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 2022  marzo 23 Mercoledì calendario

Biografia di Gianīs Varoufakīs

Gianīs Varoufakīs, all’anagrafe Iōannīs Geōrgiou Varoufakīs, (translitterato Yannis Varoufakis con due «n» diventato poi Yanis per venire incontro ai limiti della pronuncia inglese e farsi ricordare con più facilità), nato ad Atene il 24 marzo 1961 (61 anni). «Marxista occasionale» ed «economista per caso». Politico. Ministro delle Finanze della Grecia dal 27 gennaio al 6 luglio 2015. Leader di DiEM25, deputato di Mera dal 2019. Docente di Economia.
Titoli di testa «La poesia è l’unica arma di cui disponiamo per impedire ai sogni di mutarsi in incubi».
Vita Di buona famiglia, il padre è un importante ex manager di Stato • «Durante la guerra civile (tra partigiani comunisti e governo monarchico nell’immediato dopoguerra, ndr) mio padre fu internato per quattro anni in un campo di detenzione. Motivo: si era rifiutato di denunciare dei comunisti. Era un liberale, educato nello spirito della Rivoluzione francese. Rousseau, Voltaire, questi erano i suoi idoli. Per lui, la libertà dello spirito è sempre stata importante. Mio padre, la persona più amichevole di questo mondo, venne brutalmente torturato» [Fatto] • «Mia madre, in origine, odiava tutti quelli di sinistra, era membro di un’organizzazione terroristica di estrema destra. Uno dei suoi compiti era di spiare mio padre, presidente della Lega studentesca di Atene. Così si sono conosciuti» [Fatto] • Da piccolo voleva guidare i treni • «Mia madre parlava bene tedesco e quando io avevo tre anni, cominciai anch’io a studiarlo. Dal mio sesto anno di vita in poi, durante la dittatura, quasi ogni sera verso le otto, le nove, ascoltavo alla radio, segretamente, in casa, assieme ai miei genitori, le trasmissioni di Deutsche Welle. Era il nostro legame con la libertà. Così ho appreso di Willy Brandt. Ogni estate in quei tempi bui della dittatura andavamo in ferie in Germania o in Austria. Era una breve fuga dalla dittatura» [Fatto] • Ha frequentato una scuola privata greca, poi direttamente alla «Red University, così Margaret Thatcher descrisse l’Università dell’Essex» [al Financial Times] • È Andreas Papandreou, fondatore del Pasok, a scrivere la lettera di referenze che gli apre le porte della prestigiosa University of Essex [Natale, CdS] • A 13 anni la prima delusione, quando scopre di non essere un bravo pianista • Nel 1988 trascorre un anno come fellow all’Università di Cambridge • Poi l’Australia, dove si ritrova a insegnare in un’università di destra che lo ha scelto «per estromettere un altro candidato pericolosamente di sinistra». Nelle notti australiane conduce un programma sulla radio nazionale che sarà sospeso dal governo per le sue idee eretiche [ibid] • Nel 2000 ritorna in Grecia: «La combinazione tra la nostalgia e la noia per la svolta conservatrice dell’Australia (con il governo di quell’infame ometto, John Howard), mi portarono a tornare in Grecia» • Professore di Teoria Economica all’Università di Atene, dove nel 2002 istituisce The University of Athens Doctoral Program in Economics (UADPhilEcon) che dirige fino al 2008. A partire dal 2010 si avvicina ad Alexis Tsipras e partecipa al progetto di Syriza, battendosi contro l’austerity imposta dall’Europa al suo Paese. Nel 2012 scrive il suo primo libro, Il Minotauro globale – l’America, sull’origine della crisi globale [Lettera43] • La realtà è complessa, spiegava in un documentario girato nel 2012 con la tv britannica Channel 4 nel quale partiva dalla favola di Esopo sulla cicala e la formica per spiegare la crisi del debito. «Nel video Varoufakis criticava la conflittualità alimentata dai mezzi d’informazione che presentavano i tedeschi come laboriose formiche e i greci come irresponsabili cicale e concludeva che gli uni quanto gli altri pagano il prezzo del salvataggio delle banche. Il