14 marzo 2022
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Biografia di Paul Pogba (Paul Labile P.)
Paul Pogba (Paul Labile P.), nato a Lagny-sur-Marne (Île-de-France, Francia) il 15 marzo 1993 (29 anni). Calciatore. Centrocampista. Considerato fin dall’adolescenza uno dei maggiori talenti della sua generazione • «Stella della nazionale francese» • «La Pioche, il piccone» • «PogBOOM» • «Il Polpo Paul» • «Il Polpo» • «Il Super-Polpo» • «Dotato di forza fisica e velocità, è in grado di spostarsi efficacemente all’interno del campo» (Treccani) • «Alla precisione balistica il francese unisce anche una non comune capacità di stare sul campo e di dirigere le operazioni» (Andrea Schianchi, Gazzetta dello Sport, 20/1/2013) • «È l’anti-Balotelli. Anche lui giovane, nero, africano. Potenza, fisicità, tecnica» (Emanuela Audisio, la Repubblica, 2/1/2014) • Cresciuto nelle giovanili del Manchester United, ha debuttato in prima squadra nel 2011. Dal 2012 al 2016 ha giocato nella Juventus. Poi, nel 2016, tornò allo United, che, per riaverlo, sborsò 105 milioni di euro (di cui 27 finiti al procuratore Mino Raiola), il trasferimento più oneroso nella storia del calcio fino a quel momento. Raiola commentò così: «Pogba è come un Van Gogh: chi lo sa quanto vale? Dipende da quanti soldi ha in tasca chi vuol comprarlo» • Ha vinto quattro campionati italiani di fila (2012/13, 2013/14, 2014/15, 2015/16), due Coppe Italia anch’esse consecutive (2014/15, 2015/16), tre Supercoppe italiane (2012, 2013, 2015), una Coppa di Lega inglese (2016/17), una Uefa Europa League (2016/17). Con la nazionale francese è stato vicecampione d’Europa in Francia nel 2016, campione del mondo in Russia nel 2018 e campione di Nations League nel 2021 • È alto 1 metro e 90. Pesa 98 chili • «Un giocatore fantastico. Quello che mi piace di più è che sa fare tutto. È un giocatore completo, che sa anche segnare, perché non disdegna di spingersi in avanti» (Zinedine Zidane) • «Ha le tre C del grande centrocampista: contrasta, costruisce e conclude» (Franco Rossi, giornalista sportivo) • «È l’erede di Pirlo» (Antonio Conte) • «Vale la felicità di chi lo guarda» (Diego Armando Maradona) • Famoso anche per le sue acconciature (capelli blu e gialli, capelli rossi, capelli leopardati, capelli rasati con il simbolo di Batman, capelli rasati a formare il suo nome, etc.). Il suo modo di esultare è la dab, un passo del «ballo dello starnuto» che consiste nel mettere la testa china nel braccio destro teso piegandolo verso il torace (l’ha copiato dal giocatore di football americano Cam Newton, ma è grazie a lui che il gesto è diventato di moda tra i giovani in Europa). «Il fatto che sia un personaggio mediatico, con un lato eccentrico, fa sì che si parli sempre di lui. E chi lo odia dirà sempre cose sgradevoli su di lui. Ma io non ho dubbi: è un giocatore top» (Deschamps) • «Sicché, Pogba, lei vuole diventare una leggenda? “Come Pelé o Maradona. Anzi, di più. Una leggenda del calcio”. Questa non è arroganza? “Io non dico che sono il più forte, ma che voglio esserlo”» (Emanuele Gamba, la Repubblica, 29/4/2016).
Titoli di testa «Correre, sudare e faticare, calciare il pallone, dribblare gli avversari. Paul ha imparato a fare tutto questo nella banlieue parigina, a Roissy-en-Brie, poco più di 22 mila abitanti e una trentina di chilometri dalla capitale» (Gabriele Lippi, Lettera 43, 10/3/2015).
