La Stampa, 14 aprile 2022
Che cos’è un genocidio
L’aveva definito un uomo brutale, poi un criminale di guerra, infine due giorni fa il presidente Joe Biden, in quella che la CNN ha definito «una drammatica escalation retorica nella visione degli Stati Uniti di ciò che sta accadendo in Ucraina» ha definito gli atti compiuti da Putin in Ucraina un genocidio. Durante il comizio in una fabbrica di etanolo in Iowa, dopo aver incolpato Putin dell’aumento del prezzo del carburante, ha detto: «Il budget familiare, la capacità dei cittadini di riempire i loro serbatoi, non dovrebbero dipendere dal fatto che un dittatore dichiari guerra e commetta un genocidio dall’altra parte del mondo» ribadendo che nelle ultime settimane sia diventato sempre più chiaro che Putin sta cercando di spazzare via l’idea di poter essere ucraino. Si riferiva alle immagini di Bucha, ai crimini che emergono ad ogni città e villaggio liberati dalle forze ucraine. Dichiarazioni, quelle di Biden, particolarmente significative perché gli Stati Uniti sono storicamente riluttanti a usare la parola genocidio, e come ha recentemente sottolineato il segretario di Stato Antony Blinken in riferimento al massacro di civili da parte delle forze militari in Myanmar, era solo l’ottava volta nella storia che gli Stati Uniti stabilivano che si fosse verificato un genocidio.
Delle dichiarazioni di Biden si è immediatamente rallegrato il presidente Volodymyr Zelensky, «chiamare le cose col loro nome è fondamentale per resistere al male», ha scritto. Ha invece preso le distanze, ieri, Macron che ha invitato alla prudenza rifiutando quella che ha definito una «escalation delle parole». Erano stati cauti anche il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, il segretario di Stato americano Antony Blinken e il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan compatti sull’idea che stiamo assistendo ad atrocità e crimini di guerra ma - per dirla nelle parole di Sullivan - «non abbiamo ancora visto un livello di privazione sistematica della vita del popolo ucraino salire al livello di genocidio».
Lo Statuto di Roma, il trattato che ha istituito la Corte penale internazionale (CPI) nel 2002, definisce genocidio gli «atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso», in quanto tale, il genocidio è uno specifico crimine di guerra che è più grande dell’uccisione illegale di civili, la legge richiede la prova dell’intento di distruggere il gruppo e molti giuristi sono scettici sulla effettiva capacità di poter provare la responsabilità del genocidio.
È cauto anche Jonathan Leader Maynard, docente di politica internazionale al King’s College di Londra, dove si occupa di genocidio e dinamiche ideologiche della violenza politica.
Maynard è cauto nell’esprimere giudizi sulla violenza mentre è ancora in corso: «Sappiamo che le forze russe hanno commesso atrocità ma non possiamo stimare in modo affidabile la loro portata esatta. Abbiamo segnali allarmanti di una possibile pianificazione per i massacri di civili, compresi i primi rapporti dell’esercito russo che trasferisce crematori mobili in Ucraina, ma molti dettagli rimangono non confermati. Non sappiamo praticamente nulla degli effettivi ordini dietro le uccisioni specifiche di civili e stiamo solo iniziando a capire quanto sia stata organizzata e sistematica la violenza. Non è un caso che le principali Ong responsabili del monitoraggio dell’occorrenza e dei rischi di genocidio – come GenocideWatch o Early Warning Project of the United States Holocaust Memorial Museum – non abbiano ancora emesso un avviso di rischio di genocidio per l’Ucraina» scrive su Just Security, centro per l’analisi della sicurezza nazionale, della politica estera e dei diritti presso la New York University School of Law.
È vero - in sintesi - che siano stati commessi dei crimini di guerra da parte dell’esercito russo, che è necessario trovare i responsabili e fare sì che paghino, ma per parlare di genocidio sarebbe troppo presto. I cauti - politici e giuristi - sanno che l’escalation delle parole non serve alla causa della negoziazione, che accuse di questo tipo a conflitto in corso hanno storicamente dimostrato di prolungare e esacerbare la battaglia anziché aiutare la pace, soprattutto sanno che è difficile, se non impossibile, provare l’intento genocidario in Ucraina.
Inoltre, riconoscere una campagna di genocidio in Europa, significherebbe per la comunità internazionale un obbligo di azione. Ecco forse la ragione della cautela.
Diversa la posizione di Bohdan Vitvitsky, che ha servito come consulente legale presso l’ambasciata degli Stati Uniti a Kiev e ha lavorato come procuratore federale negli Stati Uniti - ha meno dubbi e meno cautela, e ritiene che i crimini dell’esercito russo in Ucraina rispecchino chiaramente e senza ambiguità il linguaggio genocida di Putin e dei suoi propagandisti.
In un intervento sull’Atlantic Council di pochi giorni fa ha sottolineato come da anni Putin metta in dubbio la legittimità della statualità ucraina, insistendo sul fatto che gli ucraini siano davvero russi, e sostenendo che l’intera nozione di un’Ucraina separata dalla Russia sia stata creata artificialmente da potenze straniere. Vitvisky ripercorre le affermazioni di Putin a partire dal saggio del 2021 "Sull’unità storica di russi e ucraini", il cui il presidente russo nega l’esistenza della nazione ucraina. Il saggio, non casualmente, è stato reso lettura obbligatoria per tutti i membri dell’esercito. «Il messaggio all’esercito invasore - scrive Vitvisky - non avrebbe potuto essere più chiaro: l’Ucraina è uno stato illegittimo e tutti gli ucraini che insistono diversamente sono traditori e nemici della Russia che dovrebbero essere trattati in modo appropriato».
Vitvisky analizza i discorsi di Putin del 2022, pensati per giustificare l’invasione. Putin passa a definire gli ucraini neo-nazisti e tossicodipendenti e promette di denazificare il paese. I media russi lo seguono e cominciano a predicare il genocidio. Quando emergono le immagini dell’eccidio di Bucha l’agenzia statale russa Ria Novosti pubblica un articolo titolato "Cosa la Russia dovrebbe fare con l’Ucraina", articolo che spiega in sostanza che de-nazificare significhi de-ucrainizzare, la stessa indipendenza del paese viene denunciata come un atto criminale e nazista. «Denazificazione», scrive Ria Novosti, «è inevitabilmente anche deucrainizzazione». Questa è la classica ideologia genocida: corrisponde ai tipi di giustificazioni che si trovano nell’Olocausto, nel genocidio ruandese, nel genocidio armeno e in tutti gli altri casi principali.
Nonostante questa campagna mediatica massiccia e sempre più spregiudicata, molti funzionari e diplomatici rimangono prudenti, ma, scrive ancora Bohdan Vitvitsky, «credo che sia un genocidio così sfacciato che gli autori ne hanno effettivamente pubblicizzato le intenzioni in anticipo. Se milioni di ucraini ora muoiono a causa dell’inazione internazionale, nessuno può affermare di non saperlo».