Corriere della Sera, 11 aprile 2022
Biografia di Filippo Gorini (giovane pianista fenomenale)
A soli 26 anni, il pianista brianzolo Filippo Gorini è «lassù», sulle vette dell’intelligenza. Vincitore del concorso «Beethoven» a Bonn, debutterà a Vienna e Londra. È figlio di due noti fisici nucleari, il padre suonava il piano in casa e Filippo è caduto dentro la tastiera in modo naturale, a 5 anni. Viene considerato, anche a causa della famiglia che lavora coi numeri, l’erede di Pollini per l’approccio «intellettuale». Lui, per pudore, smonta quest’eccesso di sintesi così: «Mi lusinga ma così penso a musicisti di un livello culturale superiore al mio, poi nasconde insidie, il musicista intellettuale è contrario al musicista appassionato o con un contenuto emotivo. E c’è un fraintendimento su Pollini, che è sì rigoroso ma drammatico, espressivo...».
A Brescia l’altra sera ha suonato L’Arte della Fuga. Più che un brano musicale è il monumento incompiuto di Bach. Un totem, un’avventura spirituale in cui si intrecciano fughe e canoni. Per trasformare quel pezzo in materia viva, sul web ha chiamato a raccolta in un progetto 14 artisti (14 sono i contrappunti del brano) che raccontano Bach e L’Arte della Fuga. «Volevo creare un contesto di ascolto diverso, per un’opera somma che alcuni chiamano astratta, ma così è fuorviante e demoralizzante per il pubblico». L’architetto Frank Gehry rivede nei suoi edifici «la geometria, il controllo delle proporzioni e la fantasia di Bach». Alfred Brendel gli svelato i segreti di Bach al piano. Poi due registi: Sokurov dice che Bach è il canto degli angeli sulla Terra, la legna che mette nel fuoco dei suoi film; Peter Sellars parla del lato «consolatorio bachiano, una vita complicata segnata dal rifiuto, non si può suonare senza pensare a qualcuno in difficoltà».
In questo viaggio nelle profondità di un compositore a ridosso di Dio, Glenn Gould, che ne è stato il suo «portavoce» musicale in Terra, per Gorini non è un riferimento: «Gould è così nitido, quasi duro, con lampi di genio e di spigolosità; io suono più morbido, rotondo, e ho una personalità più accomodante».
Il 21 aprile alla Verdi di Milano suona il Triplo Concerto di un Beethoven considerato minore…«Io non lo penso, è talmente pieno di gioia, è conviviale e non corrucciato». Ma lei, Gorini, comincia la carriera dalla fine: il primo cd sulle Variazioni Diabelli dell’ultimo Beethoven, poi il viaggio mistico e multimediale su L’Arte della Fuga...«Non è qualcosa di prevedibile, c’è il desiderio e una vocazione. Mi rapporto a opere importanti perché hanno qualcosa da insegnarmi. Di fatto mi considero ancora in età di formazione. Io ascolto su cd i grandi del piano, poi arriva il momento in cui per quanto li ami non ti trovi a tuo agio. E prendi la tua strada». Pollini lo ha conosciuto? «Sì, in un contesto privato, al compleanno di Salvatore Accardo. All’inizio non sapeva che fossi anch’io pianista. Ci fu un torneo di scopone scientifico». Anche lì c’è il calcolo. Come andò? «La mia squadra vinse tutte le partite, però Pollini non giocava da anni e mio mi ero allenato molto per quella giornata».
Rimpianti per un’adolescenza non vissuta? «No, affatto, i sacrifici mi hanno donato la possibilità di fare esperienze di bellezza assoluta, ho usato gli anni formativi per fondare la mia vita successiva, lo consiglio a tutti i giovani». Se ci fosse per il piano una formula «matematica» per Gorini è: rigore più fantasia uguale bellezza.