La Stampa, 14 aprile 2022
Il New York Times ricostruisce la strage di Bucha
«Due sorelle morte nella loro casa, i corpi accasciati sul pavimento, abbandonati per settimane. Un padre che ha visto sparare al figlio che aveva accanto, è morto tra le sue braccia dopo una terribile agonia. Esecuzioni sui civili praticate come ritorsioni per i successi messi a segno dalla resistenza ucraina. Bucha è un paesaggio di orrori». Il New York Times ricostruisce le efferatezze compiute nel sobborgo di Kiev, disegnando una mappa degli orrori che collega ogni singola vita (persa) alla sua storia, agli attimi vissuti in cattività e al luogo dove ha trovato la morte. Dal primo giorno di guerra, il 24 febbraio, – dice il quotidiano newyorkese – i civili hanno pagato il prezzo più alto dell’assalto russo a Bucha. Già nella fase di avvicinamento dai boschi ai sobborghi della capitale ucraina, le forze russe hanno sparato alle auto che circolavano sulla strada, una colonna di veicoli blindati ha fatto fuoco e ucciso una donna nel giardino. «Crudeltà che impallidiscono a confronto di quelle che sono venute fuori dopo – prosegue -. Mentre l’avanzata russa su Kiev si impantanava dinanzi alla decisa resistenza, l’occupazione di Bucha si trasformava in una campagna di terrore e vendetta: corpi di civili sparsi per le strade, negli scantinati o nei cortili, molti con ferite da arma da fuoco alla testa, alcuni con le mani legate dietro la schiena». Cronisti e fotografi del New York Times hanno trascorso più di una settimana con funzionari della città, medici legali e testimoni, «scoprendo dettagli di atrocità come le esecuzioni dei civili».
Il Times ha esaminato i corpi di quasi tre dozzine di persone uccise, nelle loro case, nei boschi, date alle fiamme in un parcheggio vuoto, e ha provato a ricostruire la storia delle loro morti. Un’insegnante in pensione nota come zia Lyuda (abbreviazione di Lyudmyla) è stata uccisa a colpi di arma da fuoco a metà mattina il 5 marzo, mentre apriva la porta di casa in una piccola strada laterale. Più di un mese dopo giaceva ancora contorta, per metà dentro la porta. Il corpo senza vita della sorella minore Nina, disabile mentale, era invece sul pavimento della cucina. Non è chiaro come sia morta.
Roman Havryliuk, 43 anni, un saldatore, e suo fratello Serhiy Dukhli, 46 anni, avevano mandato il resto della loro famiglia via da Bucha mentre la violenza si intensificava. Loro però avevano deciso di rimanere, sono stati trovati morti in cortile. «Mio zio è rimasto per il cane, e mio padre è rimasto per la casa», ha detto il figlio di Havryliuk, Nazar. Nelle vicinanze c’era il cadavere di un altro uomo, uno sconosciuto, anche i due cani della famiglia erano crivellati di proiettili. «Non sono stati capaci di sconfiggere il nostro esercito – ha detto Nazar, 17 anni -, così hanno ucciso i civili».
Alcuni giorni dopo che le truppe russe erano entrate in città, l’esercito ucraino ha contrattaccato, incendiando carri armati e veicoli corazzati in un’azione contro la colonna russa. Venti veicoli sono bruciati generando un’enorme palla di fuoco che ha incendiato le case lungo un lato della strada. «Dopo l’assalto alla colonna – riferisce il New York Times -, l’atmosfera è diventata pesantissima. Il 4 marzo, Volodymyr Feoktistov, 50 anni, è partito a piedi intorno alle 17 per ritirare del pane dai vicini. Sua madre e suo fratello gli avevano detto di non uscire, ma lui ha insistito, ha ricordato sua madre in seguito. I mezzi russi stavano procedendo lungo una strada parallela, i vicini hanno sentito due spari. «Lo hanno trovato l’indomani, senza vita sul selciato. Sono trascorsi giorni prima che potessero portarlo all’obitorio dell’ospedale».
Il 5 marzo, un cecchino russo ha iniziato a sparare su qualsiasi cosa si muovesse nei pressi di un liceo. Quel pomeriggio, un padre e suo figlio sono usciti dal cancello di casa per fare una passeggiata lungo la loro strada, Yablunska, chiamata la strada dei meli. «Hanno sparato a mio figlio», ricorda Ivan chiedendo di pubblicare solo il nome. «Gli ero accanto. Sarebbe stato meglio se fossi stato io ad essere colpito. Ha sofferto tutta la notte ed è morto alle 8:20». La famiglia lo ha seppellito nel giardino antistante sotto un enorme cumulo di terra. «È molto difficile dare sepoltura a tuo figlio – ha detto Ivan -. Non lo augurerei al mio peggior nemico». Suo figlio ha lasciato a sua volta un figlio di otto anni e una figlia di un anno. «Non riesco a guardare mio nipote negli occhi».
La città era senza elettricità, acqua corrente, gas o Internet dall’inizio di marzo e migliaia di residenti, ancora nelle loro case, vivevano a temperature polari, dormendo sotto strati di coperte. Sei persone in una casa per anziani sono morte di fame, hanno detto i lavoratori del cimitero che hanno raccolto i corpi all’inizio di aprile. L’atrio era gelido e quattro dei morti si erano radunati in una veranda dall’altra parte del giardino. Nella casa accanto, gli stessi operai hanno trovato una donna che si era impiccata a un ramo.
Per dieci giorni a metà marzo, Tetiana Sichkar, 20 anni, andava con i genitori a trovare sua nonna, la cui casa aveva un forno a legna e una stufa dove potevano scaldare l’acqua e cucinare. Ogni volta facevano lo stesso percorso, attraverso i boschi e sui binari. Anche il 24 marzo, sembrava un altro giorno tranquillo, finché non è risuonato uno sparo sulla strada di casa. «È stato fortissimo», ha raccontato la ragazza. Si sono ritrovati tutti a terra, sua madre è rimasta in silenzio. «L’ho chiamata, non si è mossa», ha detto, poi ha alzato la testa e ha visto il sangue sul viso della donna, anche lei di nome Tatiana, e ancora sui capelli, e la pozza sulla strada.
Nell’ultima settimana di marzo, le forze ucraine hanno organizzato un contrattacco per riprendere la periferia nord-occidentale di Kiev. I combattimenti si intensificarono bruscamente a Bucha e le unità russe iniziarono a prepararsi a ritirarsi. Uno dei loro ultimi atti è stato sparare ai loro detenuti o a chiunque si fosse messo in mezzo. Ecco che quel giorno, i soldati russi hanno arrestato la signora Sukhenko, 50 anni, suo marito, Ihor Sukhenko, 57, e il loro figlio, Oleksandr, 25, ha detto il signor Rodchenko. I corpi dei tre sono stati trovati in una fossa.
Queste alcune macabre coordinate umane della mappa degli orrori ricostruita dai cronisti del quotidiano statunitense che ricordano come gli investigatori ucraini, per dettagliare ulteriormente i fatti, abbiano a disposizione anche un’immensa risorsa da organizzazioni, cittadini e giornalisti che hanno pubblicato più di 7.000 video e foto su un hub Internet del governo, warcrimes.gov.ua. Secondo il procuratore di Stato, Iryna Venediktova, si tratta di «prove ammissibili in tribunale».