Il Messaggero, 15 aprile 2022
Intervista a Claire Foy
Un divorzio così violento che quello fra Johnny Depp e Amber Heard, al confronto, pare una lite fra condomini. Una causa di separazione finita nei manuali di giurisprudenza. Un campione di mascolinità tossica, alcolista e brutale, e una donna che si emancipava dalla morale in anticipo sui tempi. Già impeccabile nei panni della Regina Elisabetta nella serie The Crown, l’inglese Claire Foy, 37 anni, due Emmy e un Golden Globe, è la protagonista di A Very British Scandal di Sarah Philips, miniserie Bbc in tre episodi, su TimVision dal 21 aprile, ispirata alla storia vera del divorzio a scena aperta tra i Duchi di Argyll, Margaret e Ian Campbell (Paul Bettany). Un caso mediatico senza precedenti, che nel 1963 si consumò tra accuse, scandalose rivelazioni e una campagna diffamatoria che colpi soprattutto lei, la Dirty Duchess (la duchessa sporcacciona), accusata di aver avuto 88 amanti e incastrata da una Polaroid, finita su tutti i tabloid d’Inghilterra, in cui si intratteneva, non proprio innocentemente, con un uomo diverso dal marito.
Dalla Regina alla Duchessa: uscirà mai da questi ruoli?
«Fortunatamente mi offrono anche altro. Ma non mi stupisco che la gente si appassioni alle serie in costume. Al pubblico piace il passato. Si scoprono tante cose su come funzionava la società, su come siamo cambiati».
E siamo cambiati molto dal divorzio Argyll?
«Diciamo che puntare il dito sulla promiscuità, sull’autonomia intellettuale e sessuale delle donne è il modo più antico del mondo per farci fuori. Viene usato fin dai tempi in cui ci bruciavano come streghe. Non siamo cambiati poi tanto».
La popolarità della coppia influì sulla morbosità dei media?
«Certo. Per qualche motivo anche oggi pensiamo che le persone che si espongono in pubblico siano senza macchia, che vivano esistenze idilliache. Quando poi si scopre che invece sono esseri umani, vulnerabili e fallibili, scatta l’odio».
E lei la popolarità come la vive?
«Detesto l’idea che la mia vita possa essere di dominio pubblico. Lo trovo schifoso. Ma ho imparato che posso anche far finta che certa stampa non esista».
Interpretare Margaret com’è stato?
«Era una privilegiata, viziata, amava mentire ed era piena di soldi. Una persona orribile, nella vita privata. Ma non per questo si meritava una simile campagna d’odio».
La parte più terribile di quel divorzio?
«Tutto. Svegliarsi ogni mattina e pensare di andare in tribunale accolta dalla tifoseria del marito che urla puttana. La consapevolezza che qualsiasi cosa avesse detto sarebbe stata manipolata, e che la sua vita sarebbe stata osservata al microscopio. La prospettiva di rivedere la faccia del marito».
E con Paul Bettany (amico di Depp e coinvolto nella causa contro Amber Heard, ndr), com’è andata?
«Benissimo. Paul è un uomo divertente. Abbiamo lavorato in perfetta sintonia».
Ha parlato con i figli di Margaret?
«No. Non volevano avere niente a che fare con questo progetto».
La serie racconta tutto o manca qualche pezzo alla storia?
«Molte cose non erano realizzabili per questioni legali. Margaret ebbe una vita pienissima: rimase incinta a 16 anni ma abortì, ebbe un fidanzato morto in un incidente aereo e un altro che era un fondamentalista. Magari avessimo potuto metterci tutto».
Perché ci interessano tanto le storie dei ricchi?
«Perché le loro vite sono straordinarie. È lo stesso motivo per cui guardiamo Star Wars: c’è il dramma, c’è l’azione. E ci sono pure gli effetti speciali».
Ma quei due perché si erano sposati?
«Lei amava l’adrenalina, lui l’alcool e le sostanze. Si amavano per davvero, ma erano due personalità tossiche. Innamorate allo stesso modo: di se stesse».