Corriere della Sera, 13 aprile 2022
Pécresse è pieno di debiti
Quando ha vinto le primarie dei Républicans, nel dicembre scorso, Valérie Pécresse sembrava destinata a un grande risultato: come minimo impensierire Emmanuel Macron, o addirittura diventare la prima donna presidente della Repubblica, soffiando il record a Marine Le Pen. Alcuni comizi disastrosi e numerose gaffe l’hanno fatta precipitare, Pécresse non conquisterà l’Eliseo, non si è qualificata al secondo turno e neanche ci è andata vicina, ma certo non immaginava che il crollo sarebbe arrivato fin sotto il 5 per cento, la soglia necessaria per il rimborso delle spese elettorali. Non è riuscita a ottenere il voto dei francesi ma ora chiede i soldi: 5 milioni di euro entro il 15 maggio, per rimborsare il debito che ha contratto personalmente quando era convinta di arrivare tra i primi.
Nel partito hanno cominciato a intuire le dimensioni della catastrofe all’arrivo dei primi risultati dai seggi dell’Oltremare, aperti un giorno prima: 4 per cento a Saint-Barth, il paradiso caraibico che accoglie gli yacht dell’alta borghesia parigina e che infatti nel 2017 tributò un trionfale 30% al compagno di partito François Fillon. Domenica sera il risultato complessivo: 4,8 per cento. Una disfatta innanzitutto politica, la destra repubblicana dei presidenti De Gaulle, Pompidou, Chirac e Sarkozy quasi cancellata così come era capitato cinque anni fa alla sinistra che espresse Mitterrand e Hollande. Ma se nel 2017 il segretario socialista Benoit Hamon arrivato al 6 per cento si è almeno risparmiato la bancarotta personale, Valérie Pécresse oggi ha un problema, oltre che con gli elettori, con la banca.
«Ho bisogno del vostro aiuto urgente», ha detto lunedì Pécresse, con una voce che è tornata finalmente sincera dopo settimane di discorsi troppo impostati e recitati. «Non abbiamo raggiunto il 5% che ci permetterebbe di ottenere il rimborso di Stato, sul quale facevamo affidamento». Quindi l’appello, «mi rivolgo a quelli che mi hanno votato ma anche a coloro che hanno preferito il “voto utile” (per Macron, ndr) e infine a tutti i francesi che sono legati al pluralismo politico. Il mio debito personale è di cinque milioni».
Su 12 candidati che hanno partecipato al primo turno, oltre a Pécresse altri sette non hanno raggiunto la soglia del 5% e non saranno rimborsati, ma solo lei ha speso così tanto e si è indebitata perché era certa di farcela. L’appello è volto a commuovere soprattutto chi l’ha votata – 1,68 milioni —, basterebbero tre euro a testa. Ma non sarà facile, tanto più che Pécresse è la più ricca dei 12 candidati.
Il suo patrimonio personale, in base alla dichiarazione fiscale, ammonta a 9,7 milioni. In regime di comunione dei beni con il marito Jérôme Pécresse ceo di General Electric Renewable, Pécresse è proprietaria di tre case che valgono 4,1 milioni di euro, un milione di azioni General Electric, terreni per 50 mila euro e lo stipendio di 54 mila euro netti l’anno da presidente della regione Île de France. La sua richiesta quindi ha suscitato poca empatia, e molti inviti a vendere le case. Tra i primi a reagire sui social media ecco Jerôme Kerviel, l’ex trader protagonista anni fa dello scandalo Société Générale: «Io sono indebitato per cinque miliardi, andrà tutto bene vedrai».
Un’altra richiesta di aiuto arriva da Yannick Jadot, il candidato ecologista che si è fermato al 4,5% e chiede – non per sé ma per il partito EELV – due milioni entro la fine di maggio. Al di là delle previsioni sbagliate e dell’opportunità di chiedere soldi ai francesi, si riapre la questione del finanziamento della politica.