la Repubblica, 14 aprile 2022
“La Mala”, una serie Sky sui banditi a Milano
“Milano come Chicago”, titolava La Notte nel 1976. Ci sono i leggendari night all’ombra della Madonnina dove, tra spogliarelliste, coca e fiumi di champagne, accade che un criminale come il “tebano” Angelo Epaminonda regali a Bettino Craxi un cucciolo di leone. Ci sono le strade buie in cui s’incrociano le traiettorie di bande criminali, che a suon di sparatorie e omicidi si contendono i soldi della Capitale morale tra rapine, bische illegali, sequestri di persona (ben 161 soltanto in Lombardia tra il ’73 e l’84) ed evasioni da film: dagli uomini di Francesco “Francis” Turatello alla banda della Comasina del “bel Renè” Renato Vallanzasca, feroce e ruspante, e il suo scontro con gli “indiani” di Epaminonda, che sembrano gli “88 folli” di Kill Bill volume I.
Ci sono le mafie: i siciliani, i calabresi e l’anonima sequestri che, con metodo, mettono le mani sulla città per reinvestire i capitali accumulati coi rapimenti e poi col narcotraffico. Ci sono i poliziotti e i magistrati che danno loro filo da torcere, con poche risorse, molto ingegno e un insolito savoir faire. Ci sono gli avvocati, i fotoreporter e i cronisti di “nera” che raccontano un’escalation di violenza che nemmeno nei film di Brian De Palma. C’è la Milano degli anni 70 e 80, oscura e bellissima, che non ha nulla da invidiare alle metropoli delle serie crime statunitensi; una città in cui, passando dalle periferie alcentro, ti ritrovi in mondi sideralmente distanti, dal conflitto di classe ai giochi sporchi della finanza.
C’è una storia che ha riempito per anni le pagine di cronaca nera, per poi sprofondare nell’oblio, oscurata prima dal protagonismo strabordante dei terrorismi politici, poi dal bailamme della “Milano da bere”. Ne La Mala. Banditi a Milano di Chiara Battistini e Paolo Bernardelli, registi e autori, coautore il giornalista Salvatore Garzillo (una docuserie Sky Original prodotta da Sky e Mia film, in collaborazione con Seriously) c’è tutto questo e molto di più. È tutto vero, e vi terrà incollati alla sedia.
Come Sanpa, questa produzione in cinque puntate ( Malavita notturna, Guardie e ladri, La stagione dei sequestri, Alleanze e tradimenti, L’ultima evasione) sul canale Sky Documentaries e su Now dal 17 aprile, rivisita una stagione clamorosa, ma rimossa, e lo fa con ritmo serrato, regia e montaggio curatissimi, un linguaggio dal sapore cinematografico che mescola ad arte ironia, dramma e suspance mentre strizza l’occhio al cinema di Tarantino – dai molti inserti di B movies dell’epoca alla grafica giallo taxi che gioca con gli split screen. Molto efficace anche la colonna sonora originale di Yakamoto Kotzuga. Una serialità, insomma, che parla ormai un linguaggio internazionale.
L’arco narrativo (dal 1970 al 1987) s’incupisce in parallelo all’affermarsi del crimine organizzato, fino all’orgia di sangue dei regolamenti di conti dentro e fuori le carceri, un grumo di cui a tutt’oggi non si riescono a decifrare fino in fondo i contorni. Tutti i fili si aggrovigliano intorno al cadavere di Turatello, sgozzato in carcere, un delitto dai troppi moventi possibili, che salgono (o scendono?) fino alle connessioni con risvolti indicibili del caso Moro.
Sullo schermo si alterna un pool di personaggi efficacissimi, tra cui spiccano gli ultimi sopravvissuti della banda della Comasina, il “bel Renè”, ancora in carcere, Tino Stefanini e Osvaldo Monopoli e il collaboratore di giustizia sotto copertura “Vincenzo”, esperto di cose finanziarie per anni a servizio del crimine organizzato. Sul fronte dello Stato, il “poliziotto senza pistola” Achille Serra, che gode ancor oggi del rispetto dei criminali per la sua correttezza, il segugio Giuliano Turone, che dai sequestri arrivò al boss Luciano Liggio, Piercamillo Davigo e Alberto Nobili allora ai loro primi passi, l’umanità strabordante del direttore di carceri Luigi Pagano.
Sic transit gloria mundi: vedere l’imbarazzo di un Vallanzasca ingrigito, che calca sulle parolacce come un adolescente che deve darsi un tono, oppure il re dei night Lello Liguori rinchiuso in una casa di riposo (in cui ritrova molti ex clienti) scongiura il rischio di fascinazione romantica che è sempre dietro l’angolo, nel raccontare vite e imprese criminali che hanno indubbiamente del romanzesco. La Mala ci restituisce storie e personaggi che superano la fantasia di qualunque sceneggiatore, le sorprese e i colpi di scena accompagnano lo spettatore fino alle fine della quinta puntata, ma forse quel che resta addosso di più è il modo in cui gli autori riescono a far emergere, nelle interviste e attraverso lo sguardo empatico della cinepresa, la profonda, a volte terribile, umanità dietro le maschere di tutti i personaggi, delle guardie e dei ladri.