16 marzo 2022
Tags : Giuseppe Vessicchio
Biografia di Giuseppe Vessicchio
Giuseppe Vessicchio, meglio noto col diminutivo di Beppe o Peppe, nato a Napoli il 17 marzo 1956 (66 anni). Musicista, compositore, arrangiatore, direttore d’orchestra tra i più amati, personaggio televisivo. La barba più celebre della musica italiana. A Sanremo nel 1994, 1997 e 1998 vince il premio come miglior arrangiatore, nel 2000 viene premiato dalla giuria speciale presieduta da Luciano Pavarotti. Ha vinto quattro Festival di Sanremo come direttore d’orchestra (nel 2000 dirigendo la canzone Sentimento degli Avion Travel, nel 2003 con Per dire di no di Alexia, nel 2010 con Per tutte le volte che di Valerio Scanu e, nel 2011, con Chiamami ancora amore di Roberto Vecchioni).
Titoli di testa «I contadini sanno approfittare degli inverni, io so sfruttare le fasi calanti» [Scorranese, CdS] • «Nella storia, i periodi migliori sono stati quelli in cui arte e scienza hanno camminato insieme».
Vita «Sono nato e cresciuto a Bagnoli, papà era un funzionario dell’ex Eternit. Amianto dappertutto. Stavamo in un comprensorio di palazzine, quattro famiglie: i superstiti oggi sono pochi. Io, mio fratello e mia sorella giocavamo con le vasche d’amianto. Poi c’erano anche gli aghi di ferro dell’Italsider: noi bambini ci divertivamo a riempire dei sacchi di terriccio e poi a passarci sotto dei magneti» [a Roberta Scorranese, CdS 7.3.2022] • «Noi siamo cresciuti con la musica. Canzoni napoletane da mettere sul giradischi la domenica pomeriggio, quando venivano le zie. Un fratello che cantava sin dal mattino. Io che volevo suonare la chitarra. Ma allora al Conservatorio non c’era il diploma per chitarra, così i miei mi iscrissero al Liceo Scientifico. Però scoprii che potevo frequentare il Conservatorio da uditore: non persi nemmeno una lezione sulle tecniche di direzione d’orchestra. Ero diventato amico di un custode che voleva diventare paroliere, gli davo una mano con i testi e lui mi facilitava l’ingresso, mi indicava gli orari giusti» [ibid.] • «Vede, molti si chiedono perché i cantautori napoletani siano così venati di blues, rock o jazz. Io ho una mia idea: nel porto di Napoli, negli anni Settanta e Ottanta, c’era un giornalaio che metteva da parte le riviste di musica americana destinate ai marinai statunitensi della vicina base Nato. Anche grazie a loro e ai loro dischi sono nate certe sonorità. Pensi a Pino Daniele. Noi amavamo tutto quello che veniva dal mare e così quando ascoltai per la prima volta Sérgio Mendes con Mas Que Nada capii che a Napoli c’era un potenziale enorme. Non solo per questa commistione tra la canzone napoletana e le sonorità d’Oltreoceano, ma anche per un legame più impercettibile con alcune “repubbliche marinare” come Genova» [ibid.] • Ha studiato architettura: «Perché quello che davvero mi interessa è il senso delle proporzioni, dell’armonia. È la prima cosa che cerco nella musica e forse anche nella vita» [ibid.] • Architettura, musica, dal 1975 si dà al cabaret con i Trettré: «Ero il musicista del gruppo: a un certo punto andarono via dei componenti e mi ritrovai a supplire in parti di recitazione. La situazione si doveva sanare presto, ma per questioni economiche siamo andati avanti così: dividevamo in meno persone la paga [al Alessandro Ferrucci, Fatto] • Come si trovava nelle vesti di cabarettista? «Mi rifugiavo dietro l’immagine di uno stralunato, ed è la chiave di chi non è attore: con barba e capelli assomigliavo ad Andy Luotto ai tempi di Arbore» [ibid.] • Fu il padre ad aprirgli gli occhi: «La scelta della vita chiusa in un dialogo, un’alba del 1977. “La notte ero tornato tardissimo: avevo suonato. Ma i corsi di Architettura iniziavano alle 8.30. Quindi avevo dormito poco, mi stavo preparando ed ero brusco per il ritardo. Davanti alla porta mi ferma mio padre: ‘Prima di uscire devi rispondere a una domanda’. ‘Dimmi’. ‘Se ti laurei, poi fai l’architetto?’. ‘No’. ‘E allora perché continui?’. ‘Per te’. ‘Sei pazzo? non ti ho mai chiesto una prova del genere’. ‘Sì, quando ero bambino’. ‘Quelle sono cose che si dicono!’