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 2022  aprile 19 Martedì calendario

La Svizzera neutrale pensa alla Nato


LUGANO – Dopo Svezia e Finlandia anche la Svizzera sembrerebbe aver voglia di Nato. È una delle conseguenze della guerra di aggressione russa all’Ucraina, che ha visto Berna schierarsi apertamente con l’Unione Europea e l’Alleanza Atlantica. Fatto sta che, stando a un sondaggio, realizzato su 20 mila persone il giorno di Pasqua dal domenicale SonntagsZeitung, viene fuori che “la popolazione svizzera, nella misura del 56%, è favorevole a una collaborazione più stretta con la Nato”. Quello che impressiona, tuttavia, è un altro dato: il 33% del campione preso in esame dal domenicale è d’accordo ad aderire tout court all’alleanza atlantica. Un dato assolutamente impensabile nella neutrale Svizzera prima dello scoppio della guerra in Ucraina.
Capofila dei neo-atlantisti elvetici è il presidente del Partito Liberale, Thierry Burkart, partito del quale fanno parte sia il ministro degli Esteri e attuale presidente della Confederazione, Ignazio Cassis, che la ministra di Giustizia e Polizia, Karin Keller-Sutter. «La Svizzera – la tesi di Burkart – non può difendersi da sola contro missili internazionali. Serve quindi una revisione della politica di sicurezza e un allineamento più stretto con la Nato».
Dal canto suo, pur non ritenendo imminente un’adesione svizzera alla Nato, il comandante in capo dell’esercito svizzero, Thomas Süssli, ammette che «se entrassimo in guerra la neutralità cadrebbe e la Svizzera si troverebbe a collaborare con i paesi vicini». Che, detto per inciso, sono tutti membri della Nato. Come dire che il conto alla rovescia per l’adesione è iniziato, visto che di fatto, contrariamente al passato, questa volta Berna ha scelto senza indugi un campo. Lo ha capito anche il presidente del Partito del Centro, Gerhard Pfister. «Abbiamo bisogno di una strategia di difesa con l’Europa», ha dichiarato. Fatto sta che, già nel 2020, in un’intervista al portale
Swissinfo, l’ambasciatore elvetico a Bruxelles, Philippe Brandt, affermava che «la collaborazione con la Nato è compatibile con la nostra neutralità». Poi è arrivato il 24 febbraio 2022 e i termini della questione sono cambiati tanto che, 4 giorni dopo l’attacco dell’esercito di Putin all’Ucraina, inaspettatamente, conoscendo i tempi della diplomazia elvetica, il governo annunciò la piena adesione svizzera alle sanzioni contro la Russia, già adottate dall’Unione Europea e dalla Nato. Come nel resto dell’Occidente, vennero presi di mira anche gli oligarchi. La misura riguarda 900 persone e 62 imprese.
«Così non va», si è indignato Christoph Blocher, leader dell’Udc, il partito della destra sovranista, maggioritario al Parlamento federale. Ecco allora che il politico che dell’eurofobia ha fatto una bandiera, scodella un’iniziativa popolare che ribadisca la neutralità armata della Confederazione, con la clausola del divieto di imporre sanzioni. Ma intanto, mentre il miliardario 82enne cerca di contrastare l’apertura del proprio Paese, il concetto di neutralità armata sembra stia andando in crisi.