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 2022  aprile 15 Venerdì calendario

Le calze colorate del signor Gallo

Per rendere ben evidenti (e ben vestiti) i piedi ci vuole testa. Può sembrare un paradosso, ma è ciò che ha realizzato e che tuttora si diverte a portare avanti Giuseppe Colombo. Il nome dell’imprenditore sessantacinquenne, forse, non è tanto noto. Almeno non quanto il soprannome, che, ormai, gli è stato attribuito un po’ da tutti: signor Gallo. È, infatti, l’amministratore delegato e direttore creativo dell’azienda Gallo, quella che riveste i piedi di fantasia, tanto da portare le calze finalmente allo scoperto e da far sentire gli adepti dei fili colorati attorno alle caviglie dei veri e propri membri di un club, in grado di riconoscersi da pochi centimetri di filato.Sia chiaro, i seguaci del blu e del grigio hanno frapposto qualche ostacolo ai sogni di Colombo, ma lui non ha mai smesso di credere nelle sue idee. E, così, oltre alle calze si è dedicato a maglie, scarpe, sciarpe, costumi e abiti. Insomma un mondo che spazia dalla donna all’uomo fino al bambino, senza alcun freno all’immaginazione.Come sono nate le calze a righe multicolor?«Il processo tecnico non è stato facilissimo e immediato. Ci abbiamo studiato parecchio. Ma la sua ideazione è stata fulminea. Sono la terza generazione di una famiglia che ha sempre prodotto calze, considerate come un bene di servizio che deve durare. Non abbiamo mai risparmiato sulla qualità. Mio nonno rilevò l’azienda nel 1927, mio padre spostò i telai a Desenzano sul Garda e, poi, inventò i modelli per neonati e traforati. Io sono arrivato in azienda nel 1998, prima mi occupavo di gestione patrimoniale. E ho pensato che fosse necessaria l’originalità e che avremmo dovuto fare qualcosa di diverso. Il che non è semplice, considerato che il piede ha sempre la stessa forma... Insomma, c’è un pensiero dietro».Quale?«Fino ad allora le calze erano uniformi. Dovevano essere semplicemente una separazione tra piede e scarpa. Fine del loro ruolo, non dovevano notarsi. Io ho pensato che sarebbe stato bello se fossero acquistate non solo per necessità, ma per piacere. Se non potevo cambiare la loro forma, per ovvi motivi anatomici, avrei potuto, però, farle diventare delle tele. Il supporto per un pittore è sempre lo stesso, ma, poi, c’è chi è diventato Caravaggio o Picasso e chi no».E come ha fatto a diventare Caravaggio o Picasso?«Con tanta fatica tecnica. Abbiamo dovuto modificare i telai in modo che potessero prendere più fili diversi. E, poi, anche rendere armoniosi i contrasti di cromie non è cosa facile. Ho anche un acquerello, il primo bozzetto, che è un quadro nel mio ufficio».Com’è stata la risposta del pubblico?«Quando ho presentato le prime calze a righe multicolor i rappresentanti hanno commentato con un laconico Peccato vi mettiate a fare queste cose e non le hanno vendute. Io lo capisco... Quando salta fuori qualcosa di diverso la maggior parte delle persone ne è spaventata. Solo in pochi si incuriosiscono e, magari, si entusiasmano e condividono. Quindi, ho aperto un negozio mio a Milano».Cosa è successo?«Ci sono stati i primi segnali positivi. La clientela ha cominciato a entrare e, poi, mi ha notato Elio Fiorucci, ha detto che avevo fatto un prodotto stupendo e ha voluto Gallo nel suo negozio a San Babila, che, all’epoca, era una vera e propria vetrina per le tendenze del futuro. Per me è stata la conferma che stavo andando nella giusta direzione. I negozianti poi lo hanno seguito».Lei ha portato anche l’innovazione della taglia unica per uomo e per donna.«C’è un motivo ben preciso. L’impulso ha una durata limitata. Se io vedo una calza colorata che mi piace, la guardo, la tocco e la vorrei subito, senza star dietro a calcoli vari per stabilire la misura esatta, tanto più se è un regalo. Se perdo tempo quell’impulso iniziale può affievolirsi fino a svanire. Così, mi sono inventato il modello monotaglia. Anche questo non è stato facile, perché fino a quel momento ne esistevano solo di bassa qualità. E, invece, volevo un prodotto duraturo».C’è una calza in particolare che le è rimasta nel cuore?«Forse le Ipanema, che riprendono il motivo delle piastrelle di Rio de Janeiro. Di base l’ispirazione arriva da qualcosa che già esiste e, poi, lo rielaboriamo a modo nostro».Che lei sappia esistono collezionisti dei vostri modelli?«Forse veri e propri collezionisti no, ma spesso mi capita di sentir dire da qualcuno che ha una calza del 2000 e che se la tiene stretta. Soprattutto mi piace vedere chi indossa Gallo in giro per il mondo. Trovo sempre persone che hanno voglia di dichiarare il proprio gusto in modo vibrante ed esuberante. Insomma, si divertono. E un uomo non si diverte quando si deve vestire tutto solo di grigio o di blu».C’è qualche personaggio famoso che ha scoperto con stupore che indossa le vostre calze?«Più che altro mi meraviglio sempre che è rarissimo che qualcuno rimanga indifferente al nostro marchio. Lo conoscono tutti e ne parlano con simpatia».