la Repubblica, 16 aprile 2022
È ora di uno #SportToo
Senza esagerare, ma chi fa sport dovrebbe sapere che la sua federazione lo tutela. Che ci tiene alla sua integrità. A prescindere dai ruoli. E sempre chi fa sport a vari livelli non dovrebbe subire o essere spaventato/a da comportamenti inappropriati. E se qualcuno, in questo caso un adulto, con una posizione importante nella scherma, impedisce a una persona, in questo caso una ragazza nel ruolo di allieva, di allontanarsi e la minaccia, diciamo che dovrebbe uscire dallo sport per evitare che i fatti si ripetano. Magari in altre circostanze, magari con altri soggetti. E non essere lui tutelato nella sua fama di bravo arbitro internazionale.
Nascondere la polvere sotto il tappeto non è mai il modo migliore per fare pulizie in casa. Si chiama omertà, è altamente sconveniente, come certi comportamenti.
Soprattutto perché il 60% del mondo dello sport è rappresentato da minorenni, da ragazze e ragazzi che si affidano in cerca di una guida a tecnici e maestri.L’impressione è che se sei bravo e stimato sul campo, se sei un vincente, ma ti lasci andare a gesti non corretti, il tuo vertice ti salverà con la discrezione. Magari fermandoti per un po’, magari spostandoti da un’altra parte aspettando che torni la calma. Non ci si premura di bonificare l’ambiente, non ci si chiede quali e altri atteggiamenti simili si siano verificati, ci si preoccupa solo che nessuno sappia della macchia. Anzi la si scolora. E se ce ne sono altre speriamo non siamo visibili.
Ma questa chiamiamola pigrizia, spesso uomini che proteggono altri uomini, nel mondo sta finendo. Non perché si è alzata la moralità, ma perché le vittime iniziano a rifiutare quel ruolo e a denunciare.
L’anno scorso Cho Jae-beom, allenatore sudcoreano è stato condannato ad oltre 10 anni di carcere per molestie sessuali su Shim Suk-hee, campionessa olimpica di short-track. Lo stesso Choo che in passato era stato condannato a 18 mesi per le percosse che la stessa atleta aveva subito da bambina, e a 8 anni di prigione per aver abusato di una triathleta morta suicida nel 2020. La ragazza, Choi Suk-hyeon, 22 anni, lo aveva denunciato, ma le autorità non avevano aperto nessuna indagine. Si chiama Un si long silence il libro di Sarah Abitbol, pattinatrice francese, che ha accusato il suo allenatore Gilles Beyer di averla stuprata quando lei aveva tra i 15 e i 17 anni. Beyer ha ammesso di «aver avuto rapporti intimi e inappropriati». Lei e altre hanno ribadito che si trattava di stupri. I genitori di Abitbol hanno scritto una lettera alla federazione e l’allenatore è stato sospeso come tecnico sportivo, ma la sua attività è proseguita in altri club.
Nel 2020 Didier Gailhaguet, presidente della federazione francese degli sport del ghiaccio, è stato costretto a dimettersi (e con lui altri quattro dirigenti) per aver nascosto gli abusi di alcuni allenatori contro alcune ex pattinatrici che hanno anche denunciato la mancanza di sostegno da parte della federazione. Gailhaguet si è però definito vittima di una «persecuzione morale» da parte della ministra dello Sport che aveva parlato di una prima tappa per analizzare alcuni disfunzionamenti della federazione e che lo si doveva alle vittime. L’America ha fatto di più. Ha annunciato la lista dei predatori sessuali: «Per comportamenti inappropriati». Da rendere pubblica. Chiamatelo pure # SportToo. E una task-force contro i sex-crime. Medici, tecnici, allenatori, dirigenti, accompagnatori, chiunque nelle federazioni olimpiche metta in atto una « sexual misconduct ». Per evitare altri casi Nassar, il dottore della nazionale di ginnastica Usa, condannato a 175 anni di carcere per abusi su 160 vittime (tra di loro anche la campionessa olimpica Simone Biles), nel silenzio complice di molti. L’iniziativa si chiama SafeSport perché il comitato olimpico americano vuole avere una tracciabilità di chi commette molestie sugli adolescenti in modo che ogni federazione possa accogliere in un archivio informatico i nomi di chi si è comportato in modo sbagliato.
Un database dei peccatori. «Chi si avvicina a uno sport, soprattutto in un’età molto giovane, ha il diritto di sapere se nel suo ambiente ci sono molestatori con un passato e come si chiamano. Vogliamo che cadano protezioni e omissioni».
Servono prove, non sospetti. SafeSport non rivela particolari scabrosi, ma solo nomi e codici delle violazioni. Tutto questo per proteggere e per evitare che lo sport diventi (o resti) una Disneyland degli abusi sessuali. E l’Italia cosa fa?