. ‘Mi sto facendo in quattro per non mollare nulla’. Silenzio. Pausa. E poi: ‘Oggi non ci vai, stai a casa: meglio se rifletti sul tuo domani e decidi dove indirizzare le energie’”» [ibid.] • Detto fatto dopo 15 esami con la media intorno al 26-27, lascia la facoltà per la musica: «Cominciai con Peppino Di Capri, poi Fred Bongusto, Peppino Gagliardi e Bennato» [a Marco Molendini, Mess] • Nel 1977 «ero molto hippy, con la fascetta nei capelli, quasi ai margini del perbenismo sociale. A un certo punto mio padre temette che appartenessi a gruppi come le Brigate Rosse. Ovviamente si sbagliava, scappavo solo per suonare.» [Ferrucci, Fatto] • Autista di carro funebre nel film Giggi il bullo (1982): «Certe scene me le mandano di continuo gli amici. Mia moglie quel periodo se lo ricorda benissimo…» [Ferrucci, Fatto]. «Ma poi i successi musicali con artisti come Vanoni, Paoli e molti altri hanno deciso per me» [Scorranese, cit.] • «Conobbi Gino a casa di Maria Pia Fanfani, una cena piena di gente, c’era anche Stefania (Sandrelli, ndr.). Ci sistemammo nella stanza dei cappotti, gli feci ascoltare due miei brani. Concordammo sul migliore e quando io poi gli dissi “Bene, è fatta, lavoriamo assieme?” lui si alzò e, allontanandosi, mi rispose “No, manco so chi sei, non ti ho ancora baciato in bocca” [ma] gli voglio bene. Gino ha una pallottola conficcata nel cuore eppure quando poi iniziammo a lavorare assieme e ci isolavamo a Ischia per giorni interi, lui beveva whisky e si immergeva in mare per oltre tre metri. Uomo fortissimo» [ibid.] • «Con cui ho lavorato tanto. Da Una lunga storia d’amore a Ti lascio una canzone che firmai come coautore» • Rapporto più difficile con Ornella Vanoni con cui va in tour nel 1985: «Eh, Ornella è una grande artista e ci teneva a rimarcare la sua statura. Dopo ogni concerto io scappavo e evitavo il suo camerino perché sapevo che ci sarebbe stata una sfuriata. Una volta lei stava provando, io continuavo a interromperla finché lei mi lanciò una scarpa. Esasperata» [Scorranese, cit.] • Con Pino Daniele percepiva il genio? «Era lampante; (ci pensa) è stata la persona in grado di raccogliere tutti gli umori e le sperimentazioni del periodo; il genere che Pino ha magistralmente portato avanti già esisteva con Enzo Avitabile, ma lui ha captato le forze, le ha coniugate e rese vincenti; il suo primo disco ognuno di noi lo ha comprato e ascoltato attentamente. Secondo James Senese, Pino Daniele non era molto amato» [Ferrucci, cit.] • Apprezza anche «Daniela Dessy, per la profondità del suono della sua voce. Il trombettista Fabrizio Bosso, per la straordinaria musicalità nonché l’abilità con la quale improvvisa, al pari di Lele Melotti (che in totale riserbo vanta prestigiosissime collaborazioni internazionali) per come riesce a rendere armoniosa un’esecuzione batteristica di sequenze ritmiche» [ad Alessandra Menzani, Libero] • Ha lavorato anche con Elio e le Storie Tese, Syria, Fiordaliso, Lorella Cuccarini, Avion Travel, Ron, Biagio Antonacci, Fred Bongusto, i Baraonna, Tom Jobim, Ivana Spagna, Max Gazzè • Il suo primo Festival di Sanremo risale agli anni in cui non c’era l’orchestra. È il 1986. «Accompagnai Zucchero che tentava per l’ennesima volta una sua esibizione sperando in un successo, con Canzone triste. Noi eravamo degli accompagnatori. C’era la neve quell’anno a Sanremo. Ricordo che la prima volta che vidi quella giostra fui impressionato» [Lunatici, Radio 2] • «Negli Usa ho diretto un solo concerto per una comunità di emigrati italiani a Houston nell’87» • L’orchestra a Sanremo è arrivata nel ’90 lui è con Mia Martini e Mango, quando però Gabriella Carlucci e Johnny Dorelli lo presentano scopre che una vena sul collo gli batte a ritmo furioso: «Appena voltai la schiena, trovandomi l’orchestra davanti, la vena all’improvviso smise di fremere. Oggi non pulsa più. Almeno quando mi annunciano al Festival» [Menzani, cit.] • «Mia cantava La nevicata del ’56. Mimì, che artista straordinaria. Spessore, profondità. Una volta, in uno studio di Roma, sentii una voce