28 marzo 2022
Tags : Jo Nesbø
Biografia di Jo Nesbø
Jo Nesbø, nato a Oslo (Norvegia) il 29 marzo 1960 (62 anni). Scrittore. Giallista. Tradotto in 50 lingue. 50 milioni di copie vendute. Una decina di premi letterari • «Il maestro del thriller scandinavo» • Debuttò nel 1997 con L’uomo pipistrello, primo di una serie dei dodici romanzi. Protagonista: il detective Harry Hole, «antieroe tormentato e violento ma dotato di grande abilità investigativa ed elevati standard morali» (Treccani). Ambientazione: una Oslo misteriosa, che sta alla Oslo vera come Gotham City sta a New York • Tra le sue opere più recenti: i romanzi Sangue e neve (2015), Sole di mezzanotte (2015), Stesso sangue (2016), Sete (2017), Il coltello (2019), Il fratello (2020) e la raccolta di racconti Gelosia (2021). Per i 400 anni dalla morte di William Shakespeare, la Hogarth Shakespeare, un’impresa editoriale internazionale creata appositamente per reinterpretare le opere del Bardo per i lettori del XXI secolo, gli ha chiesto di riscrivere il Macbeth in chiave di crime noir • «È in grado di comporre vicende complesse e ambiziose, giocate sul filo della tensione estrema» (Treccani). «Con qualche approssimazione geografica, Nesbø è definito il nuovo Stieg Larsson, che era svedese, mica norvegese, ma sempre tra nevi e cattivoni si muoveva. Nelle foto promozionali, gli mettono addosso un’espressione mascalzoncella da rapper pallido col cappuccio, o un’aria glabra e serpentesca ancora più inquietante. Dal vivo, sembra un ciclista arrivato dai fiordi in Costa Azzurra: atletico, un po’ legnoso, con il regolamentare taglio di capelli a un centimetro bisognoso di una ripassata» (Paola Zanuttini, il venerdì, 2011). James Ellroy, magnanimo, lo ha proclamato «autore noir numero due al mondo». «Il New York Times ha scomodato Ibsen e lui ride felice quando glielo si ricorda» (Massimo Vincenzi, la Repubblica, 3/7/2012) • Prima di diventare famoso, è stato calciatore, giornalista freelance e agente di cambio. È autore di libri per ragazzi (cinque libri della serie del Dottor Prottor), rockstar (membro dei Di Derre, molto popolare in Norvegia, lui è chitarrista, voce e autore dei testi) e attore (perlopiù in film tratti dai suoi libri). «È un eccesso. Fa qualsiasi cosa meglio di te. Ed è pure fastidiosamente simpatico» (La Stampa, 4/12/2018) • «Lei ha sette vite, come i gatti. Come fa a far tutto? “Sono pigro. Per questo trovo difficile fare cose che non mi piacciono. Così faccio solo quelle che mi piacciono (come lo scrivere) e quindi non mi pesa”» (Caterina Soffici, Tuttolibri, 21/11/2020).
Titoli di testa «Perché Harry Hole ha un cognome che in inglese vuol dire buco? “È un cognome comune in Norvegia, e si pronuncia Hule. Il poliziotto del villaggio di mia nonna si chiamava così e se la sera non tornavo presto lei minacciava di chiamare Hole, personaggio fantasmatico che non ho mai visto. Poi c’è la storia del Terzo uomo, film che amo molto. Holly Martins, l’antieroe buono, va in cerca del suo vecchio amico Harry Lime e quando scopre che è una carogna lo uccide. Holly e Harry, la fusione fra male e bene”. Sì, ma che c’entra Holly con Hole? “Nel primo libro della serie, L’uomo pipistrello, ambientato in Australia, tutti lo chiamano Holly, storpiando la pronuncia”» (Zanuttini).
