La Stampa, 17 aprile 2022
La Madonna del Parto non ha pace
Tutti vogliono il dipinto della Madonna del Parto. Tutti vogliono la bellezza. Il Comune di Monterchi, la Regione Toscana, il Ministero dei Beni Culturali, la sovrintendenza, la curia. Da trent’anni va avanti il contenzioso per decidere quale sia il posto giusto per esporre il capolavoro di Piero della Francesca, considerato una delle dieci opere più importanti del Rinascimento. Opera dal valore inestimabile, che commuove chi la guarda. Opera al centro di una guerra di carte bollate incominciata nel 1992, e che forse poteva considerarsi conclusa con una sentenza del Consiglio di Stato datata 3 marzo 2022: «Decreto di pertinenza. L’opera deve tornate nel luogo originario». Cioè nella cappella di Santa Maria Momentana, sempre a Monterchi. Peccato che quel luogo non esista più, almeno non nella sua forma originaria. Adesso è un cimitero. «E dico io, mettere il simbolo della natività in un cimitero alla periferia del paese, fra 3 mila tombe, a me non sembra una buona idea. Ci vuole una bella fantasia!» dice Alfredo Romanelli, sindaco di Monterchi.
Nel 1785 fu il vescovo a donarla al Comune, con regolare lascito. Donò a Monterchi il dipinto e la cappella nella quale il dipinto era stato affrescato. Anni e anni di relativa pace. Fino a quando nel 1992, in occasione delle celebrazioni per il cinquecentesimo anniversario della morte di Piero della Francesca, l’opera venne restaurata e inserita in una teca. Non ci stava più nella piccola cappella originaria, fu quindi trasferita nell’ex scuola elementare del paese. Con tanto di parere favorevole degli esperti: «Il comitato ritiene che l’affresco debba essere esposto in condizioni di spazialità e illuminazione il più possibile simili a quelle originarie. Poiché la cappella nella quale l’affresco era situato, ha subito nel corso dei secoli rimaneggiamenti che ne hanno alterato la morfologia originaria, si ritiene che sarebbe comunque problematico ricollocare in essa l’affresco. Pertanto si ritiene accettabile la soluzione nell’ambito del centro abitato…». Eppure incominciava la diatriba a suon di carte bollate su quale dovesse essere precisamente, a quel punto, la collocazione più idonea. Mentre il Comune di Monterchi con la Regione Toscana spendeva 500 mila euro per trasformare la scuola dismessa nel piccolo museo della Madonna del Parto, lì dove sta da allora, per la fortuna di 40 mila visitatori all’anno.
Ma intanto, ecco altri pareri, altri sovrintendenti, altri ministri, altri ricorsi, Tar e contro Tar. Fino alla sentenza del Consiglio di Stato che riporta idealmente l’affresco nel luogo originario, fatto salvo che il luogo originario non c’è più. E che non siano quei 500 metri di distanza il vero motivo del contendere, è ovvio. Piuttosto conta il potere sull’opera. Chi la tutela?
«Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti, accoglie l’appello proposto dal Ministero della Cultura e, per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, respinge il ricorso di prime cure del Comune di Monterchi». Ha il ragione il governo, ha torto il Comune: la Madonna del Parto deve essere spostata. «Ne prendiamo atto, ma non ne comprendiamo le ragioni», dice il sindaco Romanelli. «Io vorrei capire chi c’è dietro. A chi interessa? Con quale scopo ci chiedono di fare una cosa tanto insensata?». Ecco, quindi, che anche la storia della Madonna del Parto prende definitivamente la piega di tutte le vicende italiane: «Noi abbiamo l’impressione che qualche critico importante, con un certo potere all’interno del ministero, stia facendo pressione. Non capiamo comunque il motivo per cui vogliano mettere un capolavoro che inneggia alla vita in un cimitero di periferia. Perché?».
Un altro critico d’arte, anche lui famoso, Vittorio Sgarbi, ha accolto la decisione con favore: «L’opera potrà essere trasferita da un luogo vagamente ospedaliero, quello dove si trova ora, alla cappella dove è stata portata a compimento, restituendole tutto il suo significato di ex voto e di richiamo per un turismo religioso e devozionale». «Vediamo», dice i sindaco. «Magari potremmo trovare un altro luogo, un luogo terzo. Un compromesso». Sono passati trent’anni. E non è ancora detta l’ultima parola.