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 2022  aprile 15 Venerdì calendario

Il 57% degli inglesi chiede le dimissioni di Johnson

«Puoi ingannare tutti per qualche tempo e qualcuno per sempre, ma non puoi ingannare tutti per sempre». Parola di Abramo Lincoln, che di governo se ne intendeva. E chissà se a Boris Johnson, il nostro Rosso Malpelo d’Inghilterra, questa frase stia rimbalzando in testa in questi giorni. Perché alla fine (dopo una pietosa foglia di fico che si era messo addosso per non rivelare a popolo e Paese la verità) anche lui si è beccato il multone comminatogli dalla Polizia metropolitana londinese legato al Partygate, la festicciola per il suo compleanno organizzatagli a Downing Street 10, residenza del primo ministro britannico, durante il lockdown del 2020 (era il 19 giugno, per amor di cronaca).

Una vicenda che rischia di scrivere la parola «fine» sull’esperienza di governo di un primo ministro studioso e fan di Winston Churchill che sta lasciando un’impronta di cambiamento nella sua nazione (incluso l’essere il primo capo di governo inglese della storia a venir condannato per aver infranto la legge mentre si trovava nell’esercizio delle sue funzioni). Già che ci siamo: multone anche per la consorte di Johnson, Carrie, e per il Cancelliere Rishi Sunak, Segretario del Tesoro. Per adesso sono 50 i colpevoli che dovranno aprire il portafogli e pagare.
Persino la Bbc, che nel suo albionico sussiego ha come compito quello di «parlare pacificamente alla Nazione», retoricamente si chiede in un editoriale del corrispondente politico Chris Mason: «I legislatori possono fregarsene e violare la legge?». E si risponde: «Non una legge qualunque, ma quella che ha confinato milioni di noi in casa, chiuso scuole, rovinato aziende ed era stata pensata per impedire centinaia di migliaia di morti». Già: Boris il Rosso ha chiesto perdono. In modo molto italiano, va detto: «Ho pagato la multa e vi chiedo ancora una volta scusa», ha scritto il capo del governo di Elisabetta II dal suo account Facebook.

E ha spiegato che il giorno del fattaccio, pieno di riunioni (ben otto) sul Covid e la visita a una scuola: «Ho partecipato ad un incontro brevissimo… una cosa durata 10 minuti durante la quale la gente con cui lavoro è venuta a farmi gli auguri». Poi, come tutti quelli che parcheggiano con le quattro frecce in seconda fila, ha aggiunto: «Francamente, in quel momento non mi sono accorto del fatto che avessi violato la legge. Ma la polizia è stata di diverso avviso e rispetto il risultato delle indagini». Ancora un po’ di cenere sul capo: «Comprendo la rabbia che molti di voi potranno provare (...) e accetto in tutta sincerità il fatto che la gente abbia il diritto di attendersi di meglio». Anche perché se l’è cavata con poco: i parties attenzionati dalla polizia di Sua Maestà sarebbero almeno una dozzina.
Bagno d’umiltà pure per Carrie, che: «Si scusa di tutto cuore», dice il suo portavoce. Sunak, dato nelle scorse settimane come potenziale successore di Johnson, ha dichiarato: «Comprendo che per chi occupa un posto pubblico le regole debbano essere applicate severamente per mantenere la fiducia del popolo nelle istituzioni». Buongiornissimo, cancelliere: caffèèèè?

La famosa pupù nel ventilatore quando gli invitati al party sono tutti vestiti di bianco (copyright il monumentale Rino Formica), insomma, ha colpito ancora. E guardate come si sono inzaccherati gli abiti i protagonisti di questa storia: Nicola Sturgeon, la leader degli indipendentisti scozzesi, ha chiesto le dimissioni per tutti e così ha incalzato il leader laburista Keir Starmer che ha parlato di: «Ovvia diffusione di criminalità» a Downing Street 10. I sondaggi di Yougov dicono che per il 57% degli inglesi (+10% rispetto alla rilevazione dell’8 marzo scorso) Boris dovrebbe andarsene, e anche alla svelta. E con lui Sunak.
Le intenzioni di voto dicono che al 7 aprile i laburisti avrebbero il 37% dei consensi contro il 34 dei conservatori (il 5 maggio elezioni regionali in arrivo); in Parlamento ci vorrebbero 54 deputati conservatori pronti ad una mozione di sfiducia per cacciare Johnson, anche se c’è chi dice che con una guerra in corso e il carovita post Brexit non sarebbe il caso di fare un gesto simile. I critici fanno spallucce e ricordano che gli inglesi hanno cambiato capi dell’Esecutivo durante due guerre mondiali, per cui no problem: Boris sta zitto, va a Kiev a farsi fotografare con Volodimir Zelensky ma certo proprio molto allegro non è e con la verità ha sempre avuto un rapporto complicato: da giornalista lo cacciarono dal Times per essersi inventato una dichiarazione; un’altra volta perse un posto ai piani alti del suo partito dopo aver ammesso di aver mentito su una sua scappatella. Insomma, stinco di santo non è e messa così la cosa, per Johnson le campane suonerebbero a morto. Se ce la fa pure stavolta, gli chiedo i numeri del Lotto.