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 2022  aprile 17 Domenica calendario

Intervista a Renzo Rosso

«Recessione? Possibile. Ma noi italiani sapremo reagire perché siamo veloci, opportunisti, creativi e cercheremo nuovi mercati».
Renzo Rosso, 66 anni, fondatore e presidente di Otb, 1,5 miliardi di ricavi, cui fanno capo i brand Diesel, Maison Margiela, Marni, Jil Sander, Viktor&Rolf, Amiri, parla da delegato della presidenza di Confindustria per Eccellenza, bellezza e gusto dei marchi italiani.
E in questa veste legge un orizzonte economico reso quanto mai nebuloso dalla guerra in Ucraina.
«Ragioni di essere spaventati riprende Rosso - dai costi dell’energia e delle materie prime, dal destabilizzane folle conflitto scatenato da Putin e dal connesso spostamento degli equilibri economici globali a tutto sfavore dell’Europa, ce ne sono da vendere.
Ma resto molto positivo sulla nostra capacità di reazione».
Su quali fattori di forza può far leva la manifattura italiana, tali da motivare il suo ottimismo?
«Non disponiamo di grandi gruppi, in nessun ambito industriale. Ma abbiamo una galassia di piccole e medie imprese veloce, snella, di qualità molto alta, che gli altri ci invidiano. Parlo delle filiere, per le quali il governo con i fondi Pnrr o incentivi fiscali dovrebbe favorire coalizioni organiche. Parlo di contratti stabili. Ma anche di partecipazioni azionarie. Come Otb, fin dal 2010 finanziamo i piccoli artigiani che lavorano con noi e per i “primi della classe” mettiamo anche un gettone di minoranza. So che tante aziende medie italiane, nei settori più diversi, stanno definendo proprie modalità per tenere insieme la rete dei fornitori. Torneremo a parlarne al governo».
Ne avete già parlato in passato?
«Di questa visione avevamo fatto parte già il governo Conte, ma occorreva un leader come Draghi, che il mondo ci invidia, per trovare ascolto. Ripeto: come avvenuto per il Covid abbiamo riconquistato una reputazione internazionale, anche in questa congiuntura economica estremamente critica sapremosorprendere».
Ma la dipendenza energetica dalla Russia e i costi annessi non rischiano di inchiodare l’economia italiana?
«Dobbiamo investire in ogni direzione per soppiantare il deleterio asservimento alla fornitura russa nei tempi più rapidi. Ma poiché nelle emergenze diamo il meglio di noi come Paese, forse sarà la volta che un governo degno del nome saprà definire una strategia e una politica energetica complessiva, capaci di tenere insieme fonti rinnovabili, nuovi approvvigionamenti di gas, giacimenti nazionali. In fondo, sempre facendo un parallelo con l’emergenza pandemia, chissà quando mai avremmo realizzato una simile mole di investimenti sul digitale, e connessi cambio di mentalità e organizzazione, come negli ultimi due anni. E tante altre trasformazioni avanzano».
Tra i mutamenti in atto c’è il reshoring, il rientro di produzioni che erano state delocalizzate. Ma qual è il peso effettivo di questo fenomeno?
«Il settore lusso italiano, compresi i brand di Otb, già prima del Covid era generato al 95% in Italia. Il mix per Diesel valeva il 65% fuori Italia, oggi siamo attorno al 50% e andiamo avanti. Oggi tanti di noi vorrebbero riportare a casa quote ulteriori di Made in Italy, anche perché in tutta franchezza i costi di navi e container e le incertezze della logistica spingono a garantirsi maggiore autonomia. Ma in provincia di Vicenza con una disoccupazione al 4% fatichiamo a trovare operai».
E quali soluzioni vede per sanare il tema della manodopera?
«Non ne vedo altre di strutturali che siano diverse dalle migrazioni, interne al Paese o di carattere internazionale. Il problema è tutto politico, poiché vi sono leader che usano vecchi armamentari ideologici solo a fini di consenso personale e fregandosene degli interessi reali dell’economia e della società italiane. Per esempio, agli ucraini che volessero restare con noi dovremmo essere grati, perché loro hanno voglia di lavorare e noi ne avremmo bisogno».
La Fondazione Otb si sta occupando dell’accoglienza di profughi ucraini. Qual è la sua esperienza al riguardo?
«Come Camera della moda cerchiamo di dare una mano, offrendo contratti di lavoro ai profughi di una guerra che mai avremmo immaginato possibile. La mia compagna Arianna ha organizzato un pullman che ogni settimana parte da qui carico di anticoagulanti, alimentari, coperte e torna con 54 persone. Ne abbiamo accolte 440, in alloggi nostri e di tanti amici, e mentre parliamo sta arrivando un altro pullman. Nulla di eroico, coordiniamo tantissimi volontari e gli aiuti materiali assicurati da amici imprenditori.
Sandro Veronesi, per esempio, ci ha mandato un camion di maglieria Intimissimi. Proviamo a dare una mano, una goccia nel mare. Siamo di fronte alle situazioni più varie e drammatiche. Tre bambini di 5,7,12 anni sono arrivati con la nonna, ma lei è stata colpita da ischemia e ricoverata in ospedale. Veri drammi umani, resi più assurdi dalla burocrazia. Anche questo è parte del combattimento».