Corriere della Sera, 17 aprile 2022
Trieste, il porto licenzia Stefano Puzzer
Licenziato per giusta causa. Il «benservito» a Stefano Puzzer – leader triestino delle proteste no vax partite dal capoluogo giuliano e allargatesi a macchia d’olio in tutta Italia – gli è stato fatto pervenire venerdì con una raccomandata dall’Agenzia portuale per il lavoro di Trieste (Alpt) di cui era dipendente a chiamata.
È stato lui stesso a darne l’annuncio, assieme ai suoi familiari, con una diretta Facebook. Puzzer si dice tranquillo e sereno. «La mia prima reazione – dichiara – è stato soltanto un “boh”, anche se il provvedimento lo avevo messo in preventivo. In quei secondi ho pensato soltanto alla mia famiglia».
Puzzer, dunque, accetta il «verdetto». Afferma di non elevarsi a fenomeno, di non essere un leader, di non essere un capopopolo. E contrattacca, indicando un nemico cui non dà nome, assicurando di essere una vittima. «È sei anni che provate a fermare me e i miei colleghi – rivela —. Mi avete manomesso l’auto, ci avete ficcato un Gps sotto, avete inquinato le mie urine con la cocaina, vicenda poi smentita in sede processuale. Ma la verità è venuta a galla e io non mi sono mai piegato». Secondo il leader no vax la decisione di licenziarlo è allora soltanto politica: «Mi hanno cacciato per il dissenso che ho manifestato contro il green pass che mi sono rifiutato di esibire. Non sono tenuto a farlo. Hanno attaccato me perché vogliono distruggere ogni forza che lotta contro il sistema. Una decisione, quella dell’azienda, molto grave perché mina il diritto democratico a dissentire».
Ma l’azienda – per bocca del suo presidente, Franco Mariani – esclude con forza ogni motivazione politica: «Il licenziamento nulla ha a che vedere con vicende politiche sulle quali il lavoratore fa leva. E le cose andrebbero raccontate tutte».
Di certo si sa che Puzzer non si recava al lavoro dallo scorso 15 ottobre perché si era dichiarato no green pass nonostante avesse già fatto le prime due dosi del vaccino. Successivamente aveva riferito che non avrebbe fatto la terza dose e quindi il green pass non sarebbe stato più valido. Poco dopo aveva dichiarato pubblicamente di avere contratto il Covid, malattia che aveva superato; la guarigione gli avrebbe consentito di riprendere il lavoro, grazie al green pass. «Ci ha inviato una pec – afferma ancora il presidente dell’Alpt – nella quale chiedeva di essere riammesso al lavoro. Ha fatto la visita medica ottenendo l’idoneità al lavoro. Poi evidentemente ci ha ripensato».
Ed è a quel punto che inizia il vero e proprio braccio di ferro. Da marzo, infatti l’azienda – come informa lo stesso Mariani – lo invita quotidianamente a recarsi al lavoro, ma la sua risposta è sempre la stessa: «Non sono tenuto a esibire il green pass».
«La vicenda – dice ancora Mariani – è legata strettamente al rapporto del lavoratore con la sua Agenzia, che deve essere improntato alla lealtà e al rispetto delle normative sanitarie e contrattuali, senza creare nocumento agli altri lavoratori portuali in termini di immagine e di concreta partecipazione all’attività lavorativa. No, nulla di politico».
Puzzer non ribatte e assicura di ricevere in queste ore la solidarietà anche di chi era ed è favorevole al vaccino. E ribadisce con forza che questa è una vicenda soltanto politica «perché è dimostrato che il certificato verde non era, non è e non sarà mai uno scudo sanitario».
Da parte sua, Mariani insiste sul fatto che si tratta di «ambizioni politiche, personali del tutto legittime di qualcuno, ma che non possono colpire, indebolire i lavoratori art. 17 (quelli a chiamata) del porto e il porto di Trieste». Poi, la chiosa: «Personalmente per il lavoratore provo affetto. E quando mi ha chiesto aiuto personale, economico, mi ha trovato disponibile».