Corriere della Sera, 16 aprile 2022
Samuel Mariño, soprano maschio
«Sì sì, sono Samuel. Non ha sbagliato numero». Al telefono da Parigi la voce di Samuel Mariño, spiazza chi l’ascolta. Così leggera, allegra, decisamente femminile. «È la mia voce. Così parlo e così canto. E questa è la prima differenza tra un controtenore e un soprano maschio», assicura il 28enne cantante venezuelano, raro esempio di una vocalità insolita, corteggiatissima da un mondo musicale sempre più alla ricerca di repertori preziosi. E allora, non solo Mariño è ormai conteso da prestigiose sale da concerto, ma ha appena realizzato con Decca un primo album, Sopranista, disponibile dal 27 maggio, che racchiude il meglio della sua particolarissima voce. Capace di ridare a quelle arie scritte per castrati e poi eseguite da voci femminili, il loro timbro originale.
«Come quelle settecentesche del Chevalier de Saint-Georges e di Domenico Cimarosa, finora mai registrate da un soprano uomo. Brani che necessitano di una voce femminile con una potenza che solo la cassa toracica maschile può permettersi. E a queste, nel disco aggiungo anche arie destinate a soprani donna, come Voi che sapete del Cherubino mozartiano, o Che farò senza Euridice di Gluck».
Una dote straordinaria la sua, che ha però rischiato di perdere da ragazzo. «A scuola ero bullizzato per la mia vocina. Mi sentivo così umiliato che mia madre mi portò da uno specialista per vedere se si poteva rimediare aggiustando la mia laringe troppo stretta. Per fortuna però il medico sconsigliò l’intervento, spiegandomi che quella malformazione poteva diventare la mia fortuna. Mi parlò di certi cantanti chiamati controtenori. Quella, aggiunse, poteva essere la mia carriera».
E Samuel, che prima d’allora non sapeva cosa fosse l’opera, iniziò a ascoltarla, a innamorarsi del repertorio barocco. «Ma poi, iniziati gli studi musicali, mi resi conto che non ero neanche un controtenore. La mia non era una voce impostata artificialmente ma del tutto naturale. Io canto come parlo. Sono un uomo, con la voce da donna».
Ricci scuri e sorriso sfolgorante, Mariño non si fa notare solo per il suo timbro. «Se apri il mio armadio trovi di tutto, camicie coi pizzi, calzoni a fiori, scarpe col tacco, collane di perle... Ma anche jeans e magliette. Mi vesto e mi trucco secondo come mi sento, a volte seguendo la mia parte maschile altre quella femminile. È il mio modo di essere. Del resto, faccio parte di una generazione fluida».
Un programma di vita che mette in pratica anche in scena. «I miei miti sono Madonna e Michael Jackson. Vorrei riuscire a trasferire nell’opera la loro energia, la loro forza provocatrice. Nessuna profanazione. Quale secolo è mai stato più trasgressivo del Settecento?».
Il canto gli ha dato la libertà. «I compagni di scuola che mi prendevano in giro ora mi guardano con ammirazione. E anche la mia famiglia ha capito, con un certo sforzo: essendo tutti professori speravano seguissi l’esempio».
Ora è in partenza per il Giappone. «A Kyoto mi aspettano una serie di concerti per Cartier. In valigia metterò un abito disegnato da me, con su tanti visi, femminili e maschili. E poi sarò a Londra per un recital. Ovunque posso cantare, vivere, amare come voglio. Sempre grato a mia madre, la prima a sostenermi: sei un artista, mi ha detto, vai per la tua strada».