primo passo per trovare una soluzione, sosteneva, è “abbandonare gli stereotipi”» [Natale, CdS] • Riceve minacce di morte dirette alla sua famiglia per aver reso pubblici degli scandali finanziari. Questo fattore, unito alla chiusura dei suoi corsi all’università e ai tagli dello stipendio, lo portano a Austin dove dal gennaio 2013 al gennaio 2015 insegna all’Università del Texas • In America lavora anche per il colosso dei videogiochi Valve: il fondatore, Gabe Newell, assiduo lettore del suo blog, vede in lui l’uomo capace di risolvere i problemi teorici dell’economia del cyberspazio. In particolare, Varoufakis si occupa degli scambi di oggetti sul mercato virtuale. Il suo prodotto di punta sono i cappelli [Natale, CdS] • Studioso di teoria dei giochi, apprezzato in Europa da signore democratiche e ragazze aggiornate. Criticato perché spericolato nelle dichiarazioni (ha definito i creditori «terroristi»), oggetto di perplessità in quanto prototipo e apoteosi del narciso accademico che si dà alla vita pubblica [Maria Laura Rodotà] • Definito da Stern «uno che trasuda virilità classica come quella dei busti greci» e «un buttafuori che chiede documenti, o che avrebbe potuto vendere Rolex per strada» [The Independent] • I primi a scommettere su di lui sono i socialisti, quelli scaraventati ai margini della scena politica dal ciclone Tsipras [Natale, CdS] • Di nuovo in Grecia, entra nella grande politica come consigliere di George Papandreou, figlio di Andreas, ex premier socialista rimasto fuori dal Parlamento: «Ho lasciato il mio lavoro alla University of Texas per buttarmi nella mischia e restarci» • È Varoufakis il primo a paventare il default della Grecia, conquistandosi il soprannome di «Mr. Catastrofe». Quando Papandreou avvia i primi colloqui con il Fondo monetario internazionale, Yanis lascia l’incarico e si avvicina ai gruppi radicali che si stanno coagulando nella galassia di Syriza [Natale, CdS] • Viene nominato ministro delle Finanze il 25 gennaio 2015: «Ho 54 anni, e non ne posso più: sono cresciuto con la dittatura dei colonnelli e mi ritrovo sotto la tirannia delle banche e degli economisti sedicenti liberisti» • «Il nuovo ministro greco dell’Economia è un matematico di passaporto australiano che assomiglia a un boxeur e si veste come un rocker. Ma il suo rifiuto di adeguarsi all’esperanto sartoriale del potere è anche un segnale politico. Si può essere diversi, si può cambiare lo schema. Il ministro scamiciato viene fatto passare per comunista o per pazzo, eppure dice cose di buon senso. Per esempio che la Grecia pagherà i debiti quando ricomincerà a vivere perché pagarli adesso significherebbe morire. Forse Varoufakis durerà poco. Di sicuro, come tutti i monelli, ispira simpatia» [Gramellini, Sta] • «Corporatura da palestrato, capelli rasati, giacca di pelle, sempre a cavallo della sua Yamaha per gli spostamenti, si presenta ai greci con una frase di Dylan Thomas: “La democrazia greca oggi ha scelto di smettere di scivolare docilmente verso il buio della notte. E ha deciso di ribellarsi contro il morire della luce”» [Ansa] • Maria Serena Natale: «Con le sue analisi controcorrente e i motti spiazzanti si è imposto nel dibattito pubblico greco come mente brillante e anticonvenzionale, fino a diventare un’autorità del pensiero alternativo al rigorismo di marca germanica. Ma ha sempre rifiutato gli schematismi che contrappongono Nord e Sud del continente» [Natale, CdS] • «Che potesse rubare la scena e crearsi qualche nemico si era capito. Lo hanno dipinto come un dio sceso dall’Olimpo per salvare i greci dalla finanza e dall’europolitica, vestito da Spock o Terminator a seconda dell’occasione. Uno che potrebbe tranquillamente rispondere come Bruce Willis in Die Hard: “Ho abbattuto un elicottero con la macchina. Avevo finito le pallottole”. In Europa è diventato un sex symbol, impazza persino tra i