24 marzo 2022
Tags : Leonardo Spinazzola
Biografia di Leonardo Spinazzola
Leonardo Spinazzola, nato a Foligno (Perugia) il 25 marzo 1993 (29 anni). Calciatore, di ruolo difensore o centrocampista. Giocatore della Roma (dal 2019; già Juventus, Atalanta, Perugia, Vicenza, Siena, Lanciano, Empoli) e della Nazionale italiana (dal 2017). Vincitore, con la Juventus, di un Campionato italiano (2018/2019) e di una Supercoppa italiana (2018), e, con la Nazionale, di un Campionato europeo (2020). «Nella Primavera della Juve ci mettevano in testa che bisogna solo vincere: è la mentalità giusta. Tanto, ci pensa il tempo, a farti capire che tutto e subito non esiste, tranne che per pochi eletti» (a Maurizio Crosetti) • «Papà Raffaele aveva un ingrosso e andava a prendere gli ordini in giro per l’Umbria, le Marche e l’Abruzzo. […] C’è sempre stato. Lavorava, e la sera quando rientrava facevamo a lotta sul letto». «Papà Raffaele, per gli amici Lello, “era un attaccante velocissimo: la tecnica, invece, per Dna me l’ha trasmessa mio zio Roberto”, dice Leo)» (Massimo Castellani). Già da piccolo, «calcio e poi ancora calcio. Dalla mattina alla sera giocavo con il pallone sotto casa. Abitavo a Foligno in un quartiere dove c’era una pista di pattinaggio che noi bambini della zona usavamo come nostro campo ufficiale. Si partiva alle 10, poi dopo il pranzo alle 16 tutti di nuovo giù per fare il torneo del pomeriggio. Giusto una pausa per la cena, e alle 22 ero ancora in strada per partita e nascondino finale». «Da piccolo ero sempre a giocare a pallone: mia mamma doveva portarmi via dal campo dopo avermi rincorso a lungo» (a Luca Valdiserri). «Volevo entrare in squadra già a 4 anni, ma ho dovuto aspettare fino a 6» (a Matteo Magri). «“Io sono stato il primo fortunato ad allenarlo”. L’orgoglio di Federico Ranucci. Il primo allenatore, quello che non si scorda mai. […] “Lo conobbi quando aveva 5 anni: un bambino splendido, solare e sensibile”. Capelli a caschetto e una marcia in più nelle gambe. Ma soprattutto “calcisticamente di un altro pianeta”. Piccola polisportiva, la Virtus Foligno. Seconda Categoria umbra. La sede proprio lì, sotto casa Spinazzola. “Abitava proprio sopra al campo, veniva all’allenamento da solo”, […] continua Ranucci. Dal tono di voce si percepisce tutto l’affetto nutrito per il suo pupillo. “Leo ha giocato in attacco fino ai Giovanissimi: voleva segnare a tutti i costi. […] Cercava di imitare Ronaldo, Del Piero e Rui Costa: tentai di convincerlo a diventare juventino come me, ma lui stravedeva per i suoi idoli più che per una squadra in particolare”» (Alberto Trovamala). «Andavo malissimo alle medie, perché ero di carattere un pochino… acceso, e rispondevo male un po’ a tutti. Da cosa nasceva? Forse l’età, non lo so. Io mi sono sempre comportato bene con i compagni, però rispondevo ai più grandi: ero un pochino presuntuoso sia con i prof che con i mister. Menomale che me ne sono andato presto e mi hanno dettato le regole…». «Un predestinato, che, a 14 anni, […] ha fatto la valigia, ha salutato il barbiere di Foligno (“Da bambino mi incantavo nel vederlo tagliare i capelli”), le due sorelle più grandi, Valentina ed Elisabetta, ed è salito su un treno con un biglietto di solo andata per Siena» (Castellani). «All’inizio è stato difficile. Ricordo di aver subìto un infortunio alla caviglia e di essere stato fermo due mesi. Appena rientrato, ecco uno stiramento. Ho chiamato i miei perché volevo tornare a casa. Mia madre mi ha chiesto di pensarci bene perché probabilmente non avrei avuto un’altra possibilità di diventare calciatore. Per