la Repubblica, 16 aprile 2022
Olga e Roman, la coppia che rideva degli stupri
Premura di moglie: «Vai, amore, stupra le donne ucraine, va bene. Ma usa il preservativo, mi raccomando». Pareva troppo, stavolta. Quando il 12 aprile i servizi segreti ucraini hanno diffuso la conversazione intercettata di un soldato russo con la moglie, pareva così assurda da essere palesemente falsa. Quale donna potrebbe mai autorizzare il marito a stuprare altre ragazze? Pura propaganda, pensi. Una messinscena.
E invece no. Eccoli qui, Roman e Olga. Esistono davvero, anche se ora per la vergogna vorrebbero scomparire dalla faccia dei social. Sono due bei ragazzi russi con un bimbo di 5 anni. Lui ha 26 anni, arrivano dalla provincia russa di Orël, lungo l’autostrada da Mosca a Kharkiv, ma dal 2018 vivono in Crimea.
Partendo dai numeri intercettati, un team di giornalismo investigativo della piattaforma anti governativa russa Radio Svoboda ha trovato i protagonisti di questa incredibile conversazione: «Ok, amore, va bene, vai e stupra le ucraine. Poi non raccontarmi niente, d’accordo?», dice Olga al marito che stava combattendo nella zona di Kherson, nell’Ucraina occupata che ogni giorno fa il conto dei morti. «Non devo raccontartelo?», domanda lui. «No. così io non ne so niente», ridacchia la moglie. «Ma davvero posso?», domanda ancora Roman, che non ha nulla da obiettare all’idea di stuprare ucraine ma non gli par vero di avere il permesso coniugale. «Sì – conferma Olga – ma mi raccomando, usa il preservativo!».
Li ha chiamati, ne ha confrontato le voci, ha scoperto che lui è stato ferito e ricoverato in ospedale. Prima che si cancellassero dai social e smettessero di rispondere ne ha ricostruito la storia di coppia qualunque: le foto felici, la sorridente vita quotidiana, la fatica di trovare un’estetista, gli scherzi coi commilitoni. Ma questo era prima. Da settimane Kiev accusa gli invasori di avere stuprato donne, uomini e bambini. Raccoglie denunce «di migliaia di crimini di guerra», e nelle violenze sessuali è pratica delicata. Nessuno sa se Roman – di cui omettiamo il cognome perché anche la gogna è un orrore – abbia avuto davvero la viltà di usare l’impunità dell’invasore in armi per violentare le sue vittime. Ma la testimonianza è terribile per ciò che implica, al di là dell’abominio morale in sé: significa che lo stupro è prassi, in questa guerra che non si ferma. Che un soldato russo sa di poterlo fare come sa di dover uccidere. E chissà se ha avuto il permesso anche da un superiore.