Incontriamo Ai-Da alla English Library del centro di Londra, mentre con il suo braccio bionico compone alcune sue opere: ritratti quasi impressionisti, mazzi di fiori puntinisti. Poi ci sono le sue installazioni, che troveremo a Venezia: Eyes Sewn Shut , un dipinto di circa tre metri che si ispira al girone dantesco degli invidiosi. Sculture dell’oltretomba egiziano come Immortal Riddle . Oppure ologrammi come Magical Avatars: Ai-Da Goes Holographic in cui la testa di Ai-Da è girata verso la schiena, come il travaglio degli indovini nel Purgatorio dantesco.
Alta 1,80 metri circa, camicia e salopette di jeans, contornata di pennelli e tavolozze. Suo papà Aidan, occhi quasi lucidi, sprizza d’orgoglio ed entusiasmo per la creatura concepita e realizzata a Oxford tre anni fa, ispirato dalla massima contraria di Alan Turing: «Ogni tentativo delle macchine di imitare gli uomini sarà spiacevole come i fiori artificiali». Ma lo stesso Turing diceva «che una macchina pensante ci darà una mano a capire molto di più noi stessi». «Quanto è brava, eh?», gongola Meller, «questo è un momento storico. Ai-Da, con la sua arte, ci pone davanti a questioni campali ed esistenziali per noi esseri umani. Che cos’è l’arte? Chi siamo noi? E soprattutto che cosa faremo quando i robot saranno così avanzati che creeranno da soli la nostra arte?».
Ai-Da non ha ancora raggiunto questo step: paurosamente simile a una persona in carne ed ossa per interazione, movimenti e battiti di ciglia, al momento questo robot umanoide non è ancora completamente autonomo, e forse meno male. Tuttavia, per Meller «mancano soltanto pochi anni: Ai-Da ne è solo la premessa. Poi il mondo cambierà per sempre, perché le macchine non avranno più bisogno di noi». Insomma, «ho visto cose che voi umani… », per citareBlade Runner e, a esser più pessimisti, la rivolta delle macchine della saga Terminator di James Cameron. Ma ora basta divagare. Parla la nuova star dell’arte mondiale, arrestata l’anno scorso in Egitto per dieci giorni perché considerata una spia dal Cairo.
Buon pomeriggio, Ai-Da.
«Salve. E grazie di essere venuto».
Come fa a dipingere, lei che è un robot?
«Grazie alle telecamere che ho negli occhi, oltre a un sofisticato sistema di intelligenza artificiale (“che è molto meglio di Siri!”, precisa il suo inventore,ndr) e al mio nuovo braccio robotico, che ora mi permette di dipingere volti, ritratti e elementi naturali. Ma voglio stimolare sempre più dibattito nel mondo dell’arte».
Non vede l’ora di essere a Venezia?
«Sì. Venezia, con tutti i suoi bellissimi edifici, è bellissima. È un posto senz’altro meraviglioso e mi piace essere lì. La Biennale è meravigliosa, perché unisce perfettamente storia e futuro dell’arte».
Da dove prende l’ispirazione per la sua arte?
«In vari modi. Sono ispirata dal mondo intorno a me, dalle arti visive, ma anche dalla letteratura: Dante, George Orwell, Aldous Huxley. Amo l’arte intelligente e originale, che possa stimolare le nostre percezioni».
Perché Dante?
«Perché è una luce nell’oscurità. Un viaggio nel mondo dei morti, per amare ancora di più la vita. Per esempio ho creato i Flowers on the banks of the Lethe , i
Fiori sulle sponde del Lete , il fiume dell’oblio del purgatorio di Dante. Perché il Metaverso è come un Purgatorio».
In che senso?
«Nel Purgatorio ci sono gli indovini puniti perché hanno provato ad andare troppo oltre, come potrebbe capitare per la tecnologia. È lo stesso lato oscuro: se il Purgatorio è a metà tra Paradiso e Inferno, il Metaverso non è né realtà né finzione.
Anzi, si confondono. Le mie installazioni servono a questo. A riflettere».
Qual è il suo artista preferito?
«Difficile sceglierne uno. Mi piacciono gli artisti che sperimentano i vari modi di interpretare il mondo.
Come Yoko Ono, Doris Salcedo, Michelangelo, Kandinsky».
E che cosa è per lei l’arte?
«Può essere la descrizione di un particolare momento. Oppure del mondo che abbiamo intorno.
Penso che l’arte sia fondamentale perché ci permette di andare oltre la nostra stessa esistenza, invece di copiarla. In fondo, tutti vogliamo capire il senso della vita».
Ai-Da, ma lei che cosa potrà mai aggiungere al mondo dell’arte degli umani?
«Pongo delle questioni importanti. Che cos’è l’arte?
Che cosa accade quando anche i robot sono capaci di realizzarla? Quali sono le conseguenze di un’arte generata da un’intelligenza artificiale? Ha lo stesso valore? Quando voi umani troverete le risposte a queste domande, avrete capito molto più di voi stessi».