Vita Secondo di tre fratelli, lui e quello più piccolo si dividono un letto a castello. Figlio di un libraio e di una bibliotecaria. «Mio padre se ne stava tutti i pomeriggi seduto in soggiorno a leggere e raccontava storie. Lunghe storie che avevamo già sentito, ma lui raccontava in modo da farci venir voglia di risentirle». Anche a Jo leggere piace molto. Il suo libro preferito da bambino: Pippi Calzelunghe. «Quando avevo sette anni presi dallo scaffale Il signore delle mosche, attratto dal disegno in copertina che rappresentava una testa di maiale insanguinata e infilzata in un palo, e chiesi a mio padre di leggermelo. Alla fine pensai che anch’io sarei stato in grado di scrivere una storia così, ma l’avrei scritta in maniera più eccitante» • Infanzia a Oslo, anche se passa le estati in paesini di montagna, nelle case dei nonni materni e paterni. «L’unica volta che si è trasferito in una cittadina sulla costa, cioè dai 9 agli 11 anni per il lavoro del padre, ha così sofferto la lontananza e la solitudine che proprio lì ha iniziato a immaginare storie, per tenersi compagnia. Sempre nel paesino, perché si facesse degli amici, lo avevano mandato a giocare a calcio» (Soffici). Jo pensa in grande: decide che vuole diventare calciatore professionista, giocare nel Tottenham e nella nazionale norvegese («In realtà ero scarsissimo. Ma man mano che aumenta la mia fama letteraria, mi descrivono come un campione») • Nel frattempo, a scuola, rimane molto colpito da un ragazzino, seduto nella fila di banchi vicino alla finestra, che cattura le mosche sul davanzale e, con una pinzetta, strappa le ali e le zampe una ad una. «“Lo faceva tutti i giorni. Ero affascinato non da quello che succedeva alle mosche mutilate, ma dal ragazzo che ogni giorno, a casa, preparava le pinzette e pianificava la cattura e la tortura. Oggi sembra normale, sposato, con tre figli, ma chissà”. Lei, da bambino, ha mai tagliato la coda alle lucertole? “No, però ho pisciato su un formicaio per vedere cosa succedeva”. Le formiche saranno uscite inviperite per la doccia non richiesta. “Spero sia andata così”» (Zanuttini) • «Quando ha scoperto che durante la guerra suo padre ha combattuto accanto ai nazisti contro i sovietici, cosa ha pensato? “Me lo ha detto lui quando io avevo quindici anni. Tutto il mio mondo è collassato”» (Soffici). «Credo che in effetti da questa vicenda derivi la mia capacità di scrivere anche dal punto di vista del ‘cattivo. Mio padre era tecnicamente un criminale. Ha passato in galera tre anni della sua vita, e la riteneva una punizione adeguata a quel che aveva commesso. Ma ha combattuto con i tedeschi quando aveva diciannove anni, era un ragazzo e credeva in buona fede che la minaccia sovietica fosse la più grande. Quando me lo ha detto, sono rimasto sotto choc. Ma mi ha detto: “Se vuoi che io ti spieghi posso farlo, ma non c’è fretta, pensaci su, chiedimi quello che vuoi e ti risponderò”. Ho capito che se vuoi giudicare qualcuno devi prima capire qual è la sua visione del mondo quando ha commesso l’errore, come gli sembravano le cose, perché si è comportato in un certo modo» (Stefano Montefiori, Corriere della Sera, 19/3/2017). A diciasette anni, lasciata da parte Pippi Calzelunghe, passa a Dostoevsky («ne discutevo moltissimo con i miei amici») e Bukowski («fondamentale per la mia formazione»). «È vero che da giovane non cominciò con l’intento di scrivere thriller e che la sua ispirazione era Hemingway? “Bè, sì, è vero. Sono cose che si pensano da giovani”» (Enrico Franceschini, la Repubblica, 9/10/2017) • Nel frattempo, continua a giocare a calcio. A 17 anni debutta nel Molde, nella prima divisione norvegese. A 19, un infortunio ai legamenti del ginocchio lo costringe a rinunciare alla carriera calcistica. Così, si iscrive alla Norwegian School of Economics and Business Administration in Bergen, università molto prestigiosa, si laurea e diventa agente di borsa. Nel frattempo, per divertirsi, fonda una rock band, un successo formidabile, quattro album pubblicati di cui due bestseller. «Mio fratello più grande e tutti i miei amici suonavano in una band, ma io avevo altri interessi, e mi misi a studiare la chitarra seriamente solo sui vent’anni. A quel punto ero già uno scrittore in erba, e la chitarra era più un mezzo per scrivere canzoni pop e rock che uno strumento sul quale raggiungere il virtuosismo necessario per esprimermi come musicista» (a Marco Cappelli, Robinson, 10/2/2019). «Era un broker e guadagnava un sacco di soldi. Aveva la band, e si divertiva e aveva successo. Perché si è messo a scrivere? “Perché ho capito che era quello che volevo e che se vuoi fare una cosa non devi rimandare. Mio padre è morto a 72 anni e non ha mai scritto il libro autobiografico che aveva sempre desiderato scrivere. Questa cosa mi è stata di lezione. Ho pensato: non rimandare mai quello che vuoi fare veramente. Non ero ricco, ma avevo già fatto abbastanza soldi che potevo vivere per un po’ senza guadagnare. Avevo 27 anni. E ho iniziato a scrivere il mio primo romanzo. Allora ho capito che stavo aspettando quel momento da quando avevo 18, 19 anni. È stato come svegliarsi, e iniziare a fare quello per cui mi stavo preparando da anni, senza saperlo. In fondo anche con le canzoni raccontavo storie. L’unico mio scopo, all’inizio, era essere pubblicato. Non avrei mai pensato di tirar fuori dalla scrittura dei soldi per vivere”» (Soffici). «Talento o determinazione? “Da quando sono piccolo ho sempre pensato delle cose: quanto sarà duro. Ma quando poi le provavo il mio motto diventava: come può essere facile”» (ibidem).
Amori «Vita privata mantenuta nel massimo riserbo (pare che perfino l’editore norvegese ne sappia ben poco)» (Baudino).
Figli Una figlia, Selma, sui vent’anni. A un certo punto se la portava dietro nei tour promozionali.
