Il Messaggero, 16 aprile 2022
Rosanna Marziale, chef stellata e Barbie
«Da piccola giocavo con le pistole, i guantoni da box e le frecce». Ed è diventata una Barbie. «Quando la Mattel mi ha comunicato che mi avrebbero dedicata una delle bambole, ho detto subito: guardate che non ne ho mai avuto una, a me piaceva far finta di sparare e lanciare freccette». Rosanna Marziale, chef stellata di Caserta. Una delle tre Barbie italiane scelte dall’azienda di giocattoli per celebrare i talenti delle donne fuori dagli schemi. Le altre due sono l’astronauta Samantha Cristoforetti e la calciatrice Sara Gama. «Grazie a tanta passione, creatività e coraggio è riuscita ad affermarsi in un settore, quello dell’alta cucina, tipicamente dominato da uomini»: questa la motivazione del riconoscimento della Mattel alla cuoca, come si definisce lei, del ristorante Le Colonne di Caserta. «È una grande responsabilità essere un esempio per le bambine», racconta la cuoca Barbie nel podcast del Messaggero L’Una e L’altra, da oggi online. «Sin da piccole possono immaginare di diventare quello che desiderano, anche delle chef affermate».Cosa vuol dire per lei essere una chef stellata?«Significa dover sempre fare bene e avere poche possibilità di sbagliare. Vuol dire anche tanta responsabilità e pressione». Su oltre 3.300 chef stellati di 28 Paesi, solo 134 sono donne: più o meno il 4%. È ancora difficile affermarsi in un ambiente così maschile. Qual è la ricetta del suo successo?«Per tanti anni il mestiere di chef è stato esclusivamente maschile, ma ultimamente sempre più donne chef si sono affermate. Il segreto del successo è perseverare, concentrarsi sull’obiettivo e distogliersi molto poco. Solo da qualche anno ho cominciato a ragionare su cosa significa essere una chef donna, mi sono sempre fatta valere per le capacità e la perseveranza».Qual è stato il momento più difficile?«La morte di mio padre. Il ristorante Le Colonne esiste da 63 anni, prima si chiamava La bomboniera. Quando avevo 16 anni e le sorelle più piccole erano ancora bambine mio padre ci ha lasciati. Io e mio fratello di un anno più grande ci siamo dovuti preoccupare dell’attività, pur non essendo abbastanza maturi. Oggi mi chiedo: ma come abbiamo fatto? C’è voluta una grande incoscienza. Venti anni fa abbiamo realizzato il sogno di mio padre, la tenuta per eventi San Bartolomeo Casa in Campagna. Mio fratello è più legato a questo posto, io al ristorante, lo sento come casa mia».Poi nel 2013 è arrivata la Stella Michelin.«Un grandissimo traguardo. Abbiamo lavorato tanto, siamo riusciti a superare noi stessi. Io mi sono ricavata uno spazio identitario valorizzando i prodotti del territorio. La mozzarella era considerata intoccabile e io invece ci ho messo le mani con piatti che sono altrettanto buoni e possono far parte della tradizione del domani. Nel 2003 ho inventato la tecnica del rimozzare, un mio termine: riscaldiamo la mozzarella per farcirla con ingredienti anche cotti. Così è nata ad esempio la palla di mozzarella ripiena di pasta e poi impanata e fritta, o la pizza al contrario, alla base la mozzarella condita con pane e pomodoro».E infine è diventata una Barbie, cosa significa per lei?«Il riconoscimento della Mattel è arrivato nel sessantesimo anniversario del ristorante, era il 2019. L’ho preso come un segno. Provo una grande gratitudine per essere diventata un modello e ambasciatrice di un messaggio importante: le Barbie non sono belle statuette ma sanno fare qualcosa e possono ispirare le bambine».Non solo chef stellata. Lei è anche ambasciatrice nel mondo della mozzarella di bufala campana DOP, protagonista del cartone animato La cuoca girovaga, autrice di libri di ricette e filastrocche per bambini. E anche molto altro.«Sul mio sito mi definisco, oltre che cuoca, un contadino appassionato, un vecchio fornaio, un pescatore di alici, un pastore, un mastro casaro. Le chiamo le mie identità nascoste, da loro dialogo nascono le scelte che compio in cucina. Con la poetessa Rosanna Bazzano ho realizzato due libri di ricette filastroccate per catturare l’attenzione dei bambini e con l’illustratrice Guendalina Ravazzoni la favola sulla mozzarella».In questi giorni lo chef Alessandro Borghese ha raccontato di avere difficoltà a trovare collaboratori e ha polemizzato con i giovani, secondo lui non disposti a fare sacrifici. Che ne pensa?«Tutti quanti ci siamo fatti prendere dall’idea della dedizione. Non si può lavorare 12, 18 ore al giorno, la professione di cuoco soprattutto nei ristoranti affermati richiede una disciplina militare. Nessuno è più disposto a fare quella vita. Se non ci impegniamo a stabilire doppi turni, ho detto ai rappresentanti di categoria, non ci sarà più nessuno disponibile a lavorare in cucina. E ci troveremo da soli».