il Fatto Quotidiano, 12 aprile 2022
La crisi delle guide turistiche
A cavallo tra Sette e Ottocento, quando il viaggio inizia a diventare una moda, chiunque partisse – pochi in diligenza prima, molti di più con il treno dopo – doveva possedere una specie di librino à poche con le informazioni sulla destinazione: la guida turistica. Inglesi e spagnoli le studiavano pedissequamente, i tedeschi le sottolineavano, i francesi invece dimenticavano di averle acquistate e se le ritrovavano in borsa.
Le prime a diventare un must-have furono le teutoniche Baedeker. Citate da Stendhal in Passeggiate romane, da D’Annunzio in Trionfo della morte, lo scrittore spagnolo Benito Pérez Galdós in Un viaggio in Italia le descrive degne di una “fiducia universale”. Di lì in poi, soprattutto con l’avvento della fotografia, il mercato delle guide turistiche conosce uno sviluppo inarrestabile che solo le grandi guerre avevano interrotto… Almeno fino a oggi. Già, perché mentre si festeggia la crescita del mercato editoriale della varia (dell’1,8 per cento a valore e del 2,7 per cento a numero di copie rispetto al gennaio ’21), nessuno si è interrogato sugli effetti della pandemia sull’editoria turistica.
“Una mezza catastrofe! – sentenzia Claudia Perruccio, editrice del gruppo Edt, che pubblica le celeberrime Lonely Planet –. Con il crollo del turismo, le vendite sono crollate. È logico: non potendo viaggiare liberamente per quasi due anni, si è registrato un collasso senza precedenti. Nel 2020, rispetto al ’19, abbiamo perso tra il 70 e il 75 per cento del fatturato”. Numeri confermati anche da Luciano Mornacchi, direttore commerciale dell’associazione leader del settore Touring club, che ci spiega: “L’estero è scomparso, così il turismo è dovuto cambiare. Ci si è concentrati sull’Italia. Le città d’arte, però, sono state messe da parte perché reputate affollate in favore di esperienze di prossimità e slow dedicate alle passeggiate a piedi, in bicicletta ed escursioni, e soprattutto dei borghi, segmento già presente nella nostra produzione ma cresciuto in pandemia”.
“È cambiata di conseguenza anche la tipologia di guide – riprende Perruccio, che con orgoglio racconta di aver fatto viaggiare i suoi autori nei momenti di apertura –, volte a scoprire un’Italia considerata minore e interessate a trasmettere una ricerca emozionale. Siamo usciti con volumi sul Molise e sull’Abruzzo e abbiamo diminuito di molto la produzione. Nel ’21, infatti, abbiamo pubblicato solo dodici titoli rispetto agli ordinari settanta”. Una scelta oculata ma che ha ripagato. “Rispetto al ’20 – motiva Mornacchi – nel ’21 abbiamo registrato un incremento del 15-20 per cento, tant’è che per quest’anno, in cui le prospettive sono assai promettenti, abbiamo continuato nel settore della mobilità dolce e consapevole, come da nostra tradizione: l’Italia a piedi, in camper, le migliori località balneari (in collaborazione con Legambiente), ma anche percorsi tematici come la Sicilia di Montalbano. Tra l’altro, la riscoperta dei nostri territori è andata di pari passo con un discreto successo delle guide food. Sia i volumi dedicati ai vini d’Italia, l’interesse per il vino in Italia è una certezza, sia di ristoranti e alberghi. Ma anche in tal caso la guida in sé è cambiata poiché bisogna sempre affiancare una presentazione del territorio, delle attrattive che offre in termini di patrimonio artistico, produttori e tradizioni locali. Oggi il viaggiatore è più esigente e consapevole”.
Diverso, invece, l’atteggiamento di Perruccio che, in accordo alla storia internazionale di Lonely Planet, manderà in libreria in questo ’22 anche guide per l’estero: “Dall’autunno dello scorso anno alcune destinazioni europee sono rinate come l’Islanda e la Scandinavia, che non a caso offrono grandi spazi e senso di libertà. Poi avremo nuove guide di New York e Parigi, perché sono mete che sappiamo torneranno. Siamo fiduciosi! Per fortuna, mi sento di aggiungere, non avevamo in mente una nuova guida di Mosca”. Eh già! Proprio adesso che lo spettro della pandemia stava lentamente svanendo, i viaggi all’estero sono minacciati dalla guerra e altre variabili impreviste. “Le tensioni politiche e i conflitti cancellano immediatamente alcune mete – prosegue Perruccio –. L’ho visto succedere con i Paesi del Maghreb per la Primavera araba e più di recente con la Turchia”.
Tuttavia, resta una domanda: cosa ha fatto chi non poteva viaggiare fisicamente? Sarebbe troppo naif sostenere che abbiano tutti letto. Per quanto positivi, infatti, i dati della ripresa del mercato editoriale non giustificano un tale volo pindarico. Di sicuro, però, chi ha scommesso nella letteratura di viaggio è stato ripagato. “Durante il periodo del lockdown, con la nostra collana di reportage letterari ‘Passaggi di dogana’, racconti autoriali di luoghi e città – ci dice Antonio Sunseri, direttore commerciale di Perrone editore – ci siamo inventati ‘i pacchetti’: quattro libri insieme per quattro viaggi letterari. Abbiamo registrato un aumento del 20 per cento delle vendite. Segno che le persone avevano bisogno di ritrovare le emozioni dei luoghi attraverso le parole e la sensibilità di uno scrittore”.