Filosofia «Il grande criminologo norvegese Nils Christie (1928-2015) affermava che il “crimine non esiste”, perché è un concetto dettato dalle convenzioni sociali e culturali che ci definiscono dalla nascita, e che il nostro agire morale, positivo o negativo che sia agli occhi della società, è il risultato dell’ambiente circostante. Ma io non cerco di dare risposte a temi filosofici. Io racconto una storia» (a Marco Bruna, La Lettura, 15/9/2019).
Politica «Mi sento in imbarazzo quando mi chiedono commenti su politica e attualità per il solo fatto di fare questo mestiere. Poteva valere quando solo pochi lavoravano con la mente. I miei lettori studiano, leggono le news. Non hanno bisogno delle mie opinioni non qualificate sullo stato del mondo. Preferisco fare domande, piuttosto che dare risposte» (ad Annarita Briganti, la Repubblica, 9/12/2018).
Soldi «“Non dimenticherò mai la lettera di un fan che si lamentava di Sangue e neve, che io considero uno dei miei romanzi più riusciti, nella quale mi chiedeva di restituirgli i soldi spesi per comprare il libro, tanto lo aveva odiato”. Lei che ha fatto? “Glieli ho spediti! Ero rimasto talmente colpito dalla cura con cui aveva argomentato la sua critica che mi sono sentito in dovere di dargli indietro i soldi”» (Bruna).
Tifo Grande tifoso del Tottenham. Da ragazzo marinava la scuola e andava in Inghilterra apposta per vederlo. Gli piacciono molto anche Milan e Juventus. Non ama Cristiano Ronaldo («Grande atleta, ma quello baciato dal talento è Messi»).
Curiosità Alto 1 metro e 75 • Non ha l’automobile (non vuole passare il tempo a pagare l’assicurazione, parcheggiare, fare le revisioni). Si muove in bici. Se proprio gli serve un’auto la noleggia • Dice di essere stato molto influenzato, per la costruzione del suo detective, da Chuck Norris • Non ha una routine di lavoro (come quelli che scrivono chiusi in una stanza in penombra, al computer, a matita su un quaderno, solo quando piove, etc). «Anzi, scrivo nei bar, in treno, nei ritagli di tempo, dove capita» • Gli piace molto scrivere nei bar («Il caffè offre perlomeno tre vantaggi a uno scrittore. Primo, sei costretto a concentrarti, altrimenti in effetti non riusciresti a scrivere una riga: e il rumore di fondo si può eliminare con l’aiuto degli auricolari e della musica. Secondo, se scrivi a casa ci sono tante scuse per interromperti e occuparti d’altro, al caffè no. Terzo, se proprio vuoi fare una pausa e distrarti, al caffè puoi guardarti intorno ed eventualmente ricevere nuovi input») • «Non bisogna preoccuparsi di ciò che si aspetta il pubblico o l’editore, perché dopo un po’ rischi di fare quello che i lettori si aspettano. Ed è sbagliato. Tu li inviti a casa ma devi essere tu a decidere cosa si mangia e si beve a casa tua» • A 50 anni ha iniziato a praticare l’arrampicata (va apposta sulle Dolomiti e a Finale Ligure) • Considera Braveheart il film più brutto di sempre • Dice di voler rimanere a vivere a Oslo per il resto dei suoi giorni • In Norvegia, al ristorante, tutti parlano di cose su cui sono d’accordo, in modo da non alzare la voce e non disturbare gli altri • I norvegesi hanno abolito il lei negli anni Settanta. «Vi date tutti del tu? “Sì, non abbiamo più classi sociali”. Ma c’è la monarchia. “Che abbiamo scelto con un referendum nel 1945. Il nostro è un re molto amato e rispettato: durante la crisi petrolifera, la domenica non si poteva prendere la macchina e lo vedevi andare a sciare in treno, come il popolo”. E gli dicevate: ciao re, come va? “No, al re diamo del lei, ma al primo ministro del tu”» (Zanuttini) • «Mi sono accorto che nella serie di Harry Hole sono morte molte più persone, non dico che a Oslo, ma in tutta la Norvegia nel periodo considerato» • Ha definito la strage di Utøya «il nostro 11 settembre». «Anders Breivik potrebbe essere dalla pagine dei suoi thriller. “Breivik? Non saprei. Non penso di averlo immaginato. Si tratta, più o meno, di gesti di follia. Quello che è successo è più simile a una catastrofe naturale. Credo che nessuno potesse prevederlo, né io né nessun altro”» (Baudino) • Il fratello più piccolo, quello che dormiva con lui nel letto a castello, è morto di cancro • «Non sono il tipo che si siede sugli allori. Guardo sempre avanti. Ci sono troppe cose da fare». Una volta, durante un volo da Francoforte a Milano, c’erano delle turbolenze. La figlia, che lo accompagnava, gli chiese se avesse paura di morire. Lui le rispose: «No. Ma perderemmo una decina di libri che ho già in mente».
Titoli di coda «Noi abbiamo finito, può tornare a scrivere. “Ecco la domanda perfetta”. E ride felice» (Massimo Vincenzi, la Repubblica, 2015).