negli ultimi mesi di vita di Catherine, Sabrina è stata accanto alla madre, si sono riappacificate».
Il più bel ricordo che custodisce di sua sorella?
«Quando suonavamo la chitarra cantando insieme la canzone Le tourbillon interpretata da Jeanne Moreau nel film Jules e Jim di Truffaut. E poi i Capodanni in Alta Savoia, con tante risate e tanti ragazzi intorno che ci facevano la corte. Ma erano molti di più quelli innamorati di Catherine, un’icona di bellezza».
Gli ultimi ricordi?
«I più dolorosi. Le sono stata vicina sia quando è iniziata la pandemia e poi dallo scorso luglio quando è stata colpita dall’ultimo ictus. Ha sofferto tanto, era paralizzata nel lato destro e non riusciva più nemmeno a parlare... un calvario fino a quando la sua luce si è spenta definitivamente».