Vita Originario della Guinea, ex colonia francese nell’Africa occidentale. Unico della sua famiglia nato in Francia. Il padre, Fassou Antoine Pogba, è stato ispettore delle telecomunicazione nella regione del N’Zerekore: arrivato in Europa, diventa insegnante in un istituto tecnico di Seine-et-Marne. La madre, Yeo Moriba, detta «Mamso», cui è legatissimo. «I miei si sono separati quando avevo due anni. Sono cresciuto con lei». Due fratelli maggiori: Florentin e Mathias, tra loro gemelli, nati a Conakry (Guinea) il 19 agosto 1990, anche loro calciatori • Antoine Pogba è appassionatissimo di calcio. Visto che, in patria, il padre gli vietava di giocare, appena arrivato in Francia fonda una squadra: l’Africa Star, riferimento per tutti i giocatori o aspiranti tali di origine guineana. «“Noi fratelli dobbiamo a nostro padre la spinta verso il pallone. Sono cresciuto guardando videocassette: non solo Pelè e Maradona, ma anche Papin. Volevo avere la sua forza, la sua aggressività […]”. Ha fatto in tempo a godersi il ‘98? “Avevo cinque anni. La Francia campione del mondo che batteva il Brasile ha cambiato tutto il mio immaginario. Stavolta i migliori eravamo noi. Volevo essere Henry, Zidane, anche se il mio mito era Ronaldo, che quando segnava alzava il ditino. Mi piaceva perché dava l’impressione di poter fare tutto”» (Audisio) • A sei anni, Paul entra nel Roissy-en-Brie, la squadra del suo quartiere. Primo campo di gioco: un fazzoletto di cemento delimitato da barriere slabbrate di legno, ai piedi di quattro anonimi palazzoni di periferia, a pochi metri dai binari della ferrovia • «Era sempre lì», racconta Habib Bouacida, 20 anni, occhiali, barba folta e un’infanzia con i Pogba. «E lì è nato il soprannome “la pioche”. A volte ci aspettava per ore calciando da solo il pallone. Non avevamo cellulari» (Alessandro Grandesso, SportWeek 22/02/2014). «Paul, fin da bambino, mostrava un carattere diverso da quello degli altri, sapeva che cosa voleva» (Doudou, amico d’infanzia). • Il primo adulto ad accorgersi del suo talento è un fratello della madre, Riva Touré, ex calciatore in Guinea (era l’unico pagato del club), in Francia costretto a fare il bidello. «Al bar Le Roissy, incastrato tra un panificio e una macelleria halal, tutti lo chiamano “coach”, il “Mister”. Fu lui a credere per primo nelle doti del più giovane dei Pogba» (Grandesso) • «Il suo segreto? Palloni gonfiati più del normale per sviluppare la potenza nelle gambe. E un talento innato» (Lippi) • Touré ci ha già provato con Florentin e Mathias, ma li ha portati fuori da Roissy troppo presto. Spediti a giocare a Alfortville quando erano ancora piccoli, i due gemelli si sono bruciati. I viaggi incessanti tra periferie ne hanno forse rallentato l’ascesa. Con Paul, invece, zio Riva evita l’errore. «A tredici anni, dal Roissy-en-Brie sono passato al Torcy e poi a Le Havre. Sono andato via di casa presto. Ma ero contento e non mi sono trovato male. Sono stato solo, ma non ho sofferto di solitudine. Alla sera chiamavo casa e i miei fratelli, io ci parlo con la mia famiglia, non sono di quelli che fanno i duri. E nemmeno di quelli che si fanno i tatuaggi» (Audisio). «Notato da esperti e osservatori, nel 2009 si è trasferito al Manchester United, innescando un contenzioso davanti alla FIFA tra la squadra inglese e il Le Havre. Il Le Havre accusò il Manchester United di aver condotto la trattativa in modo irregolare, convincendo Pogba e la sua famiglia a trasferirsi grazie alla promessa di una casa e 90 mila sterline, nonostante il calciatore avesse un accordo con il club secondo cui sarebbe rimasto lì fino ai suoi 18 anni, per poi firmare un contratto professionistico. La FIFA