Corriere della Sera, 16 aprile 2022
Marinella, non solo cravatte
Due strisce di seta, oltre cento anni di storia, 20 metri quadrati. Il sogno di Don Eugenio Marinella – creare nella sua Napoli un angolo di Inghilterra – è raccontato nel docufilm Una vetrina che guarda il mare , diretto da Massimiliano Gallo, presentato nel capoluogo partenopeo. Davanti alla vetrina dell’elegante Riviera di Chiaia gli inglesi sono stati i primi clienti ad apprezzare la cravatta classica tre pieghe, che a una sarta richiede circa 45 minuti di lavoro. La storia gloriosa della piccola bottega diventata un marchio internazionale oggi è portata avanti da Maurizio e Alessandro Marinella, che rappresentano la terza e la quarta generazione, con le loro visioni. E il 27enne Alessandro ha aperto l’azienda al mondo digitale assumendosi l’impegno di catturare le giovani generazioni, tanto da entrare nella classifica di Forbes Italia 2022 tra i 100 top manager under 30 che stanno dimostrando talento.
I meriti? Alessandro cita i risultati «effettivi»: «Dopo la complessità e la riduzione del fatturato del 2020, quello del 2021 – anche grazie ai nuovi progetti – è più che triplicato rispetto al 2019. Mi sono concentrato su come trovare nuove nicchie di mercato». Immaginare un futuro per la cravatta, minata prima dall’arrivo del casual e ora dallo smart working, non è scontato. «Quando ci siamo affacciati all’e-commerce abbiamo notato che la ricerca della parola “cravatta” era in discesa dal 2017 mentre se uno cercava “cravatta Marinella” aumentava del 7% – fa notare Alessandro —. Quel che è cambiato è il modo di portarla. Non più soltanto concepita come simbolo dell’eleganza istituzionale, ma sempre più come accessorio da indossare per il piacere di farlo». Allo stesso modo dei giovanotti che cercavano di incrociare gli sguardi delle ragazze che andavano a passeggiare alla Villa Comunale, come ricorda papà Maurizio. «Appena patentato proposi a mio padre Luigi di andare a trovare i clienti fuori Napoli – racconta nel docu-film —. E Pietro Barilla fu il primo a rispondere. Mi trovai a casa di Giulio Andreotti, dove conobbi Cossiga che decise di portare un cofanetto di cravatte Marinella come omaggio ai capi di Stato». E ora Alessandro studia come passare al total look: «È fondamentale cercare di essere il più possibile sostenibili e per questo siamo stati menzionati al G20. Con l’azienda Orange Fiber abbiamo brevettato un tessuto ricavato da agrumi e abbiamo lavorato sul packaging bio-degradabile». «Come Napoli, anche Marinella è fuori da qualsiasi logica – riattacca Alessandro –. Non siamo mai stati legati alla produzione di massa, così come alla scalabilità dell’azienda. Quando Berlusconi in occasione del G7 ci ordinò 3 mila cravatte, facemmo una gara al ribasso perché sapevamo che non avremmo potuto produrre quelle quantità seguendo la nostra cura artigianale. Non abbiamo mai pensato solo ad ottimizzare i profitti».