terribili tedeschi. In Grecia tutti sanno a che ora esce di casa ogni mattina, dove va a fare jogging, come passa i weekend. Il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis è un idolo, e gli idoli non hanno il posto fisso» [Natale, Cds] • Spesso inclina in avanti la fronte spaziosa, si lascia cadere leggermente verso destra e poi alza la vista, inarca le sopracciglia, punta e spara dal profondo [HuffingtonPost] • Definito un falco, arriva a Bruxelles con l’aria minacciosa di chi vuole smascherare la Troika e la cancelliera Merkel. «Nel primo faccia a faccia con Wolfgang Schaeuble, a Berlino, l’austero ministro delle Finanze scoppiò in una (rara) risata dopo cinque minuti. “A chi devo dare retta?”, chiese un po’ sorpreso, dopo che Varoufakis era stato interrotto per la terza volta da un funzionario di Syriza che tentava di riportarlo sulla linea ufficiale del partito. Dopo la risata iniziale, il rapporto tra i due si è trasformato in un pianto» [Tonia Mastrobuoni, Sta] • L’Eurogruppo a Riga lo definisce «Un perditempo, un giocatore d’azzardo, un dilettante» • Accusa i media di essere «tossici», l’Italia di «essere in bancarotta»: «Mi odiano tutti e sono felice del loro odio» (citando Rossevelt) • «Posso dire che tutto quello che sta accadendo in Grecia in questi giorni lo avevano preparato fin dall’inizio, che già cinque mesi fa era pronto un piano per farla finita con un governo che non accettava di farsi ricattare dall’establishment europeo» [Ansa] • «Varoufakis non ha certo fatto molti sforzi per accreditare l’immagine di un politico ragionevole. L’ultima uscita è stata alla vigilia del referendum, quando ha trattato i creditori come “terroristi”. Era stato sempre lui a dichiarare, unilateralmente, il decesso della Troika, lui a esasperare Fondo Monetario internazionale & compagnia tenendo dotte lezioni di macroeconomia invece di discutere i programmi di riforme, lui a ricordare da buon professore ai colleghi dell’Eurogruppo che la “democrazia non è un lusso” ed ancora lui a paragonare via tweet l’Eurozona all’Hotel California “da cui non si esce mai” che cantano gli Eagles. Il 24 aprile, a una riunione dei ministri delle Finanze a Riga, fa perdere le staffe a tutti colleghi con le sue arie da professorone. “Ci viene a fare lezione, dimentica che è Atene ad avere bisogno di noi e non il contrario” sbotterà un funzionario. Lui ribatte facendo sapere che ha le prove di non aver fatto nessuna brutta figura visto che registra sempre tutte le riunioni» [Pierantozzi, Mes] • «Cos’altro avrei potuto fare se non dare qualche lezione. Non potevo non esprimere il mio disaccordo su come l’Europa ha gestito la crisi. Avrei dovuto fingermi lobotomizzato solo perché nessuno voleva starmi a sentire?» • Per Romano Prodi Varoufakis «non è un dilettante perditempo. Però è stato una grande delusione, invece di stare ad Atene con il cacciavite, a fare i conti, lui andava in giro per il mondo a fare il divo. E a Bruxelles si sono irritati in un modo che lei non immagina neanche. Tensioni terribili» [Da Rold, Sole] • «Sono trattato come uno strano uccello, perché parlo di macroeconomia. È sorprendente per me che il tenere una discussione semi-sofisticata di economia sia quasi considerata una maleducazione» [al Wall Street Journal] • «La Grecia resterà nell’euro. I depositi nelle banche greche sono al sicuro. I creditori hanno scelto la strategia del ricatto, con la chiusura delle banche. L’impasse attuale è dovuta a questa scelta da parte dei creditori, non dalla decisione del governo greco di sospendere le trattative o da nessun piano greco di Grexit e svalutazione. Il posto della Grecia nell’eurozona e nell’Unione europea non è negoziabile» (la campagna per il No di Varoufakis al referendum del 5 luglio 2015) • «E poi a Berlino e a Bruxelles non volevano più Varoufakis tra i piedi. Tsipras ha dovuto consegnare la sua testa