La Stampa, 19 aprile 2022
Aerospazio S.P.A
È il polo dell’aerospazio più grande d’Europa quello che ruota intorno a Torino, storica capitale italiana dell’industria aeronautica. Ed è naturalmente una delle opportunità di sviluppo nei prossimi anni per tutta l’area del Nordovest. Già oggi il settore dà lavoro a 15.000 addetti diretti e promette di svilupparsi ulteriormente con un grande progetto di integrazione pubblico/privato. Se l’aggressione russa all’Ucraina ha in parte cambiato i piani a breve termine, nel nuovo mondo che nascerà dopo il conflitto le produzioni aerospaziali italiane potrebbero addirittura conoscere un nuovo impulso.
«Da tempo – spiega Walter Cugno, vicepresidente del settore esplorazione di Thales – si era pensato di concludere la missione della stazione spaziale internazionale. Ora la guerra e i rapporti molto difficili tra Russia e occidente fanno pensare ad una accelerazione». Che cosa sostituirà la stazione spaziale Iss? «Il futuro – spiega Cugno – è nell’orbita bassa». Satelliti che viaggiano a un’altezza relativamente vicina alla Terra, tra i 200 chilometri del limite superiore dell’atmosfera e i 2.000 chilometri delle fasce di van Allen. In quella porzione di universo c’è il futuro commerciale del settore. Un satellite che orbita a queste altezze, infatti, ha il vantaggio di offrire tempi di risposta molto rapidi, confrontabili con quelli delle comunicazioni terrestri.
Ancora una volta il polo torinese si presenta all’avanguardia in questo settore. Nell’area di Leonardo-Thales, in corso Francia a Torino, è già stata realizzata negli anni scorsi buona parte, circa il 40%, della Stazione spaziale internazionale. Uno dei nodi della stazione campeggia lungo la strada che affianca il Campo volo. «Oggi – spiega Cugno – siamo in grado di lanciarci nel settore dell’orbita bassa. Ma anche in quello delle stazioni sulla Luna e su Marte». Progetti importanti che richiedono investimenti e nuove assunzioni. Già nel 2021 gli ingegneri della sede torinese di Thales erano 120. Quest’anno dovrebbero diventare 200. Thales fattura a Torino 400 milioni all’anno.
La prospettiva sembra incoraggiante. Certo non mancano le battute d’arresto. Il programma di esplorazione di Marte con i lander deve fermarsi perché prevedeva il lancio dalla stazione spaziale di Baikonur, in Russia, con un vettore russo. Tutto rimandato. Si tratta ora di decidere come non perdere i due miliardi di investimento che è costata la missione. Si studiano alternative che non saranno certo meno costose. Ma ci sono anche aspetti positivi. La Nasa ha commissionato a Thales la realizzazione di nuovi mezzi di trasporto su Marte e sempre nell’area di corso Francia opera Red Cat Holdings, società che ha acquisito la Skyper sonic dell’italiano Giuseppe Santangelo. Red Cat realizza lander per l’esplorazione di Marte. Ha la sede principale a Detroit e lavora per la Nasa anche nel laboratorio di Torino.
La collaborazione tra pubblico e privato è una delle caratteristiche del business dell’aerospazio. Non solo negli Usa ma anche in Europa. Il sistema dell’area torinese ha alcune grandi società capofila, come Leonardo, Thales-Alenia e Avio. Ma alle spalle dei giganti c’è una filiera lunga di piccole e medie aziende fino alle start up. I grandi gruppi selezionano quella filiera con cura. «Dobbiamo farlo – spiega Giacinto Carullo, direttore acquisti di Leonardo – perché la catena dei fornitori è decisiva anche se Leonardo può avvalersi del lavoro dei suoi 10 mila ingegneri. I progetti durano molti anni e un pacchetto di fornitori deve lavorare insieme anche per tre decenni. Per questo la selezione della filiera è tanto importante. Perché dopo è molto difficile cambiare».
Tra le piccole e medie imprese che hanno superato la durissima selezione c’è la Apr di Pinerolo, nell’hinterland torinese. Realizza componenti rotanti per l’industria spaziale e aeronautica. «Siamo nati nel 1998 – racconta Andrea Romiti intervenendo al convegno sull’aerospazio torinese organizzato al politecnico il 10 marzo scorso – e oggi abbiamo 75 collaboratori. Il nostro settore sta cambiando rapidamente. E con l’urban air mobility si aprono nuove possibilità».
La principale opportunità offerta dal distretto è infatti quella di creare sinergie e scambiare conoscenze per sistemi di mobilità da utilizzare in ambiti diversi. Non solo per i mezzi di trasporto ma anche per i sistemi di propulsione. Così il sistema dell’aerospazio è in grado di creare innovazione negli ambiti più diversi: dagli aerei da caccia militari ai taxi volanti senza guidatore alimentati a idrogeno. È il caso della Lma di Fulvio Boscolo, 110 dipendenti, azienda che sta investendo sulle nuove generazioni di droni. Così come sta facendo Leonardo, che dallo scorso anno sperimenta sul Po i nuovi droni da trasporto merci governati da remoto. Il progetto chiamato “Sumeri” potrebbe presto rivoluzionare il sistema di consegne nelle aree urbane.
Dal punto di vista industriale ed economico sembrano dunque destinate a saltare le tradizionali divisioni del Novecento. La distinzione tra aeronautica, spazio e automotive sembra sempre più labile. E nei prossimi anni cambierà molto anche nei sistemi di propulsione: «Il futuro, anche in aeronautica, è nei motori ibridi e nell’utilizzo sempre più frequente della componente elettrica», spiega Margherita Bertinotti, responsabile acquisti di Avio. Che per il settore prevede il ritorno alla condizione pre-Covid nel 2023 per i voli passeggeri e nel 2024 per il cargo. Al netto, ovviamente, delle ripercussioni dell’invasione dell’Ucraina.
A tutto questo forniscono l’impulso decisivo le università dell’area, principalmente Politecnico e Unito. «Il volo aereo della Penisola è nato a Torino, sulla pista nella zona di Mirafiori, il primo aeroporto italiano», ricorda Marco Cantamessa professore del Politecnico torinese. Che sottolinea quanto sia «importante che ricerca scientifica, area produttiva e area sperimentale siano tutte nello stesso territorio». Questo del resto sarà uno degli atout della futura cittadella dello spazio. Che avrà a disposizione, accanto ai laboratori e alle aree produttive, il Campo Volo di Collegno, l’aeroporto di Torino prima della costruzione di Caselle. Una pista pronta per i voli sperimentali di droni e velivoli di nuova generazione.
L’impressione è che proprio quello che un tempo si chiamava aerospazio e che oggi si dovrebbe più propriamente definire industria della mobilità possa diventare la nuova chiave di volta della manifattura e della ricerca nel nordovest italiano. Perché è in quelle innovazioni che risiedono le maggiori potenzialità di aggredire i nuovi mercati. Già oggi i numeri del distretto torinese dicono che quella è la strada giusta.
I 15.000 addetti garantiscono un fatturato di 7 miliardi di euro con un export vicino al miliardo soprattutto verso Usa e Germania. La nascita della cittadella dell’aerospazio nei prossimi anni non farà che aumentare queste cifre e far cresce il numero delle piccole e medie aziende che alimentano la filiera. Già oggi sono 350. A queste si aggiungeranno le start up che troveranno posto dell’incubatore dell’Agenzia Spaziale Europea. Una forte garanzia per il futuro.