il Giornale, 14 aprile 2022
La Russia tra comunismo e «cosmismo»
C’è un piccolo libro che può aiutare a comprendere la Russia, specie in un momento di conflitto ai confini dell’Europa in cui si va ricostituendo uno scenario da Guerra Fredda e cresce la diffidenza dell’Occidente nei confronti di tutto il popolo russo e non solo dei suoi vertici politici. Il saggio di Silvano Tagliagambe, Dal caos al cosmo, pubblicato prima dell’invasione dell’Ucraina dal raffinato Sandro Teti editore (pagg. 116, euro 15), è un’introduzione al «cosmismo» che è un filone della cultura russa e una chiave interpretativa imprescindibile per capirne i tratti distintivi.
Tagliagambe, filosofo specializzatosi in fisica quantistica a Mosca, analizza le radici di questo pensiero che affondano nelle tensioni mistiche della chiesa ortodossa e che si estrinsecano in un orientamento olistico – nota Armando Torno nella prefazione -, nel dialogo tra le diverse discipline del pensiero, nell’idea di una auspicabile «evoluzione attiva» e «autodiretta» della specie umana, in una visione ottimistica delle possibilità di conoscenza dell’uomo, e soprattutto in un metalinguaggio dai tratti esoterici che coinvolge teologia, filosofia, scienza. In virtù di ciò, su può trovare un fil rouge e tenere insieme il «Socrate moscovita», Nikolaj Fëdorovic Fëdorov (1829-1903), che visse da asceta e influenzò Dostoevskij e Tolstoj, il grande Malevic, l’inventore dell’astrattismo, il sublime e visionario scrittore Bulgakov, il naturalista Vernadskij, sostenitore dell’Antropocene, l’eccentrico scienziato Kostantin Ciolkovskij, pioniere della cosmonautica sovietica, e perfino Pavel Florenskij, filosofo e sacerdote, figura mitica della resistenza al regime comunista.
La riflessione più attuale riguarda però la questione dello «spazio» come dimensione primaria e dominante dell’esperienza culturale della Russia. «Spazio» inteso non solo come «cosmo» da conquistare, bensì propriamente come territorio, poiché, a differenza dell’Occidente europeo, in cui le catene montuose hanno facilitato la divisione in numerosi Paesi diversi tra loro per ambiente geografico, in Russia la mancanza di divisioni interne naturali ha creato le condizioni propizie alla formazione di uno Stato senza precedenti per grandezza. L’omogeneità del paesaggio ha poi fortificato nei secoli un tipo di uomo abituato a muoversi con estrema facilità e frequenza, la cui caratteristica principale è il nomadismo che è, in primis, una condizione dello spirito, sottolinea Tagliagambe, «una irrequietezza che deriva proprio dall’esperienza di uno spazio indifferenziato che non ammette punti di elezione», e che non si configura come desiderio di fuga perenne verso l’altrove, semmai come «nostalgia per uno spazio integrato e privo di confini». Da questo «nomadismo dello spirito» che impregna l’anima russa e da questa «nostalgia» è ipotizzabile far derivare l’idea imperialista e messianica mai sopita, neppure dopo la caduta del muro di Berlino e la divisione dell’Urss, di ricostituire, per quanto possibile, quell’intero senza limiti, anche, purtroppo, a costo di una guerra.