stabilì poi che l’accordo non aveva valore legale e che quindi Pogba poteva trasferirsi in Inghilterra (e il Le Havre fu accusato dal Torcy, la vecchia squadra di Pogba, di aver fatto la stessa cosa). Nel Manchester United Pogba ha giocato soltanto tre partite, dicendosi spesso frustrato dal poco tempo di gioco concessogli dall’allenatore, Alex Ferguson: “Mi diceva che sarebbe venuto il mio momento ma poi non arrivava mai”» (il Post, 22/10/2012). «“Ferguson vedeva in profondità, intuiva negli altri progressioni e sviluppi che ancora non c’erano. In tanti gli devono il successo, lui ha creduto in anticipo, anche in me, anche se giocavo poco". E le sconsigliò il trasferimento in Italia. “Disse: troppo razzismo, ti troverai male”. Dissentì, vero? “Sì. Anche perché lì avevo avuto molte difficoltà ad ambientarmi con l’inglese che non conoscevo. Sei mesi di pratica infernale, se non sai la lingua e la devi imparare non è che in Gran Bretagna siano molto simpatici. Quanto al razzismo gli risposi che quello c’è dappertutto, nessuno ne è immune. Tanto meno l’Inghilterra. Come hanno dimostrato John Terry e Luis Suarez che ha urlato per sette volte negro a Evra. Anche i nostri tifosi non capiscono che quando insultano un avversario per il colore della pelle fanno male anche a me. È un gioco, non la tombola del disprezzo”. E che altro non capiscono i tifosi? “Che un calciatore ha diritto a vivere la vita con il suo stile. Guadagniamo soldi, non li rubiamo. Se voglio comprarmi una bella macchina sono affari miei, nessuno me lo può rinfacciare o giudicare il mio profitto sportivo da quello. Io sono uno che deve ancora arrivare in cima, ma sono consapevole che la fama può darti alla testa, ti senti onnipotente, e cadere dall’alto fa molto male, perché non sei più abituato a stare a terra”» (Audisio). «Dire “voglio essere il numero uno” in uno sport di gruppo non è egoismo? “Se Messi segna è egoista? No, più sei forte più aiuti la squadra”. Non è egoista nemmeno Ronaldo che non vuole mai saltare un minuto? “Ha obiettivi altissimi, è ambizioso, vuole battere i record, vincere palloni d’oro. Questo non è egoismo”. In cosa deve ancora migliorare? “A volte gioco bene, a volte male: è per questo che mi arrabbio. Odio sbagliare, ma sbagliavo di più quando giocavo per strada, e facevo esattamente le cose che faccio adesso. Migliorare è sbagliare meno: si chiama esperienza, appunto”. Lei ha 23 anni e ha già vinto… “Quattro scudetti. Solo quattro”. Solo? “Non bastano per la mia ambizione. Ero così già da piccolo, mi davano del pazzo ma è la mia natura. Io voglio scrivere la storia, diventare il più forte centrocampista di sempre”» (Gamba).
Amori Sposato dal 2019 con la modella boliviana Maria Zulay Salaues, bianca. Due figli.
Religione Mussulmano praticante. Detesta l’alcol.
Capelli «Chi è il suo parrucchiere? Non lo hanno ancora arrestato?» (Gene Gnocchi).
Confronti «Dovesse fare paragoni tra i suoi primi 20 anni e quelli di Balotelli? “Credo che lui abbia sofferto molto, ci sono ferite infantili che non si rimarginano, se non ti sei sentito abbastanza amato, tutto quello che viene dopo non ha mai la forza di cancellare quello che è venuto prima. Un po’ di comprensione non guasterebbe, ha avuto una vita difficile, sembra un bad boy ma il suo fondo è buono. A Manchester per via delle creste ci scambiavano”» (Audisio).
Ricchezza Il calciobalilla di cristallo in salotto, il logo PP in ogni angolo della casa, la Rolls con autista per andare agli allenamenti, il jet privato, etc. La spesa più pazza che ha fatto: due paia di Louboutin («Costavano un follia, ho avuto mal di pancia per una settimana. Mamma che ho fatto, continuavo a ripetermi»).