come pegno di buona volontà per riaprire la trattativa e ottenere aiuto in una giornata che si annuncia drammatica» [Cazzullo, CdS] • Consegna le sue dimissioni il 6 luglio: «Varoufakis ha fatto un lavoro straordinario, sparigliando le carte sul tavolo. La sua opposizione vocale alla Troika è stata la chiave per ridare dignità al nostro paese dopo cinque anni di colonizzazione delle istituzioni» (Yannis Dragasakis, il vicepremier greco che ha sostituito Varoufakis nei colloqui con la Troika) • Poche ore dopo le dimissioni era al bar con la moglie e qualche amico. Lorenzo Salvia del Corriere gli chiede se è vero che lascerà Atene: «“E chi l’ha detto che me ne vado dalla Grecia? Sono un parlamentare di questo Paese e continuerò a fare qui il mio dovere. I am here to stay. Questa è la mia patria e chi dice che non ho avuto il coraggio di continuare è soltanto invidioso”. Almeno un libro lo scriverà, però? “Ma no, io non sono uomo da libri”. Aveva detto che si sarebbe dimesso in caso di vittoria del Sì. Perché ha lasciato se a stravincere è stato il No? “Non potevo fare diversamente. Mi dispiace, ma non c’erano più le condizioni per lavorare e credo che la mia sia una scelta responsabile. Spero comunque che il governo trovi un’intesa con l’Europa. E sono convinto che andrà così”» [Salvia, CdS] • «“Varouf”, come lo chiamano qui, se ne sarebbe andato in ogni caso, anche se avesse vinto il Sì. Ma in questo modo esce di scena da vincitore. Yanis tornerà a insegnare all’università, terrà conferenze remuneratissime (ma per beneficenza), scriverà un libro, si farà intervistare alla Cnn. Diventerà il simbolo del pensiero critico, della campagna contro lo strapotere della finanza, della resistenza irriverente ai poteri internazionali; il paladino dei popoli, il testimonial di “un altro mondo è possibile”. Stiglitz, Rifkin, Krugman, Piketty rischiano la seconda fila. Il ministro si è dimesso; ma il Varoufakis Show è appena cominciato» [Cazzullo, CdS] • Nel febbraio del 2016 lancia un proprio movimento politico, il Movimento per la democrazia in Europa 2025 (DiEM25), volto a promuovere una riforma radicale della struttura politico-economica dell’Unione europea e col suo nuovo partito Fronte della Disobbedienza Realistica Europea (MeRA25), legato a livello europeo al suo stesso DiEM25, è stato eletto deputato al Parlamento ellenico a seguito delle elezioni greche del 2019: «Yanis Varoufakis mi mette in un Truce-mood. Dovrebbe aprire una boutique di materiali sado-maso. È proprio un fiero imbecille, un vanitoso, un bambino viziato, di quelli che nella vita e nella politica cercano l’amor proprio e basta, se ne sta con la sua lista di disturbo, nel mezzo della probabile sconfitta elettorale di Alexis Tsipras, il gemello buono e intelligente, nella migliore tradizione dei bellâtres di estrema e ineffabile sinistra. È di quelli che la sanno lunga e molto coraggiosa, che la dicono senza remore, che sputazzano la loro fiera coscienza di piccoli narcisi nei salotti bene dell’accademia mondiale, tra i capitalisti corrivi e compiacenti, tra giornalisti innamorati delle sue metafore insensate sul Minotauro globale, ballando in terrazza con vista Acropoli mentre tutto il carico della manovra, dell’arte del possibile, della compromissione con la realtà pesa sulle spalle dei “traditori”. Nella mia vita di comunista italiano, e poi di vagabondo per quasi quarant’anni dell’anticomunismo razionale e non bigotto, ecco, di tipi così frou-frou ne ho incontrati a derrate, e mi hanno sempre fatto molto senso […]. È sempre lo stesso militante orgoglioso del nichilismo protestatario impotente, è sempre il piccolo Trotsky di Atene, si finge tradito e perseguitato dall’alto del suo combattimento agiato sado-maso. Avrà i complimenti della haute internazionale, le pernacchie del popolo, e nella loro modestia ecco i miei insulti Truce-mood» [Giuliano