intensissima: era lei che cantava Almeno tu nell’universo. Cominciammo a lavorare assieme e lei, dopo la lunga assenza dalla musica, era come rinata. Ricordo una serata sulla terrazza della mia casa romana: feci arrivare un carico di mozzarelle solo per lei. Era felice, voleva cantare» [Scorranese, cit.] • «Ho un ricordo bellissimo anche di Mango: nei giorni del Festival, dopo le prove, una sera si mise a cantare pezzi della canzone napoletana in albergo. Si formò una tribunetta di persone a guadarlo» [Lunatici, cit.] • «Ha suonato in Mondovisione al Cremlino. Putin com’è? “Veramente all’epoca governava Gorbaciov”. Ci accontentiamo, ce lo racconta? “Per la prima volta la Piazza Rossa fu utilizzata per un evento che non appartenesse all’ordine del giorno. Luci basse, controlli, atteggiamento di diffidenza endemico. Soffrivo per coloro che dovevano esercitare questo ruolo di continuo controllo. Piuttosto cambierei vita, ritirandomi a coltivare rape e fagioli”» [Menzani, cit.] • Dal 2001 al 2012 e poi di nuovo dal 2018 a 2022 è ad Amici di Maria De Filippi: «“C’era un’esposizione quotidiana molto forte in un luogo dove poteva avvenire di tutto”. Poi c’è stato il divorzio. “Venne fatta la scelta di puntare sulla scena, dove l’orchestra sarebbe stata d’impaccio. Ho continuato a lavorare per due o tre anni sulle basi, poi ho lasciato, per tornare all’amata musica classica, abbandonata a 20 anni”» [Molendini, cit.] • «Ho lavorato per cantanti stranieri come Sarah Brightman, con Bocelli per Sogno, che ha venduto 9 milioni di copie» [ibid.] • Nel 2017, unico anno in cui non dirige a Sanremo, scrive un libro per Rizzoli: «I pomodori hanno fatto sempre parte della mia vita e si ritrovano anche nel titolo (La musica fa crescere i pomodori, ndc). Nel libro racconto come ho incontrato la musica e di quello che ha tentato sempre di indurmi a osservare. Le piante mi hanno dato un grande aiuto a interpretare cose che sentivo ma non riuscivo a definire» [Menzani, cit.] • Nel 2018 suona per mozzarelle, pomodori, vino, melanzane, pasta e cipolle: «Sono partito da uno studio scientifico fatto nel Wisconsin, anni fa: stabilì che le vacche facevano più latte se si suonava Mozart. Hanno provato anche coi Led Zeppelin, ma con risultati pessimi. Ho pensato che non poteva essere un motivo culturale. Ci doveva essere una ragione fisica: ovvero, le vibrazioni musicali. Se rispondono al principio delle armonie naturali, fanno trovare alle componenti degli alimenti la migliore coerenza fra di loro. Ci lavoro da dieci anni e ho scritto anche un libro. E ora vado avanti con l’aiuto di un musicoterapeuta. Sere fa, davanti a un po’ di enologi a Guardia Sanframondi, dove si fa la falanghina, ho preso 8 bicchieri della stessa bottiglia. Quattro li ho lasciati sul tavolo, gli altri li ho messi sull’ipad mentre suonava Bach. Dopo 12 minuti, il vino ha cominciato a cambiare colore. E, all’assaggio, il gusto era decisamente migliorato fra le facce sbigottite degli esperti. Sui pomodori l’esperimento è stato confortato dai risultati di uno spettrofotometro. L’ho fatto anche in teatro a Taormina, con una mia composizione. Dopo 15 minuti un biologo molecolare svizzero ha constatato gli effetti. Ci sono cantine che mi chiamano per suonare le botti» [Molendini, cit.] • È anche produttore di un vino particolare, che invecchia con la musica, in collaborazione con un’azienda vinicola biodinamica di Pietranico, in Abruzzo [Scorranese, cit.] • Sempre nel 2018, a Firenze a Rockin’ 1000, dirige un’orchestra con 1.500 elementi: «È stato pazzesco. C’era ospite Courtney Love, ma ho chiesto di aprire con il Preludio n.1 di Bach» [Molendini, cit.] • Ancora nel 2018 è direttore musicale delle iniziative dell’Antoniano • «Il rock è uno dei linguaggi più tribali e semplici che entra dentro la gente. È leggero, come insegnava a esserlo Calvino e può essere sublime introiettando anche Bach» [a Marco Gaspetti, CdS] • Nel 2020 a Sanremo riceve una standing ovation: «Ero emozionato ma anche imbarazzato. La mia figura per quanto possa essere importante per l’esecuzione