Corriere della Sera, 11 aprile 2022
Il 17enne che paga il pizzo per essere difeso dai bulli
Un diciassettenne ha pagato tre maggiorenni migliaia di euro per avere protezione da un gruppetto di bulli che lo perseguitava a scuola e altrove. Il fatto è accaduto a Bassano del Grappa. I «protettori» – conosciuti attraverso amicizie comuni – avrebbero dato una mano al giovane, accompagnandolo pure in auto a lezione in cambio di denaro – versato in più occasioni nell’arco di un mese – per un totale che oscilla da un «minimo di 20 mila a un massimo di 100 mila euro», secondo la stima fatta dalla procura di Vicenza e riportata nel capo di imputazione. Soldi «sottratti dal minore ai genitori».
Dopo gli importanti ammanchi mamma e papà si sono rivolti ai carabinieri per formalizzare la denuncia e venerdì i tre ragazzi – tutti residenti a Marostica e all’epoca dei fatti di 19, 21 e 25 anni – sono stati rinviati a giudizio dal gup Matteo Mantovani. Il processo inizierà a luglio. Si dovranno difendere dall’ipotesi di circonvenzione di incapace in concorso, ciascuno anche per specifici episodi.
Contestazioni che loro hanno negato con forza da subito. «Accuse assolutamente infondate» fanno sapere gli avvocati. Ora i tre giovani sono convinti di riuscire a provare la loro innocenza, di chiarire che non hanno raggirato l’adolescente approfittando della sua fragilità e vulnerabilità, tanto che sono pronti a dimostrare che non è cambiato nulla nel loro stato patrimoniale. Che, insomma, non si sono arricchiti.
E se – è la loro difesa – qualche piccola cifra l’hanno accettata, è solo perché era stato lo stesso 17enne ad offrirla, per ripagare il piacere. Come, per esempio, del passaggio dato da e per la scuola.
Per spiegare la vicenda oggetto del procedimento penale occorre riavvolgere il nastro a maggio 2019. Siamo a Molvena, nel Bassanese. Il terzetto avrebbe fatto conoscenza con lo studente attraverso un amico comune e avrebbe avuto modo di incontrarlo in un locale di Marostica che frequentavano. Così gli imputati avrebbero raccolto lo sfogo del minorenne, vittima di bullismo e, per la Procura, pure «affetto da sofferenza reattiva da accadimenti». I tre marosticensi – che oggi hanno 22, 24 e 28 anni, almeno due dei quali lavorano – sono accusati di aver «abusato dello stato di fragilità psichica ed emotiva del minore» inducendolo appunto «con il pretesto di dargli protezione» a versare loro i soldi. Quella montagna di soldi.
Una ricostruzione, questa, che sarebbe l’esito degli accertamenti svolti dai carabinieri su delega della procura, dopo la denuncia formalizzata dalla famiglia del minorenne, nel momento in cui si era resa conto che erano sparite grosse cifre e ne aveva chiesto spiegazioni al ragazzo. Che allora aveva vuotato il sacco.
Al vaglio degli inquirenti ci sono state anche le conversazioni estrapolate dallo smartphone della presunta vittima, con le chat appunto intrattenute con gli imputati che hanno scoperto di essere indagati quando sono stati convocati in caserma. I loro difensori – gli avvocati Gabriele Alessio, Chiara Sella e Franco Capuzzo – nel corso del dibattimento cercheranno di smontare quelle accuse che pesano come un macigno. Dall’altra parte l’ormai ventenne e i suoi genitori potranno costituirsi parte civile per chiedere un risarcimento danni.