fortuna l’ho ascoltata». «“Ho capito che quella del professionismo era la mia strada, ed è con quello spirito umile e tenace, che credo di aver preso da mamma, che ho proseguito ancora più su, fino a Torino”. Il suo ex mister al Siena, Marco Baroni (“il primo a dirmi che se volevo arrivare in alto dovevo imparare a difendere, giocando da terzino”), lo chiama alla Juventus. […] E lì, a Vinovo, Leo scopre la dura legge del gol e dei “condannati” a vincere, fin da piccoli. “Il convitto di Moncalieri all’inizio mi sembrava una galera. Guardie e controlli continui, allenamenti, calcio e studio (ho strappato il diploma di liceo scientifico). Ma con il senno di poi penso che quella sia la giusta linea educativa da tenere con i ragazzi, specie se minorenni. Nelle altre società, rispetto alla Juve o all’Atalanta, si tende a lasciare i giovani un po’ troppo liberi, e questo poi crescendo è un prezzo che inevitabilmente si paga”. Spinazzola ripaga l’apprendistato juventino regalando ai bianconeri il Viareggio del 2012, in cui viene incoronato miglior giocatore del torneo. Sembrava il fantastico preludio all’ingresso nella prima squadra degli invincibili di Antonio Conte, e invece era solo l’inizio della classica e sudata gavetta. Sette tappe in appena un lustro e tanti infortuni che hanno messo a dura prova il suo spirito jovanottiano di pensatore positivo» (Castellani). «Ho faticato parecchio a trovare il ruolo giusto in campo. A Empoli con Sarri ho cominciato da esterno d’attacco, però non si vinceva e lui cambiò modulo, così non c’era più spazio per me. Andai via, volevo giocare. Ma neanche a Lanciano trovavo posto. A Siena mi dicevano “Aspetta, porta pazienza e il tuo momento verrà”: giocai molto bene da gennaio a giugno, poi passai all’Atalanta, dove Colantuono mi mise fuori dopo poche partite. Niente. Andai via anche da lì. […] Tutti hanno fretta. Finisce che gioco poco anche a Vicenza, in B, sceso di categoria, e finalmente a Perugia con Bisoli comincio a fare il terzino sinistro. Ma servivano Gasperini e l’Atalanta per aprirmi la mente». «Quando è arrivato a Perugia, nel 2015, andava per i 23 anni e non si capiva ancora quale fosse la sua utilità in campo. Fino a gennaio non ha praticamente giocato, poi Bisoli gli ha spiegato che se non si fosse abbassato terzino non avrebbe avuto una carriera: “Lo prese il direttore, non lo conoscevo. Avrebbe dovuto fare la mezzala o l’esterno alto. Non mi convinceva. Gli dissi ‘O giochi terzino o secondo me non va…’, e lui rispose ‘Non so fare le diagonali, mister’, così ci siamo messi lì a ripeterle fino allo sfinimento. Poi… volava!”» (Emanuele Atturo). «Bisoli ha detto anche: “Spinazzola è forte, ma deve sporcarsi la faccia”. “Aveva ragione: per carattere non sono uno cattivo…”. E all’Atalanta si è sporcato un po’ la faccia? “Ho imparato un po’ di cattiveria, questo sì”» (Guglielmo Longhi). «All’Atalanta con Gasperini ho imparato a sostenere ritmi alti in campo. Lui ti fa lavorare in allenamento in maniera molto intensa, al punto che quando giochi la partita ti sembra quasi una passeggiata. Davvero, giochi le gare quasi come fossero uno scarico, perché durante la settimana lavori in maniera impressionante. Sa poi trasmettere bene quello che vuole in campo: in partita sai bene quello che devi fare». Il 28 marzo 2017 l’esordio in Nazionale, nell’amichevole Paesi Bassi-Italia (1-2). «Ricordi del debutto in Nazionale contro l’Olanda? “Le parole di Ventura prima di farmi entrare: ‘Stai tranquillo e gioca come nell’Atalanta’”» (Longhi). «Quel momento mi ha dato ancora più autostima». «Nel 2018 la Juventus