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 2022  aprile 16 Sabato calendario

Torna il fluviale romanzo di Joyce Carol Oates

La generosità di Joyce Carol Oates è leggendaria. Dal 1963 a oggi ha regalato ai lettori quasi un romanzo all’anno, e in aggiunta ci sono i racconti, le poesie, i saggi, i testi teatrali, i libri per bambini. Leggendaria anche la capacità di lavoro. Come Stephen King – che scriveva più libri di quelli che i fan sfegatati riuscivano a leggere, e fece poi morire il suo doppio Richard Bachman di “cancro allo pseudonimo” – ha firmato con i nomi di Rosamond Smith e Lauren Kelly dieci di storie del mistero.
Le dimensioni contano. Sorella, mio unico amore stazza 670 pagine, ma neanche l’editor più attento al ritmo troverebbe qualcosa da togliere. Fila via liscio e avvincente trascinato da un testimone che ogni tanto, nelle note a fondo pagina, si interroga senza pedanteria accademica sul suo compito di narratore: «Gli scrittori dilettanti non sanno raccontare storie, nemmeno quelle della propria vita». Lui è il primo della lista: «Per istinto sono portato a tirar fuori tutto senza indugio, senza tenermi niente dentro».
Rimedia alle incertezze e alla confusione la bravura di Joyce Carol Oates, grande burattinaia che governa la trama, il narratore e gli altri protagonisti partendo da un caso di cronaca nera. Nel 1996, era il giorno di Natale, la reginetta di bellezza JonBenét Ramsey fu trovata morta nella casa dove viveva con i genitori a Boulder, Colorado. Aveva sei anni, da tempo con la complicità della madre si esibiva nei concorsi per mini- Barbie, truccate e acconciate e agghindate per sbaragliare la concorrenza. Una lettera chiedeva il pagamento di un riscatto, il colpevole non si trovò, i genitori e il fratello furono a turno sospettati.
Joyce Carol Oates aveva già lavorato di variazioni su un omicidio – nel senso musicale – nell’angosciante Acqua nera: la macchina caduta dal ponte a Chappaquiddick, la ragazza rimasta intrappolata, Ted Kennedy che tarda a dare l’allarme. E sulla vita di Marilyn Monroe in Blonde, dimostrando – se mai ce ne fosse bisogno – la superiorità del romanzo sulle biografie. Speriamo che il film diretto da Andrew Dominik, prossimamente su Netflix, rispetti le intenzioni della scrittrice e non ricada nel solito biopic.
La famiglia Ramsey diventa Rampike, la bambina da reginetta di bellezza diventa pattinatrice. Nata con il serioso nome di Edna Louise e ribattezzata “Bliss” dalla madre che prega Dio prima di ogni gara importante (e anche quando il marito minaccia di divorziare). “Beatitudine”, o stando bassi “felicità”. Il fratello Skyler a 19 anni cerca di mettere ordine nella vicenda (un decennio dopo l’omicidio). Da ragazzino non aveva dato soddisfazioni alla madre: sulla pista di pattinaggio era un disastro, avviato verso la ginnastica si fa subito male. Nasce qui la pista della gelosia: il fratello trascurato che toglie di mezzo la bambina coccolata, precocissima sui pattini.
Nascosta dietro il giovane Skyler che si dichiara «narratore inaffidabile», Joyce Carol Oates procede come uno scrittore dell’Ottocento innamorato del mestiere ( qualcosa suggerisce che non smania per farsi chiamare “scrittrice”). La prima volta di Skyler con i pattini ai piedi ha una (straziante) vivacità, soffre anche il lettore per gli incerti tentativi e le cadute. Aggravante edipica: la mamma aveva tentato senza successo una carriera da pattinatrice.
Sorella, mio unico amore è del 2008, il romanzo non invecchia anche se ormai il caso di cronaca è lontano, resta però nella cultura popolare. Un documentario del 2017, Casting JonBenet di Kitty Green, racconta una serie di provini a Boulder, Colorado. Cercavano attori e attrici per un film, si presentarono adulti e bambine con riccioli e costumi da reginetta di bellezza: ognuno aveva la sua “vera verità” sull’accaduto.
Joyce Carol Oates combina la sua passione per il gotico e il grottesco americano con le famiglie malmesse e rancorose. La cittadina nel New Jersey ha le sue gerarchie, farsi accettare per i Rampike non è facile. La signora che sempre si negava al telefono richiama quando sente la notizia del delitto. Ci sono i soliti sospetti da arrestare. I pettegolezzi da scremare. La richiesta di riscatto da analizzare, la piccola campionessa aveva molti ammiratori, qualcuno potrebbe aver perso la testa.
«Prendiamo pillole – come le nostre madri», scrive Skyler che fa l’elenco delle pastiglie colorate come caramelle dai nomi suggestivi: Nixil, Excelsia, Serenex, Zomix ( gli steroidi serviranno per migliorare le prestazioni sportive di Bliss). Sorella, mio unico amore è fatto a strati, prima il resoconto di Skyler, che vive grazie a una piccola pensione lasciata dalla nonna. Poi c’è un tentativo di romanzo dentro il romanzo, intitolato Primo amore.
Dagli ultimi capitoli, quando giornali e tv si avventano sul caso, sappiamo che la madre di Bliss ha avviato la linea di cosmetici e accessori “Profumo del Paradiso”. Il padre ha altri figli con un’altra moglie. I delitti veri possono restare senza colpevole, i delitti romanzeschi no – meno che mai dopo quasi 700 pagine. A segnare la differenza con la smisurata quantità di gialli e thriller in circolazione, il lettore di Sorella, mio unico amore dimentica presto la ricerca del colpevole, soddisfatto e gratificato per i mondi e i personaggi che Joyce Carol Oates gli costruisce sotto gli occhi.