Limes, 24 febbraio 2022
Sulla questione ucraina
L’inasprimento della situazione ha consolidato la società ucraina rendendola più coesa e determinata, decisa a entrare nella Ue e nella Nato. Lo scontro ne ha forgiato importanti caratteristiche chiave. Anzitutto in questo periodo la società ucraina ha espresso una grande capacità di auto-organizzazione. Quando nel 2014 il presidente delegittimato Yanukovich scappò in Russia, la tesoreria dello Stato era vuota, mentre l’esercito, smontato pezzo per pezzo non esisteva più. Superato il primo choc di fronte all’annessione della Crimea e all’occupazione del Donbas, la società ha cominciato a riorganizzarsi velocemente, come ha dimostrato la formazione di battaglioni di volontari. All’epoca l’esercito non disponeva di un numero sufficiente di armi. Tuttavia i volontari hanno affrontato l’invasione con dignità.
Tutto il paese si era trasformato in un grande cantiere, con studenti e pensionati impegnati a cucire indumenti e reti mimetiche, invalidi pronti a preparare bottiglie molotov, lavoratori ucraini responsabili della spedizione di elmi e giubbotti antiproiettili dall’estero e imprenditori decisi a fornire all’esercito ognuno la propria produzione (…) Il movimento dei volontari ha contribuito a una maggiore coesione interna (…) Moltissimi russofoni, abitanti dell’Ucraina orientale, sono stati tra i primi ad andare al fronte di propria volontà. E anche adesso, da parte ucraina, l’aspetto linguistico o etnico non ha nessuna funzione di differenziazione sociale. Uno studio del 2017 ha mostrato che ormai il 95% dei giovani si dichiara ucraino e solo il 2% russo. La stragrande maggioranza della popolazione – il 95% nella parte occidentale del paese e l’86% in quella orientale – pensa che l’Ucraina e la Russia debbano essere due stati separati. Anche nella porzione del Donbas sotto il controllo del governo ucraino l’84% sceglie la sovranità (…) È interessante notare che il 16 febbraio 2022si è avuta la preghiera comune di tutte le fedi presenti in Ucraina. Sullo sfondo delle chiese ucraine – orotodossa, cattolica, greco-cattolica, protestante, ebraica, musulmana, buddista – brillava per la sua assenza la chiesa ortodossa del patriarcato di Mosca.
La società ucraina presenta anche notevoli fragilità, che in parte ostruiscono il suo percordo democratico. Con le elezioni presidenziali del 2019 l’Ucraina si era integrata nelle file dei paesi travolti dal vortice del populismo. Con il 73% dei voti le elezioni hanno portato al potere il presidente Volodymyr Zelenskyi, attore comico, una sorta di Beppe Grillo ucraino. Va ricordato che si tratta di un ebreo russofono, il che non gli ha impedito di avere uno straordinario consenso elettorale. Il suo partito ha conquistato una larga maggioranza. Eppure tutto in questo partito, a partire dal nome – Servo del popolo – fino alle promesse elettorali irrealizzabili e in effetti mai realizzate (concludere la guerra, pagare uno stipendio di 4000 dollari ai maestri di scuola ecc) lo espone come variante del populismo. Soprattutto se pensiamo che questa storia elettorale è stata plasmata da uno degli oligarchi più tossici, Ihor Kolomojskyi, attualmente sotto processo negli Usa.
Dal 2019 in poi la corruzione, il nepotismo e l’incompetenza di queste “nuove facce” hanno reso la società assai insofferente. Ma l’incompetenza sarebbe il male minore. Due altri mali sono ben più gravi. Il primo è la corruzione, che impedisce al vertice di consolidare le istituzioni. Il secondo è il sospetto che nell’entourage del presidente ci siano non pochi agenti russi infiltrati (il capo dei servizi segreti Ivan Bakanov accenna che nei corridoi del potere si aggirano 7000 agenti russi). Fatto sta che l’attuale dirigenza è colpevole di azioni assai poco trasparenti. Per esempio, nel corso dello scambio di prigionieri del settembre 2019 è stato rilasciato un tale Volodymyr Cenach, collaboratore dei russi nella sedicente Repubblica popolare di Doneck, uno dei più importanti testimoni riguardo all’abbattimento dell’aereo Mh17. Ma soprattutto ricordiamo il Wagnergate che ha permesso di evitare la cattura dei mercenari del Cremlino, particolarmente lesivo per l’immagine di Zelenskyi. L’operazione è stata fortemente criticata da Bellingcat. Si è arrivati a una situazione che rasenta l’assurdo quando Viola von Cramon-Taubadel. Deputata all’Europarlamento e che si occupa da anni dell’Ucraina e dell’est europeo, ha consigliato a Zelenskyi di non condividere segreti di stato con il capo dell’ufficio del presidente Andrij Jermak, sospettato di avere legami con i servizi segreti russi
(…) Il propagandista bielorusso Grigorij Azarënok promette di distruggere Kiev con missili nucleari. Al posto della capitale ucraina, in mezzo al “deserto” vorrebbe edificare un monumento a Putin alto trecento metri che cosi suoi occhi laser «contagerà le belle democrazie con il virus della dittatura». Nel 2014 il propagandista di Putin Dmitrij Kiselëv prometteva di trasformare l’America in “cenere radioattiva”.
(…) Dal 22 al 27 febbraio la Russia ha speso due terzi del potenziale militare destinato a questa guerra. Per quel che riguarda le perdite di vite, un giorno a una notte in Ucraina equivalgono per i soldati russi a un anno e mezzo in Afghanistan: nei nove anni di quella guerra la Russia ha perso 15 mila soldati, in Ucraina nei perde più di mille al giorno
Putin a M. Allevato, dell’Agi, l’8 agosto 2008: «La Russia è tornata a sentirsi una potenza a se stante: non vuole più essere la periferia dell’Europa, bensì il centro dell’Eurasia, che comprende anche il Vecchio continente. Questa svolta concettuale non è reversibile e caratterizzerà la politica russa a lungo termine». L’Europa, quindi, come periferia dell’Eurasia.
In realtà la Crimea non è né russa né ucraina. È la patria storica dei Tatari, il canato che per più di 300 anni (1441-1783) ha svolto un importante ruolo nel rapporto tra Porta ottomana, Europa e mondo slavo
Kiev ha ottenuto 200 mila tonnellate di armamenti dall’Occidente, sia dall’America che dal Regno unito che da dai paesi baltici. La Ue ha fornito all’Ucraina non solo armi difensive, ma anche letali.
Oxana Pachlovska
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