Avvenire, 17 aprile 2022
Intervista a Antonella Ruggiero
Voce universale, multiforme, totale. Ha spaziato in mezzo secolo di carriera tra tutti i generi, Antonella Ruggiero, dal pop alla classica, dalla lirica al soul-jazz, dall’elettronica al tango, dal folk alla musica bandistica e sacra. Tutto questo sconfinato repertorio è dall’8 aprile online. Ventisette album, per un totale di 372 canzoni, sono per la prima volta disponibili in streaming e download. L’opera omnia dell’artista genovese che, soltanto quattro anni fa, aveva in parte racchiuso la vastità e l’eterogenità della sua produzione pubblicando la raccolta Quando facevo la cantante. Il nuovo progetto include ora sia i lavori da studio sia quelli dal vivo (tra cui spicca il concerto a Betlemme, nella grotta della Basilica della Natività). Canzoni della carriera da solista ma anche reinterpretazioni di brani dei Matia Bazar e di grandi autori italiani e stranieri, da Paolo Conte a Tenco, da Gershwin a Ellington). Giorni fa è stato inoltre pubblicato (nei negozi e nei digital store) l’album Come l’aria che si rinnova (etichetta Libera/Bmg), una collezione di 18 brani scritti da e per Antonella Ruggiero tra il 1996 e il 2018, che rivivono in una nuova veste grazie ai nuovi arrangiamenti del compagno della cantante, il musicista Roberto Colombo.
Nella sua opera omnia digitale c’è anche il concerto a Betlemme. Cosa ricorda di quell’esperienza?
Quando ho cantato a Betlemme non era in programma di andare nella grotta della Natività. È stato un addetto della Rai a suggerirmi di entrarci e di cantare qualcosa. Scendere le scale di pietra della Basilica e trovarmi in questa grotta e intonare a cappella un’Ave Maria è stato un momento di profonda intensità. Quel luogo è unico e indescrivibile. Lì tutto assumeva un’altra dimensione, qualcosa di assoluto che si scontrava ancora di più con ciò che si ritrovava poi uscendo. Un luogo in cui la gente arriva da ogni parte del mondo a offrire i propri pensieri e soprattutto i propri dolori. Certi luoghi sono ancor più sacri proprio per questo, perché accolgono le sofferenze delle persone e la loro fede. E in questi giorni la sofferenza è purtroppo a due passi da casa nostra. Anzi, l’Ucraina è sempre più nostra.
Ma il canto e la musica possono qualcosa in questi casi?
Possono confortare e unire. In questi giorni così tristi facciamo però fatica a gioire anche delle piccole cose perché abbiamo il cuore appesantito da quello che sta succedendo per una guerra assurda, incomprensibile e inaccettabile ma contro la quale ci scopriamo impotenti nonostante viviamo in una società globalizzata e iperconnessa. Ecco, diciamo che ci resta proprio la musica a farci riscoprire la bellezza.
A partire dalla musica classica e sacra?
È un repertorio che io ho frequentato molto e in cui si trovano perle preziose, brani spesso realizzati da compositori anonimi. A testimonianza di come l’ispirazione possa scorrere in infiniti rivoli. Certe antiche musiche sono segni di bellezza e di speranza nonostante secoli di guerre, di traversie e di tragedie umane. È come vedere dei fiori crescere in mezzo al cemento e all’asfalto. Ma, del resto, la natura e lo spirito vincono sempre su tutto perché sono espressione del divino. La bellezza si può scorgere anche in mezzo alle brutture. Le oscurità che pervadono la storia dell’umanità, come adesso, si combattono con la luce. E l’essere umano è composto di luci e ombre.
Luci e ombre che la voce più di qualsiasi altro strumento è in grado di esprimere...
Sì, e mi rendo sempre più conto di quanto la vocalità sia una sorta di ulteriore tramite spirituale perché nell’emissione c’è la capacità di trasmettere tutta la gamma delle emozioni e dei sentimenti. L’essere umano quando canta può davvero costituire un perfetto elemento della natura, qualcosa di profondo ed elevato
nello stesso tempo. La voce sa rendere in modo unico la ricchezza dello spirito, grazie a sfumature indescrivibili che diventano opera d’arte, amplificando la bellezza e l’intrinseca forza espressiva di una composizione musicale già di per sé ispirata.
A questo proposito, lei ha avuto anche il privilegio di cantare un brano di Morricone...
Gli sarò sempre grata per il bellissimo And will you love me che mi offrì di interpretare. Mi invitò a Roma a casa sua per farmelo ascoltare. Fu molto gentile, come sempre: mi descrisse il brano e lo suonò al pianoforte. Un grande regalo, per me. Morricone, oltre che un genio, è stato un esempio di serietà, rigore e modestia. Pur essendo un grande, non ha mai avuto atteggiamenti da star. Era essenza pura nella sua arte e non aveva bisogno di atteggiarsi.
Lei vanta straordinarie collaborazioni nella sua carriera: qual è però il sodalizio artistico che le sarebbe piaciuto vivere e che le manca?
Avrei voluto collaborare con Arvo Pärt, un autore capace di trasportarti altrove, in altri mondi. La sua è una musica che fa stare bene. Ma resta un mio sogno, un ideale.
Dall’ideale al reale: cos’ha in mente per celebrare il prossimo novembre i suoi 70 anni?
Con Roberto Colombo sto lavorando alla composizione di brani assolutamente nuovi. Io e Roberto siamo una squadra molto affiatata, direi siamo un’unica persona. Essere uniti nella musica e nella sfera familiare è bellissimo, anche perché alla base di tutto c’è la medesima visione della vita, soprattutto nelle cose essenziali. Tra di noi c’è la giusta intonazione, in tutti sensi.
Può anticipare qualcosa di questo progetto?
Sarà qualcosa forse al di fuori o al di là della forma canzone. Diciamo che la fabbrica delle idee per questo nuovo lavoro è in piena attività. Ma con calma, senza alcuna fretta. L’importante è che siano sempre presenti curiosità e stupore, perché se vengono a mancare questi ingredienti è la fine. E purtroppo in questa nostra società così tecnologica la grande assente è sempre più spesso proprio la gioia della meraviglia.
Quella che venne meno quando nel 1989 lasciò i Matia Bazar che aveva fondato e con cui aveva girato l’Italia e il mondo per 14 anni?
Sapevo che quel periodo era finito, volevo interrompere la routine, ero stanca mentalmente. Così mi fermai per sette anni per poi ritornare da solista. E ora ho raccolto tutto quello che ho fatto, tutti i generi e le varie collaborazioni. Ma prima ancora della mia voce, in questi 27 album si trova quello che ho pensato e penso ancora dal punto di vista artistico e musicale. Oltre che un’intera carriera, qui c’è una vita di scelte spesso coraggiose e controcorrente.