La Stampa, 11 aprile 2022
Le tasse mai incassate dallo Stato
A fine 2020 c’erano ben 8 milioni di cartelle delle tasse, per un controvalore di 25,6 miliardi, intestate a 1,7 milioni di contribuenti, non pagate. Perché i titolari risultavano… deceduti ed in larga parte (1.427.000) non avrebbero nemmeno eredi su cui rivalersi, compresi quei 306 mila che hanno «dimenticato» 845 mila cartelle relative a multe stradali (controvalore 600 milioni di euro). Se a questi aggiungiamo 50.500 soggetti falliti o con un procedura concorsuale in corso, oltre 205 mila ditte cessate o estinte, 2,8 milioni di nullatenenti ed i contribuenti già sottoposti in passato ad azioni cautelari o esecutive senza che si sia riusciti ad ottenere da loro un euro, e le notifiche dell’ultimo anno oggi si arriva alla cifra monstre di 1.100 miliardi di euro di tasse che lo Stato nel corso degli anni non è riuscito ad intascare.
Una montagna di carta
Sembra una montagna di soldi, che avrebbe potuto fare un bel taglio agli oltre 2.600 miliardi di euro di debito pubblico di oggi, ma in realtà è solamente una montagna di carta che rallenta l’attività ordinaria di chi deve riscuotere le tasse costretto a inseguire crediti vecchi ormai di vent’anni ed ormai inesigibili. Tutte cifre che negli anni sono già state «spesate» nei vari bilanci di enti ed amministrazioni e che praticamente vanno considerati persi. «Il magazzino dei crediti non riscossi attualmente ha sfondato il tetto dei 1.100 miliardi» ha denunciato giovedì in Parlamento il direttore dell’Agenzia delle Entrate Enrico Maria Ruffini parlando di un magazzino non solo «in continuo aumento» ma, soprattutto, sempre più «ingestibile».
Gli ultimi dati ufficiali, relativi al 2020 e comunicati lo scorso luglio dal Mef al Parlamento, fissavano l’asticella a quota 999,1 miliardi di euro. Come si è arrivati a quota 1.100? A far lievitare la cifra negli ultimi tempi ha certamente contribuito la sospensione dell’invio delle cartelle nei due anni della pandemia, condizione che ha di fatto bloccato l’attività di riscossione, a cui poi si è aggiunto l’assorbimento del «magazzino riscossione Sicilia».
Organico insufficiente
Visto che l’organico dell’Agenzia, 8 mila dipendenti, è tarato per legge per gestire un arretrato di tre anni è chiaro che sul fronte della riscossione la macchina del fisco è in continuo affanno: in un anno entrano nel magazzino 70 miliardi di nuovi crediti e ne vengono riscossi meno di 10. Tant’è che l’arretrato è ormai vecchio di 22 anni. Parliamo di 130-140 milioni di cartelle ed avvisi di accertamento per 240 milioni di crediti da riscuotere relativi a circa 16 milioni di contribuenti iscritti a ruolo (83% persone fisiche, 17% società, associazioni, enti, fondazioni) molti dei quali recidivi, visto che gli 8 milioni di contribuenti che ogni anno ricevono un avviso nel 90% dei casi hanno già avuto iscrizioni a ruolo.
Su chi pesa il «buco»
Su 999 miliardi di euro ben 788 (79%) sono crediti affidati dall’Agenzia delle Entrate, quindi tasse e imposte varie ed altri 113 miliardi (11%) sono dell’Inps. Il restante 10%, pari a circa 98 miliardi di euro, è relativo a crediti di enti erariali (5%), Inail (1%), Comuni (2%) ed altri enti come Camere di Commercio, Regioni, consorzi, casse di previdenza ed ordini professionali.
Tanti falliti e nullatenenti
Ben 445 miliardi riguardano contribuenti falliti, su cui l’agente di riscossione è già intervenuto senza riuscire a recuperare integralmente il loro debito, ed altri 440 fanno capo a soggetti con procedura concorsuale in corso, soggetti deceduti o ditte cessate o nullatenenti, poi ci sono 52,6 miliardi di carichi «sospesi» per interventi della magistratura o perché sono oggetto degli interventi di definizione agevolata (rottamazione, saldo e stralcio, ecc.) ed altri 15,7 miliardi sono rate a scadere su dilazioni non revocate. Infine c’è un residuo pari a 84,6 miliardi relativo a posizioni su cui per varie ragioni l’azione di recupero è inibita o limitata.
Stando ai dati aggiornati a fine 2020 i crediti di importo superiore ai 100 mila euro rappresentano appena lo 0,4% del totale ma valgono il 64% dei carichi (635 miliardi di 999), 48 milioni quelli compresi tra 1.000 e 100 mila euro (307 miliardi in tutto), mentre i crediti di importo inferiore ai 1000 euro sono 178 milioni e rappresentano il 78% del totale ma valgono appena il 5,6% del carico totale (56 miliardi).
Non basta rottamare
Per recuperare tutti questi soldi, ammesso che ne sussistano i requisiti, gli agenti del Fisco dovrebbero effettuare ben 5 milioni di fermi amministrativi, 4,9 milioni di ipoteche sugli immobili, 6,9 milioni di pignoramenti di redditi da lavoro o pensione o presso terzi ed effettuare 12,7 milioni di accessi all’Anagrafe tributaria. Impensabile, impossibile.
«È dal 2015 che il Parlamento è informato. Un magazzino così è unico al mondo: tiene un magazzino di 22 anni di crediti non riscossi, non può essere gestito» ha spiegato Ruffini. Soluzioni possibili? Posto che i tentativi fatti in passato, come rottamazione e saldo e stralcio, non sono serviti a nulla, secondo Ruffini «il magazzino può essere gestito aumentando i poteri della Riscossione, ma sono scelte del Parlamento, o intervenendo sulle giacenze».
L’anno passato si era parlato di introdurre anche da noi, come già avviene in tanti paesi, un discarico automatico delle cartelle dopo 5 anni di presa in carico da parte dell’Agenzia delle entrate ma poi non se ne è fatto nulla. E intanto la montagna di carta di queste entrate tutte virtuali continua a crescere e la cassa piange.