decide di confermarlo. Nelle prime 19 partite di campionato non gioca neanche un minuto. Prima il recupero dall’operazione al legamento, poi la panchina. […] 12 marzo 2019. Dopo aver perso 2-0 la partita di andata in casa dell’Atlético, la Juventus prova il tutto per tutto allo Stadium. La famiglia di Spinazzola non si siede neanche in tribuna. Inutile andare, visto che Leonardo non avrebbe giocato neanche un minuto. La storia racconta una serata molto diversa. […] Spinazzola esordisce in Champions. Ed è imprendibile. Finisce 3-0. La Juventus passa il turno. Fra lo stupore generale. In estate, il terzino saluta. Arriva alla Roma in uno scambio con Luca Pellegrini. Un affare più per le plusvalenze che per la competitività delle squadre. Con Paulo Fonseca Spinazzola gioca a sinistra. Ma gioca soprattutto a destra. Così a gennaio 2020 il suo nome finisce ancora nelle notizie di mercato. Il terzino è inserito in un altro scambio. Politano alla Roma, Spinazzola all’Inter. L’esterno alto fa le visite mediche con i capitolini, racconta la sua gioia per essere tornato nella capitale dopo le giovanili. Ma qualcosa va storto. L’affare non si chiude. Roma e Inter hanno solo scherzato. Spinazzola torna a Roma, e due giorni dopo è il migliore nella partita contro il Genoa. I tifosi tirano un sospiro di sollievo. E forse anche il terzino. Perché da quel momento parte un’altra storia» (Andrea Romano). «Ringrazierò sempre quei tre giorni a Milano, che mi hanno dato una botta, mi hanno ferito». «Da quel momento, ferito nell’orgoglio, Spinazzola è un nuovo giocatore. “Dire che un calciatore che gioca è zoppo non va bene: da lì sono cambiato mentalmente, mi sono ritrovato”: così l’esterno individua il momento cruciale della sua avventura giallorossa. Le insinuazioni, le congetture, tutte le voci sono state smentite da Spinazzola, che ha risposto nel modo migliore possibile per un calciatore: sul campo. Oltre alla svolta mentale è arrivata poi quella tattica: il passaggio alla difesa a tre. Date le sue impressionanti capacità in fase di spinta, il ruolo di terzino basso si adattava ben poco a Spinazzola. Tutt’altra musica come quinto di centrocampo. In quella posizione la crescita di Leonardo Spinazzola è stata impetuosa» (Danilo Budite). «Sembrava aver trovato una certa continuità. Poi le cose sono cambiate ad aprile. Colpa dell’ennesimo problema muscolare. […] Eppure Mancini decide di puntare su di lui. Avrà ragione. E anche un pizzico di fortuna. Perché nessuno avrebbe mai pensato a un rendimento simile da parte del difensore. Neanche Spinazzola. […] Ogni grande torneo internazionale ha bisogno della sua stella a sorpresa, di un soldato semplice pronto a cucirsi sulla divisa i gradi di generale. È il gregario che si conquista il ruolo di leader, anzi, che si trasforma in eroe. […] Un ruolo che in questo Euro 2020 posticipato è toccato a Leonardo Spinazzola. Lì dove c’era Fabio Grosso, in quella porzione di campo racchiusa fra la fascia sinistra e la narrativa, ora c’è l’esterno giallorosso. […] Le statistiche ufficiali del torneo gli hanno appiccicato addosso una definizione. Quella di “uomo più veloce dell’Europeo”. Perché quando ha potuto liberare la sua corsa il terzino azzurro ha sfiorato i 34 chilometri orari. Significa che se gli viene lasciato spazio diventa imprendibile. […] La sua spinta è perpetua. Dal fischio d’inizio fino all’ultimo minuto dei supplementari. Ogni volta che il pallone si avvicina alla fascia sinistra, lui entra nell’inquadratura. Con le braccia piegate ad angolo retto il busto inclinato in avanti. La sua dedizione è