è diversa rispetto a quella del cantante. Sul palco c’era Patty Pravo e io infatti continuavo ad indicare lei, per dire al pubblico che era lei quella che doveva essere applaudita. Mi sono voltato e ho visto che anche lei mi stava applaudendo. Il pubblico mi vuole bene perché sono diventato una figura familiare» [Lunatici, cit.] • Durante il lockdown sfrutta il tempo per studiare anche la polifonica vocale del Seicento [Ferrucci, cit.] • Questa per lei che fase è? «Fertile. Sto studiando zone d’ombra mai approfondite della musica, per esempio le connessioni con la fisica. Il fatto che la musica non si percepisce solo con le orecchie. La musica trova altri canali e crea nuovi equilibri. A giugno (2022, ndc) avrò l’onore di dirigere l’orchestra per i cento anni della Cattolica, c’è un progetto con i Laboratori Nazionali di Fisica del Gran Sasso» [Scorranese, cit.] • A Sanremo 2022, il suo 26esimo festival, si esibisce insieme a Le Vibrazioni suonando il piano nella cover di Live and Let Die dei Wings • Per Alexa, assistente personale intelligente, lei è il Presidente della Repubblica ideale. «Se lo dice lei». Che cosa farebbe se, per assurdo, venisse eletto capo dello Stato? «Mi batterei per introdurre la musica sin dalle scuole elementari. Perché conosco il valore taumaturgico della musica, so che cosa è in grado di fare. Eppure vedo che in tutti i modi si cerca di alleggerire i nostri ragazzi dall’impegno, come se si temesse di affaticarli. Via il greco, meno latino, la storia dell’arte che non serve: io credo invece che bisogna insegnargli la complessità» [ibid.] • Anche Luciana Littizzetto lo ha sempre considerato adatto al ruolo di presidenza foss’anche solo per la somiglianza con Giuseppe Verdi [Vanity]• «Io amo i rapper, perché, vivaddio, ci hanno restituito una sorta di verismo. Ci stavamo invischiando in un tempo sospeso tra la nostalgia e il futuro. Ma il punto è un altro: la complessità fa paura, il linguaggio più articolato spaventa. Prendiamo la parola immunizzare: tutti i grandi scienziati dicono che l’immunità perfetta non l’abbiamo ancora trovata, eppure continuiamo a usare quel termine come sinonimo di difesa totale e sa perché? Perché non abbiamo voglia, tempo, coraggio intellettuale di trovare una parola diversa. Così nelle canzoni» [Scorranese, cit.] • «Il fatto che la musica, dopo tanto tempo mi diverta ancora. Vede, io amo i dilettanti perché nei loro occhi scorgo una luce che nei professionisti si è spenta. Divertitevi, divertiamoci, coltiviamo le cose per diletto. È la raccomandazione che da sempre faccio a mia nipote Teresa e che presto farò anche alle mie due bisnipotine, Alice e Caterina» [Scorranese, CdS 19.8.2021].
Curiosità Non fuma. «Non potrei permettermelo, ho 65 anni ma polmoni non perfetti. Papà è morto per complicazioni respiratorie, mia madre di tumore» [Scorranese, cit.] • È ambasciatore Unicef • Nel 2020 dice di voler lasciare la campagna Adotta un violinista di Sanremo: «Mi riferisco agli “aggiunti musicisti” che non appartengono all’orchestra sinfonica. Guadagnano 50 euro al giorno per dodici ore di lavoro. All’estero si metterebbero a ridere» [Lunatici, cit.] • Sotto la doccia intona La gatta di Paoli: «Mi mette il buon umore» [Ferrucci, cit.] • A casa, anche se sto componendo, quando posso mi diletto a cucinare per poi mangiare, e bere» [Menzani, cit.] • Ha un gatto «che ho chiamato Gatto» [a Luigi Bolognini, Rep].
Amori A 32 anni s’è sposato con Enrica Mormile, conosciuta a vent’anni: «Ci siamo incontrati e riconosciuti subito, ma abbiamo aspettato. Volevamo capire, sentire. La scienza studia principalmente il cervello, ma noi siamo fatti di tante altre cose. Per esempio, se mi stacco qualche ora da mia moglie poi ho bisogno di sentirla al telefono, ma non per senso del possesso: è per recuperare una parte di me» [Scorranese, cit.] • Non ha Facebook né Instagram • «Non mi sono mai sentito sexy. Faccio un uso ancora antico del telefono, limito molto i contatti di un certo tipo» [Lunatici, cit.]
Titoli di coda Chi è lei? «Un uomo che si occupa di musica».