il Giornale, 17 aprile 2022
Ritratto di Luciano Spalletti
Superbo? Presuntuoso? No, no, autostima esagerata? Boh!
Comunque in Italia poco, un paio di coppe nazionali e una Supercoppa con la Roma, meglio a San Pietroburgo con lo Zenit, campionati, coppe e supercoppa di Russia, sempre con una riga di simpatici detrattori sulle spalle che tenta di sopportare: lì ha funzionato perché il traduttore certi arzigogoli non li capiva e durante le sue pause sorrideva, così tutto per un po’ è filato liscio.
Si vive di stereotipi, Spalletti è quello che parte forte e non arriva mai, prende il capobanda e lo scaraventa nel retrobottega, ma ha l’antidoto, riesce a estraniarsi dal passato e si catapulta nel futuro, il presente in fondo è banale e così i suoi simpatici detrattori picchiano giù duro: parte forte perché ha paura di essere esonerato dopo poche giornate.
Eppure prima del sacco di Italiano al Maradona tutti parlavano del Napoli come favorita numero uno al titolo, aprile, quindi non il solito crollo invernale dopo un autunno da meraviglia: Scusate, con la Fiorentina è calata la nebbia, una sconfitta che ci ha fatto molto male, il Napoli non è la squadra più forte, se vincesse il campionato sarebbe un miracolo. Sincerità che il tifoso non vorrebbe mai sentire. Ma quanto per altri è un limite lui ne ha fatto una leggenda. Le sue pause, quando abbassa la testa e muove le dita sul tavolo come per dare una spolverata, sono momenti silenziosi di straordinario teatro, magari dice che quando una cosa si rompe si ripara o si getta, sembra un’ovvietà, gli astanti si guardano perplessi ma un istante dopo iniziano a preoccuparsi, cosa ha voluto dire? Con chi ce l’ha? È qui che Luciano fa prigionieri e insinua il dubbio, in questo inarrivabile. È appena successo al Federico II quando ha parlato agli studenti della sconfitta con i viola, una lezione all’Accademia con tanto di lavagna sulla quale ha vergato le tavole del suo mestiere: Sono uno sciamano che tira a vivere, allenarsi è fatica e non si fanno domande, si fa e basta, la postura e il muscolo tonico uno deve farseli da solo e non deve chiedere all’allenatore di motivarlo, chi non sa motivarsi sarà un perdente per tutta la vita. Diretto a chi? Per Spalletti c’è la maledizione del capitano che lo attanaglia senza soluzione? Ma con Insigne non c’è stato nessun confronto all’americana, il rapporto complicato fra il giocatore e De Laurentiis c’era prima che arrivasse, anche se poi nei mesi successivi qualcosa è successo: Neppure convocato per Cagliari? Lorenzo è rimasto a Napoli per dei problemi muscolari e non è riuscito a mettersi a disposizione come invece ha fatto Osimhen, uno che non molla mai. Spalletti non parla mai a sproposito: Ancora domande su Insigne? Adesso basta, mi avete rotto i c Il Napoli aveva appena vinto a Salerno, nel prepartita erano uscite imprecisate questioni interne allo spogliatoio lasciando intendere una sorta di punizione per il capitano e quando poi ha parlato di problemi fisici nessuno ci ha creduto.
Prima ancora la faccenda Pupone, amore e poi odio ha scritto chi frequenta Trigoria, un feeling particolare che si rompe quando Spalletti torna alla Roma nel 2016: La volta scorsa ti ho promesso tutto e di più, adesso devi correre come gli altri, anche se ti chiami Totti. O per me te ne puoi anche andare. Risposta del totem: Spalletti? Con lui buongiorno e buonasera, adesso che non gli servo più per via del mio infortunio mi rompe il c A Bergamo nello spogliatoio rischiano addirittura le mani addosso e Ilary lo definisce piccolo uomo: Non può cacciare Francesco da casa sua. Chiusura di Spalletti: Tutti sapevano che non avrei firmato il rinnovo e quindi Totti poteva restare, io non caccio nessuno.
Con Maurito altra storiaccia, capitano, capocannoniere, i casini fra la Wanda e Marotta noti, poi un giorno esce un’intervista di Icardi: Spalletti viene e mi dice che devo dare tutto, poi a gennaio devo firmare per la Juventus, è già tutto stabilito. Lo scrive un tabloid inglese di quelli che ti raccomando, mai confermata dagli interessati ma neanche mai smentita. Un’altra che passa sopra la sua testa, ma l’allenatore è lui.
Adesso arriva Mourinho e con lui si gioca tutto. Bei tempi quando lo Special diceva che ammirava il centrocampo giallorosso con dei giocatori fantastici che avrebbe voluto allenare: Ma finirà la stagione con zeru tituli. Dall’altra parte c’era lui, Spalletti, sfide infinite, qualcuna vinta, qualcuna persa, magari questa volta abbandona uno dei suoi credo incrollabili, il 4-2-3-1, palla controllata a lungo alla ricerca del varco giusto, ma mai dall’inizio Osimhen al fianco di Mertens: Allora pausa – il 4-2-3-1 lo fanno quasi tutti pausa più lunga – poi si va alla ricerca dello spazio sulla tre quarti senza occuparsi della palla lasciando che altri vadano ad occuparlo pausa – e la difesa a tre, in Italia siamo abituati ad avere più uomini dietro alla palla, complimenti all’Atalanta che manda tutta quella gente subito là, poi dietro non sono scoperti perché fanno pressing alto e meno strada a ritroso, Mertens con Osimhen? Dobbiamo mantenere questa leggerezza, c’è bisogno di equilibrio lunga pausa. Eppoi con il 4-2-3-1 io mi eccito.
Tutto chiaro?
Comunque Napoli-Roma, adesso con Mourinho è all in, tutto al centro del tavolo, proprio come ai bei tempi.