il Fatto Quotidiano, 12 aprile 2022
Ops! Surplus commerciale russo a 58 miliardi
Le sanzioni dell’Occidente – delle quali in queste ore la Commissione Europea sta studiando un sesto pacchetto – non sembrano aver colpito più di tanto la Russia nelle prime settimane di guerra. Lo sostiene la Banca centrale di Mosca, che ieri ha reso nota la stima preliminare sui dati del commercio estero della Federazione Russa nel primo trimestre dell’anno. Secondo la Banca di Russia, tra gennaio e marzo – compresi quindi i primi 36 giorni dell’invasione dell’Ucraina – l’avanzo della bilancia dei pagamenti di Mosca ha raggiunto i 58,2 miliardi di dollari, in aumento di oltre il 150% rispetto ai 22,5 miliardi dello stesso periodo del 2021. È il valore maggiore dal 1994, data di inizio delle rilevazioni.
A giovare al commercio estero di Mosca sarebbe stato l’aumento del valore delle esportazioni (guidate da gas naturale, petrolio e altre materie prime energetiche) e la stabilità dell’import. L’acquisto da parte della Russia di beni e servizi dall’estero è crollato nel primo trimestre proprio per l’impatto delle sanzioni occidentali seguite all’“operazione militare speciale” decisa da Mosca contro Kiev.
Al contempo, però, la comunicazione di ieri dalla Banca centrale russa è l’ultima, almeno per ora. Il 31 marzo infatti la Banca di Russia ha deciso di sospendere “temporaneamente” la pubblicazione mensile dei propri dati della bilancia dei pagamenti, aggiornati per l’ultima volta al 31 gennaio scorso. Spinto dai rincari dell’energia sui mercati internazionali, a fine gennaio l’export russo è balzato a 45,93 miliardi di dollari (+72,1% sullo stesso mese del 2021), 40,79 miliardi dei quali fuori dalla Comunità degli Stati indipendenti (Csi, l’ex Urss), mentre l’import era stato di 24,75 miliari (“solo” +40% su base annua), consentendo alla bilancia commerciale di segnare un attivo mensile di 21,17 miliardi, 18,6 miliardi dei quali fuori dalla Csi, in crescita del 135% sui 9 miliardi del gennaio 2021.
Sempre il 31 marzo, l’istituto guidato dalla governatrice Elvira Nabiullina ha comunicato i dati sul 2021. Lo scorso anno l’avanzo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti della Federazione Russa è stato di 122 miliardi, oltre tre volte rispetto al 2020. A influire sull’avanzo commerciale, raddoppiato in un anno a 189,8 miliardi di dollari, è stata soprattutto la crescita dell’export (493,8 miliardi, +48,1% su base annua) rispetto all’import (304 miliardi, +26,9%), “in un contesto di prezzi favorevoli”.
Si capisce quindi come mai gli analisti dell’agenzia finanziaria Bloomberg abbiano stimato che quest’anno Mosca potrebbe incassare 320 miliardi di dollari dall’export energetico, quasi 100 in più rispetto al 2020. La motivazione sta proprio nei rincari dei prezzi internazionali dell’energia, ulteriormente cresciuti dopo l’aggressione russa all’Ucraina. L’“operazione militare speciale” dunque, in assenza di un embargo totale dell’Occidente agli approvvigionamenti di gas e petrolio russo (per ora irrealizzabile, se non al prezzo di una gigantesca crisi economica, soprattutto in Europa che dipende per il 40% della sua energia dal metano di Mosca), è almeno al momento un affare per Putin. Il silenzio della Banca centrale russa serve anche a nascondere il bottino.