Povertà Visitò la Guinea per la prima volta nel 2014. «Ho conosciuto zie, cugine, parenti. Ma anche nella capitale, Konacry, tutto è un problema. Acqua, luce, cibo. La gente che qui si lamenta non si rende conto di come una parte dell’Africa non abbia niente. E cose di cui qui non credevi di poter fare a meno, lì perdono d’importanza, ne fai a meno eccome, ne sei costretto» (Audisio).
Curiosità Sua mamma è famosa per le sue comparsate in abiti sgargianti alle cerimonie del Pallone d’Oro • Tiene molto alle sue origini («Andare in Africa scombussola, ma dà nuovi equilibri») • Un fratello di sua nonna materna, Lansana Beavogui (1924-1984), fu, dal 1972 all 1984, il primo primo ministro della Guinea indipendente • La stilista Stella McCartney ha realizzato insieme con lui degli scarpini da calcio vegani • Innamorato della cucina italiana. Piatto preferito: gli spaghetti alla bolognese. Quando tornò al Manchester si portò in Inghilterra la cuoca italiana che lavorava per lui a Torino (ha inserito nell’accordo con il club uno stipendio per lei e la copertura delle spese scolastiche per la figlia) • Gli piacciono molto anche il sushi nippo-brasiliano e gli spaghetti con i gamberetti • Nella nazionale francese, nessuno lo batte a ping pong • Pratica anche il basket e la boxe • Il suo eroe: «Muhammad Ali. Credo abbia salvato delle vite. Un eroe è qualcuno che salva una vita, che aiuta le persone» • Legge libri sull’Islam • Gioca alla play • Ascolta rap e R&B, soprattutto Roc-A-Fella, Kanye West e Jay-Z • Film preferiti: Apocalyto di Mel Gibson e Pulp Fiction di Tarantino. Se dovessero fare un film sulla sua vita vorrebbe che a vestire i suoi panni fosse «un giovane Will Smith» • «Si rivede giocare? “All’inizio guardavo tutte le partita, ora abbiamo una app sul telefono e rivedo solo le mie giocate”. Si arrabbia mai? “Sempre. Sono un perfezionista, mio papà mi ha insegnato così. Ogni volta mi dico: ‘Ma non posso sbagliare queste cose’. Se non sei così, non raggiungerai mai la perfezione”» (La Stampa, 2/1/2016) • «I capelli, le esultanze, i social: per lei è così fondamentale essere ammirato? “La gente guarda, ma io non faccio le cose per essere guardato: le faccio per me. Ballavo anche da piccolo, mi facevo i capelli strani anche da piccolo, solo che non avevo gente attorno. Se a calcio si giocasse senza pubblico, io sarei esattamente lo stesso. Ma il mondo va così. Dovreste vedermi come sono quando non gioco”. E com’è? “Rido, faccio ridere, cerco di essere felice, vado al Carrefour a comprare il latte. Non passo il tempo a controllare quanti followers ho. Abito in un quartiere poco chic così non mi viene la tentazione di uscire e riposo di più”» (ibidem) • I suoi fratelli, meno baciati dalla grazia calcistica di lui, sono finiti nella nazionale della Guinea. Paul spera, prima o poi, di giocarci contro in un Mondiale con la maglia dei Bleus • Ancora oggi, torna sul campetto di delimitato da barriere slabbrate di legno di Roissy, ai piedi di quattro anonimi palazzoni di periferia, e finanzia il club perché possa acquistare l’equipaggiamento tecnico per continuare la sua attività. «Il suo sogno è che tra cinquant’anni un ragazzino dica: voglio diventare forte come Pogba? “No, che dica: voglio diventare più forte di Pogba”» (Gamba).
Titoli di coda «“Con l’affare Pogba ho cambiato il mercato, i prezzi sono impazziti”. Ma non ho sentito un solo club lamentarsene”. E di lei, si lamentano? “Se parlano troppo bene di me, vuol dire che qualcosa ho sbagliato”» (Mino Raiola, a Emanuele Gamba, la Repubblica, 31/12/2019).