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 2022  aprile 11 Lunedì calendario

“IN TERMINI ECONOMICI E DI PACE SOCIALE I PERDENTI DI QUESTA GUERRA, BEN DOPO I RUSSI, SAREMO NOI EUROPEI” - LUCIO CARACCIOLO: “LA GRAN BRETAGNA È PIÙ CHE MAI ANCELLA DELL'AMERICA, LA FRANCIA E’ ORFANA DELLA RUSSIA, L'ITALIA SPAESATA SEGUE ZOPPICANDO, LA GERMANIA RESTA IL GRANDE PUNTO INTERROGATIVO - L'INTESA RUSSO-CINESE NON SI SPEZZA, MA SOLO PER PROVVISORIA MANCANZA DI ALTERNATIVE. XI NON SI FIDA PIÙ DI PUTIN. L'ACCESO DIBATTITO CHE SI È SCATENATO A PECHINO SULLA GUERRA, CON VOCI RUSSOFOBE, TESTIMONIA DEL DISORIENTAMENTO CINESE..." -

La dinamica strategica di questa guerra non troppo indiretta fra Washington e Mosca spinge alla rottura fra Europa e Russia. Ne possono scaturire un'Europa più o meno americana spinta fin quasi alle porte di Mosca e una Russia nell'orbita cinese. Gli esiti tattico-militari e soprattutto la durata del conflitto fra un cessate-il-fuoco e l'altro possono rallentare o flettere questa traiettoria. Arduo che la mutino.

Almeno finché si combatte solo nel teatro ucraino. Sia che in Ucraina prevalgano nel tempo gli americani via ucraini (possibile) o i russi (improbabile), come anche in caso di provvisorio stallo codificato in nuova partizione del paese, la separazione fra Nato e Federazione Russa volge al divorzio senza appello. Sanzionato dalle sanzioni, difficilmente revocabili nella sostanza e nello spirito. Con gli anni potremo modulare il grado di separazione, mai recuperare lo status quo ante.

La partita ucraina è infatti doppia. Mondiale e veterocontinentale. Sul piano degli equilibri planetari, per gli americani rigettare i russi in Asia significa colpire insieme il nemico principale: la Cina. Costretta a soccorrere un socio cui attribuiva speciale virtù militare e decente affidabilità. Entrambe evaporate al primo contatto con la prova della guerra. L'intesa russo-cinese non si spezza, ma solo per provvisoria mancanza di alternative.

Xi non si fida più di Putin. L'acceso dibattito pubblico che si è scatenato a Pechino sulla guerra, con esibizione di voci clamorosamente russofobe, testimonia del disorientamento cinese. Allo stesso tempo, la Repubblica Popolare si qualifica riferimento inaggirabile per quella vasta parte di mondo - demograficamente maggioritaria - che non vuole schierarsi né con i russi né con gli americani.

I due voti che l'Assemblea Generale dell'Onu ha espresso sulle risoluzioni di mano americana che condannano Mosca sono tanto fattualmente vacui quanto geopoliticamente significativi. Lo smarcamento dell'India, che per Washington è perno essenziale del contenimento anti-Cina, di Israele e degli Emirati Arabi Uniti sono le tre massime defezioni neutraliste, indigeste a Washington.

Sulla scala che più ci tocca, l'esclusione della Russia dal nostro continente conferma le divisioni profonde tra noi europei sul se e come trattare con Mosca. In questo schema ci separiamo lungo una faglia disegnata da radicali divergenze storiche, culturali e geopolitiche, aggravate dalle sanzioni con cui Washington intende premere su Mosca (esiti non pervenuti) e che ricadono a pioggia sugli alleati europei, disposti o costretti a adottarne di proprie.

C'è chi intende seguire la corrente americana perché ambisce al rango di avanguardia atlantica e confida nell'ombrello di Washington. Chi si ostina nell'utopia dell'Europa potenza - crittogramma dell'europeismo imperiale delle origini, à la Coudenhove-Kalergi - ma nell'attesa si riprotegge a suo modo nell'impero a stelle e strisce (Francia). E chi oscilla (Germania). In termini economici e di pace sociale i perdenti di questa guerra, ben dopo i russi, saremo noi europei.

Impregiudicato il destino delle vittime principali, gli ucraini. Milioni dei quali finiranno per stabilirsi nel cuore dell'Europa, specie in Polonia ma anche in Italia. Quanto nei prossimi mesi e anni sapremo essere solidali con i profughi ucraini e non solo ci darà misura della nostra vantata civiltà.

Paradosso geografico vuole che gli europei iper-americani e occidentalisti perché russofobi, guidati dalla Polonia con la Romania non brillantissima seconda, si collochino a est dell'Elba, canonica frontiera fra Occidente e Oriente. I polacchi sperano di spingere le frontiere euroatlantiche oltre il Bug, almeno fino al Dnepr, se i russi terranno Crimea e Donbas.

Loro patrono ravvicinato è l'Inghilterra, che sente profumo di vittoria nell'ennesimo episodio del Grande Gioco. Più che mai ancella dell'America, Londra è schiacciata su di essa fino a imbarazzarla. Con o senza il resto del suo Regno. A ovest incrociamo gli orfani della Russia. Intesa bilanciamento sia della Germania che dell'America. Capofila la Francia, attorno al magnete del Reno.

La Bundesrepublik è in bilico fra le opposte opzioni incarnate dalla sua maggioritaria porzione occidentale tuttora economicista e dalla minoranza orientale, che esibisce venature rosso-brune. Costretta dalla guerra a rientrare nella storia, la Germania resta il grande punto interrogativo. L'Italia spaesata segue zoppicando fra Berlino e Parigi. La fine della pace a tempo indeterminato, dovuta al coinvolgimento diretto o indiretto di tutte le potenze nella battaglia per il Donbass (!) è peggio dell'inizio di una guerra che si possa certamente circoscrivere, come tutte le altre in corso.

Altrove la pace era già evaporata o mai davvero stabilita. Ma se la pace finisce in Europa, il mondo cambia davvero. La poesia, terra d'incrocio tra fantasia e realtà, può aiutarci a capire. Massime nella profetica prosa della nostra scrittrice forse più grande, Anna Maria Ortese (1914-98). Dove l'esigenza di realtà, specie l'invisibile, passa per la fantasia. Rivoluzione. Per intenderne il senso, ognuno nella sua libertà, a lei l'ultima parola, tratta da Bambini della creazione.

«() Capire, capire alla fine se, dopo mezzo secolo di orrori, e un secolo o due di abbagli culturali, capire se gli uomini più giovani e preparati () abbiano inteso finalmente qual è il cuore del problema, il cuore del tempo, il cuore della verità (di questo inferno che attanaglia la storia dal privato al pubblico, dalle coste dove sorge il sole a quelle dove tramonta).

E quale rivoluzione ci aspettiamo. () Essa riguarda la liberazione degli altri popoli - i popoli muti di questa terra, i popoli detti Senza Anima - dal Dittatore fornito di anima e per di più immortale! - che è il loro carnefice da sempre. Il suo nome (di tale carnefice) è noto, ma non sempre il labbro accetta di pronunciarlo. Come e quando inizierà questa rivoluzione? Non lo so. Ma sarà la più grande, e da essa soltanto ricomincerà qualche speranza per la orgogliosa vita umana».