Ferrara, Foglio] • «Io ho lavorato per due anni in un’impresa di Seattle con 450 impiegati e un fatturato di 2 miliardi. Non c’era nessuna gerarchia e i proventi venivano distribuiti tra i lavoratori. Non era una cooperativa, ma un’impresa in cui i proprietari erano coloro che ci lavoravano» • Contro Draghi: «Umanamente Draghi è come tutti gli altri a Bruxelles e Francoforte, almeno per come lo ricordo all’Eurogruppo. Politicamente è al servizio dell’ordine finanziario. Tecnicamente è molto capace, e ha mostrato grandi capacità di capire cosa va bene e cosa no nella logica del servizio all’ordine finanziario e all’establishment. In questo senso è il premier ideale per l’Italia, se quello che voi veramente volete è implementare le politiche di Bruxelles e Berlino, e di fingere che il Recovery Fund è veramente la salvezza dell’Italia. Mentre non è altro che un pacchetto di debiti» [a Radio Popolare nel 2021] • Nel 2018 scrive Adulti nella stanza. La mia lotta contro l’establishment europeo (La nave di Teseo), «uno dei migliori memoir politici di tutti i tempi», stando al Guardian, «un racconto che tiene con il fiato sospeso come nei migliori noir» secondo Noam Chomsky. Da ultimo ha scritto un romanzo Un altro presente che di «romanzesco ha poco perché somiglia piuttosto a un baldanzoso pamphlet (munito persino di indice analitico) ancorché di piacevolissima lettura. Perché ha scelto una forma fantascientifica per scrivere un romanzo politico “Perché la fantascienza è l’archeologia del futuro”» [a Bruno Ventavoli, TuttoLibri].
Amori Durante gli anni di Sydney s’innamora di Margarite, una sua collega greco-australiana. I due si sposano e tornano a vivere in Grecia. L’amore però non dura. I due si lasciano e poi si riprendono per qualche tempo prima di capire che è il momento di voltare pagina. Margarite torna in Australia e scopre di essere incinta. Varoufakis corre a Sydney per la nascita di Xenia e convince Margarite a tornare in Grecia. Cinque anni dopo però Margarite prende la piccola e se ne torna in Australia. Lui si dispera. Si lascia andare alla deriva finché non incontra l’artista Danae Stratos • I due si sono conosciuti a un vernissage. Figlia di Phaedon, erede della dinastia industriale che ha fondato il marchio tessile «Peiraiki Patraiki» (durante la guerra erano loro a rifornire l’esercito di coperte e stoffe per le uniformi), e della scultrice Eleni Potaga, amata dai galleristi di tutto il mondo [Natale, Cds 16/3/2015] • Condividono da anni la casa al primo piano di uno stabile di proprietà della famiglia Stratos, all’ombra del Partenone – l’appartamento con terrazzo ritratto nelle foto che sono comparse sulla rivista francese Paris Match e che hanno sollevato un coro di critiche internazionali: «Non avrei mai dovuto concedere quella seduta fotografica, me ne pento» [Natale, Cds].
Curiosità «Curiosando sugli scaffali della sua libreria vediamo una biografia di Che Guevara, trattati sui movimenti dei poveri, saggi consacrati alla struttura della protesta...» [Velasco, El Mundo] • Il libro più importante della sua vita è L’Odissea. Quello che lo faceva sognare da bambino è L’isola misteriosa di Verne. Il testo più importante per la sua formazione politica I Manoscritti economico-filosofici del 1844 di Marx [Bruno Ventavoli, TuttoLibri] • Soprannomi: Varouf, Varouficos per le groupie e Fuffakis per gli invidiosi [Mastrobuoni, Sta] • Grande sostenitore del dormire bene: «L’Ue oggi sarebbe un posto migliore se la mancanza di sonno non fosse stato un fattore determinante negli accordi dei nostri leader?» • Adora le due ruote: «Ho sessant’anni, ma ancora oggi, tutte le volte che salgo sulla mia moto, sento lo stesso brivido, lo stesso sorriso sul volto di quando ne avevo sedici».
Titoli di coda Smetterà di fare politica? «No, mai. Ogni mio respiro è quello di un animale politico, per usare l’espressione di Aristotele».