totale e totalizzante. […] Mentre tutti guardavano altrove, Spinazzola è diventato una delle spade più affilate dell’armeria azzurra. Migliore in campo contro la Svizzera. E ancora contro l’Austria» (Romano). «Doti da quasi-regista: un regista atipico, diremmo, che gioca sulla corsia laterale, ma dai cui piedi passa una consistente percentuale delle azioni d’attacco dell’Italia. La qualità, ma soprattutto la lucidità con cui nei tempi supplementari contro l’Austria traccia la parabola che trova Chiesa davanti al portiere avversario dovrebbe rendere l’idea della dimensione del giocatore. […] È davvero difficile togliersi dalla testa la diagonale che nel primo tempo supplementare Spinazzola esegue alla perfezione contro un’Austria lanciata in contropiede. Come anche il contenimento di Ünder, appena entrato e ancora in contropiede, nel secondo tempo della partita contro la Turchia» (Francesco Saulino). Per Spinazzola, però, la gloriosa avventura europea dell’Italia s’interruppe il 2 luglio 2021, al settantanovesimo minuto della partita dei quarti di finale Belgio-Italia. «“Io lo sapevo, che saremmo arrivati in fondo: per questo ho pianto dopo l’infortunio. Non era dolore, ma rabbia”. Ci racconti quell’istante. “Sento un colpo forte al tallone, con la coda dell’occhio cerco il belga che mi ha colpito, ma non vedo nessuno: dietro di me quell’avversario non c’è. Arriva Cristante, crollo a terra e capisco. ‘Perché adesso, perché a me?’. Questo ho pensato. E poi ho pianto per quello che stavo perdendo”. […] Dicono che la rottura del tendine d’Achille sia come una lama che recide tutto. “Nel mio caso, no. Dolore vero, solo la notte dopo l’operazione in Finlandia: per il resto, tristezza, ma non male. Il crociato è molto, molto peggio”. […] Torniamo a quelle lacrime. “Erano la ferita di chi si sentiva invincibile e lo era. Perché noi tutti sapevamo che in finale si arrivava. Vincere, poi, è un altro conto, e dipende da molte cose, ma questa specie di invincibilità era presente, reale. Eppure siamo anche una banda di cazzeggiatori”. […] Lei è stato il primo a prendere la medaglia. “Giorgio, il nostro capitano, mi ha detto: ‘Vai tu, te lo meriti’. E io sono scattato come un pazzo ma avevo paura di cadere: pensate che figura avrei fatto, peggio di Fantozzi. Poi è stato meraviglioso. Mi hanno caricato sulle spalle in tanti, Jorginho, De Rossi, Tolói, ma io sono pesante, mica facile”» (Crosetti). «Da quando si è operato ha saltato quattro o cinque giorni di allenamento, giusto quelli delle feste, poi ha lavorato sempre a Trigoria. Ha portato un tutore per alcune settimane, poi le stampelle per un paio di mesi. Buttate quelle, ha alternato cyclette a lavoro in piscina, fisioterapia, tappeti elastici e fitball. Dopo tre mesi ha ripreso a correre prima in palestra, poi sulla sabbia e in campo. A fine gennaio, dopo oltre sei mesi, ha intensificato il lavoro atletico» (Chiara Zucchelli). A inizio marzo «l’esterno romanista è tornato a effettuare il riscaldamento insieme ai compagni in alcuni allenamenti: un primissimo step in vista del vero e proprio rientro in gruppo, la cui data è stata rinviata diverse volte. […] A Trigoria restano tutti convinti che da qui al termine del campionato l’esterno umbro rivedrà il campo» (Alessandro Austini) • Nel settembre 2021 ha pubblicato Buongiorno, campioni. Il mio racconto degli Europei (Sperling & Kupfer), curato da Alessandro Alciato. «È stato bravissimo Alessandro Alciato a rendere sulle pagine la storia che io gli ho raccontato. Dirò di più: rileggerla attraverso un punto di vista diverso ha appassionato anche