Corriere della Sera, 16 aprile 2022
Intervista a Giuseppe Zeno, antidivo delle fiction
Ha recitato in decine di serie ultra popolari, da L’onore e il rispetto a Imma Tataranni passando per Il parad iso delle signore, ma non ha mai insistito sulla strada del successo facile. Ha migliaia di persone che lo seguono sui social, eppure è poco attivo. Ha sposato un’attrice (Margareth Madè), ma la loro vita resta riservata. Giuseppe Zeno è il ritratto dell’antidivo. «La popolarità non si deve trasformare in ostentazione o nella ricerca di un consenso assoluto», dice.
La fama non le interessa?
«Non posso diventare io un personaggio, sarebbe svilente per il mio lavoro. Non ho l’esigenza di far sapere dove sono in un certo momento o twittare quello che penso. Non devo propormi ad ogni costo. Non amo una visibilità effimera».
C’entra la sua formazione teatrale?
«Forse, ma è anche carattere. La timidezza è fondamentale in questo lavoro: ti porta a imparare lingue diverse per comunicare. Il teatro mi ha aiutato: ho cominciato dopo scuola, quando mi ero trasferito da Napoli in Calabria e volevo rapportarmi con i nuovi compagni. Si creava una sorta di zona franca in cui ero legittimato a prendermi confidenze che in classe non avevo».
Quando ha capito che aveva fatto il salto e che recitare sarebbe stato il suo lavoro?
«Quel salto non lo fai mai, il mio resta un lavoro a chiamata: non siamo altro che illustri precari mossi da una necessità impellente di comunicare».
Dopo tanto teatro, che non ha mai lasciato, è arrivata la fiction nazionalpopolare.
«Nazionalpopolare non è una brutta parola: è quello che piace alla maggior parte della gente. Che senso ha fare qualcosa che poi guardano al massimo in sala montaggio? Del resto, Sorrentino quanti ruoli ha per ogni film?».
Quindi esclude che ce ne potrà mai essere uno per lei?
«Non lo escludo ma nemmeno mi tormento all’idea che non accada. Ho 45 anni e sono estremamente soddisfatto da ciò che ho fatto: sono 21 anni che gioco in Serie A. Le mie fiction sono andate piuttosto bene, da Incantesimo fino a Luce dei tuoi occhi, Blanca, Mina Settembre».
Non le hanno mai suggerito di sfruttare di più il successo di questi titoli?
«A volte mi è stato consigliato di cavalcare l’onda della popolarità, ma che significa? Se una serie è andata bene il mio apporto l’ho già dato, nei limiti delle mie capacità. E ogni progetto mi ha portato a farne altri. Va bene così».
Altro rischio: cadere nel cliché del bello a cui danno sempre gli stessi ruoli.
«La fisicità conta, ma non ho mai avuto paura di sporcarmi, non volevo essere sempre un eroe romantico. In Storia di una famiglia perbene ero un violento, ad esempio».
Nel mentre non ha mai lasciato il teatro.
«E non intendo lasciarlo. Faccio degli sforzi incredibili pur di continuare. Anche ora, con I soliti ignoti: era una goduria pazzesca tutte le sere vedere il pubblico entusiasta».
Tra i suoi prossimi impegni c’è «Muti», film in cui recita anche Morgan Freeman.
«Interpreto un commissario di polizia. Per il Covid non ci siamo incrociati con Freeman ma spero succederà durante la promozione, a settembre. Dovrei prendere parte a un’altra produzione con due star giganti, ma è presto».
E poi, ancora, le fiction.
«Sto girando le seconde stagioni di Luce dei tuoi occhi e Mina Settembre. Il 16 maggio, per i 30 anni della strage di Capaci, andrà in onda su Rai1 il film Tutto per mio figlio. È un omaggio alle vittime di mafia: parla di un uomo che denuncia la criminalità. Non è eroismo, ma un atto di impegno civile che spero possa valere da stimolo».
In «Blanca» ha recitato con sua moglie. Vi piacerebbe farlo di nuovo?
«Quasi non l’ho incrociata, per la verità. In passato abbiamo girato un corto assieme, niente di più. Di proposte ne riceviamo tante, ma per accettare non devono puntare sull’effetto coppia, non devono pensare alla commerciabilità. So che sui social i video delle vacanze con le nostre figlie avrebbero un riscontro, ma credo sia un altro lavoro. Che rispetto, ma non è il mio».
Mai avuto qualche delusione professionale?
«Certo. Ma anziché pensare alla delusione mi concentro su altri sentimenti, tipo l’ammirazione per altri colleghi».
Ad esempio, quali?
«Giallini o l’immenso Elio Germano: fosse nato in un’altra epoca sarebbe considerato un mostro sacro. E Kim Rossi Stuart; anche lui, se ci penso, è partito con serie popolari come Fantaghirò».