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 2022  aprile 12 Martedì calendario

La rivoluzione dell’Auditel

L’Auditel si rinnova, aprendo al digitale, e la televisione perde l’ultimo privilegio che le era rimasto: essere l’unica depositaria dello share, il solo strumento attraverso cui è stato possibile, dal 1986 a oggi, misurare il successo di un programma. Come annunciato ieri dal presidente Auditel Andrea Imperiali nel corso della relazione annuale in Senato (presenti il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giuseppe Rocco Moles, la sottosegretaria allo Sviluppo, Anna Ascani, il presidente Agcom, Giacomo Lasorella, e il presidente della Commissione di viglianza Rai, Alberto Barachini), la società di raccolta dati si prepara ai primi passi di una rivoluzione. Ovvero misurare, con numeri chiari e uguali per tutti, anche il consumo dei programmi su strumenti diversi dalla tv, come tablet e cellulari, calcolare il gradimento di una trasmissione in streaming e il successo di una campagna pubblicitaria in ogni segmento in cui è stata lanciata, in tv come sui canali Twitch o YouTube.
L’ISTITUZIONE
Si rottama così una vera e propria istituzione, la famiglia Auditel riunita in salotto intorno al totem del meter (il decoder che permette la rilevazione), icona pop di un’era geologica in cui la tv si fruiva soltanto fra le mura di casa. «Noi decidiamo chi va in onda e chi va al diavolo», cantava nel 2006 il rapper Caparezza nella sua The Auditels Family, prendendo di mira il privilegio della «setta diabolica, che decide laconica tutto ciò che si colloca nella sfera catodica». Catodica, appunto. Quasi vent’anni dopo quella sfera non è più catodica-analogica ma tecnologica e digitale, e il televisore che il tubo catodico l’ha sostituito da un pezzo con il cristallo liquido non è l’unico elettrodomestico usato dalle famiglie per accedere ai programmi. «Ai 45 milioni di apparecchi televisivi presenti nelle case degli italiani spiegava ieri Imperiali si aggiungono oggi circa 75 milioni di nuovi schermi connessi», per una fruizione diventata mobile, personale e personalizzabile «grazie a circa 60 diverse tipologie di device attraverso i quali si può accedere a contenuti audiovisivi». Da adesso, dunque, il sistema di rilevazione di Auditel sommerà al gradimento raggiunto dai contenuti sulla tv tradizionale anche quello realizzato dagli stessi contenuti su altri device, producendo un ascolto medio giornaliero che terrà conto della profilazione dell’utente.
IL PROFILO
Tradotto in parole semplici: il conteggio della cosiddetta misurazione Total Audience considererà non solo quante persone ci sono dietro a un singolo strumento, ma anche quanti device sono usati per fruire un singolo programma, e quale sia il profilo di chi li maneggia. Un dato non secondario, soprattutto per quel che riguarda un aspetto da sempre appannaggio della tv tradizionale, dai tempi di Carosello in poi: la pubblicità. Altra importante novità annunciata ieri, infatti, è stato il varo del cosiddetto CUSV (Codice Univoco degli Spot Video), una sorta di targa, o marcatore unico, che le aziende dovranno inserire nei propri contenuti pubblicitari per renderli identificabili da Auditel, che potrà dunque registrane l’efficacia per ogni erogazione. Il tracciamento avverrà all’interno di una piattaforma tecnologica proprietaria, capace di restituire informazioni dettagliate in termini di durata, prodotto, campagna, classificazione merceologica e contesto di visione. I programmi più forti nella sfera digitale un esempio: il Festival di Sanremo, che a febbraio ha segnato il record di 29,5 milioni di visualizzazioni, con un aumento sul web del 48% sul 2021 beneficeranno così di una raccolta pubblicitaria varia e mirata, ritagliata precisamente su target e device. Un’arena in cui la tv tradizionale, per la prima volta, potrebbe non giocare più la parte del leone.
IL NODO DEI NON TRASPARENTI
In un mondo che pretende di misurare qualsiasi contenuto su qualsiasi strumento in circolazione, resta sul piatto una questione scottante: la misurazione dei non misurabili, dei non trasparenti, dei cosiddetti riottosi all’Auditel, che riunisce sotto il suo ombrello Rai, Mediaset, Discovery, Sky, La7 e tutti gli attori principali del panorama tv, ma non le piattaforme streaming. Ben poco propense ad aderire alle misurazioni effettuate da soggetti terzi, Netflix, Amazon, Disney + e in generale i cosiddetti operatori OTT, effettuano le rilevazioni del proprio traffico in maniera autonoma, utilizzando metriche diverse e software non certificati universalmente, e finendo per incrementare la confusione e l’entropia sul mercato.
Ma la rivoluzione Auditel toccherà anche loro: il dato delle piattaforme sarà infatti contato in forma aggregata, in un sottoinsieme definito dell’ascolto non riconosciuto, che comprenderà anche il gaming. Un universo separato ma comunicante, che punta passo dopo passo a far diventare l’ascolto non riconosciuto, soprattutto quello dello streaming, ascolto riconosciuto: una Auditel Family allargata, insomma, in cui c’è spazio per tutti, a patto di lasciarsi misurare.