me» • Due figli, Mattia e Sofia, da Miriam Sette, sposata il 24 dicembre 2020, quando la donna era incinta della secondogenita. «Io e Miriam vogliamo stare sempre insieme. Lei è la mia migliore amica, la mia amante, la mia fidanzata, mia moglie, la madre dei miei figli. È tutto. Non ho bisogno di tanta gente: mi basta avere lei, e ora mi basta avere anche noi 4 più il cane». «Sono legatissimi alle loro origini umbre. A Roma abitano in una villa con piscina a Casal Palocco. Con loro anche il cane Yago» (Zucchelli) • «Prima giocavo tanto alla PlayStation: da quando vivo con mia moglie ovviamente no, non è carino. Vediamo spesso insieme le serie tv e sentiamo molta musica». «Lei […] che tipo di papà è? “Con Mattia sono giocoso e presente, ma so essere esigente: voglio che cresca con l’educazione giusta. Con Sofia è ancora troppo presto: vedremo, ma credo che sarà la principessa che mi mangerà”» (Valdiserri). «Quando posso devo andare a vedere mio figlio che gioca al campetto. Vorrei amare i miei figli come i miei genitori hanno amato me» • Appassionato di musica latino-americana • «Il sushi mi piace molto. […] Con Miriam lo mangiamo una volta a settimana». «Se voglio una birra una sera, la bevo. Non esagero, ma penso che la vita vada vissuta» • Vari tatuaggi. «Ha, ad esempio, il simbolo dell’infinito insieme a sua moglie, poi ha un tatuaggio maori sul braccio destro, che ha al suo interno diversi simboli che rappresentano la famiglia, l’amore, la forza e la fortuna. […] Sull’altro braccio, ha tatuato dei leoni e una rosa» (Zucchelli) • «Io ci sto comodo, nella mia timidezza: a me piace stare sottotraccia. Quando vado al ristorante e mi vengono a chiedere una foto, mi vergogno» • «Prototipo dell’esterno moderno, concilia fisicità (data dai suoi 186 cm di altezza) e tecnica» (Saulino). «Spinazzola è un profilo davvero unico: quanti terzini a piede invertito che puntano così tanto l’uomo esistono in Europa?» (Atturo). «Il suo talento è una certezza, la sua tenuta fisica una variabile» (Romano) • «Prima dell’Austria aveva ammesso di stare giocando “il miglior calcio della mia carriera”. Quando si è infortunato al crociato, nell’ultimo anno all’Atalanta, chi lo avrebbe detto, che sarebbe arrivato a questi livelli? Dopo che […] i medici dell’Inter lo hanno bocciato alle visite mediche, chi avrebbe scommesso su un’annata del genere? È una vita che Spinazzola gioca meglio di quanto gli altri sembrano disposti a credere: non si fermerà mica stavolta» (Atturo) • «Sono contento della persona che sono diventato. Mi piaccio, ma non faccio il piacione. […] Ho avuto la fortuna di trovare l’equilibrio a 26 anni. Prima mi arrabbiavo spesso ed ero negativo, poi ho trovato il mio equilibrio interiore e sono rinato. Mi sono fatto aiutare da me stesso e basta. […] Io sono sicuro di me stesso. Mi guardo e mi dico che sono un bravo ragazzo, poi chiedo conferma a mia moglie… Avere rispetto ed essere educato sono i concetti che ti rendono un bravo ragazzo. E sono cose che vorrei insegnare a mio figlio». «“Ho tutto, sono felice. Anche io passo i miei momenti tristi, ma poi guardo avanti e non mi piango addosso. […] Un giorno […] ho detto a mia moglie Miriam: ‘Se mi lamento ancora per qualcosa che riguarda il calcio, dammi uno schiaffo’”. Ne ha presi molti? “Nemmeno uno”. […] Ha sempre pensato che avrebbe fatto il calciatore? “Le doti, sinceramente, le avevo da subito. Forse ne avevo anche troppe. A volte sono stato un po’ presuntuoso. […] Forse ho perso tempo e qualche occasione. Forse era soltanto la mia strada, e dovevo percorrerla fino in fondo”» (Valdiserri).