Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  marzo 30 Mercoledì calendario

Biografia di Christopher Walken (Ronald Walken)

Christopher Walken (Ronald Walken), nato a New York (New York, Stati Uniti) il 31 marzo 1943 (79 anni). Attore. Ballerino. Vincitore di un premio Oscar al miglior attore non protagonista (1979, per Il cacciatore di Michael Cimino). «A inizio carriera mi è successa una cosa divertente. Ho girato due film a distanza ravvicinata: il primo era Io e Annie, dove interpretavo un autista suicida, e il secondo era Il cacciatore, dove interpretavo un tizio che si spara in testa. […] In questo settore capita di venire assunti perché si è bravi in un certo ruolo, e va benissimo. Io all’improvviso diventai quello bravo a interpretare i pazzi» • «È nato con il nome di Ronald Walken ad Astoria, un sobborgo di Queens popolato perlopiù dall’immigrazione greca. La madre era di sangue scozzese, mentre il padre, di origine tedesca, era un fornaio, dal quale ha imparato una delle lezioni che lo hanno formato maggiormente: “Il forno era chiuso un giorno alla settimana, ma lui ci andava ugualmente perché non si trattava di un lavoro”» (Antonio Monda). «Dove sono cresciuto, i genitori di molti dei bambini venivano da altri posti, quasi sempre dall’Europa. I miei genitori sono arrivati negli Stati Uniti tardi, quando avevano quasi 40 anni. Sentivi molte parlate, non era necessario l’inglese, ognuno parlava la sua lingua d’origine. Mio padre […] parlava in tedesco, mentre mia madre ha parlato con calcato accento scozzese per tutta la vita. Forse il mio modo di parlare deriva dal fatto di essere cresciuto ascoltando un inglese non perfetto, e forse parlo inglese anch’io in questo modo, come se fossi uno straniero anch’io!». «Sembra sciocco, ma la prima cosa che riesco a ricordare è che stavo supino sul tavolo della cucina, e la finestra che dava sulla strada era aperta. Ricordo questa meravigliosa brezza calda che entrava, quindi era circa giugno, e avevo un paio di mesi. E voltavo la testa e proprio accanto a me c’era un piatto bianco con sopra delle uova strapazzate. Lo vedo ancora» (a Peter Stevenson). «Sono cresciuto in mezzo allo showbusiness. Dopo la Seconda guerra mondiale, intorno ai primi anni ’50, il mondo della tv è letteralmente esploso nella zona di New York. La televisione stava diventando popolare, c’era una sola tv ogni cinque case all’inizio, ma c’erano 90 programmi live ogni settimana da New York: non si registrava, tutto accadeva in tempo reale. E tutto era davvero orientato alle famiglie». «Ero un ragazzino nel mondo dello spettacolo. A quei tempi, gli anni Cinquanta, in tv usavano molti ragazzi. […] Tutti i ragazzi del mio quartiere hanno preso lezioni di ballo. Non ho mai imparato a giocare a baseball. Non so davvero nuotare». Da adolescente idolatrava Elvis Presley. «“Quando l’ho visto per la prima volta, a 15 anni, sono rimasto senza parole: mi sembrava una divinità greca”. Fu in quell’occasione che cambiò pettinatura per assomigliare al suo idolo, e oggi dice scherzosamente: “I miei capelli sono diventati famosi prima che lo diventassi io”» (Monda). «Walken […] ha cominciato a trovarsi sotto i riflettori della tv o del cinema fin da ragazzo, recitando in short pubblicitari. “Ero ancora bambino – racconta – quando mi sono trovato a danzare in uno spettacolo di Broadway, Best Foot Forward. E sapete chi c’era accanto a me, come esordiente? Una tale che si chiama Liza Minnelli. Ma il mio vero debutto di attore è stato quando avevo sedici anni, in una commedia messa in scena da Elia Kazan, e in quello stesso anno ho interpretato il mio primo ruolo cinematografico”» (Lamberto Antonelli). «Da giovane ha lavorato come domatore di leoni in un circo, poi ha iniziato a danzare e recitare, firmandosi i primi tempi Ronnie Walken: fu Jerry Lewis a consigliargli di dedicarsi esclusivamente alla recitazione. La prima volta che venne notato dalla critica fu quando venne scritturato come protagonista in Romeo e Giulietta per lo Stratford Festival: il fisico, il volto e le movenze sinuose restituivano un Romeo inedito, ma lui continuava ancora a preferire la danza e si esibiva in un night club gestito da Monique van Vooren, che lo convinse a assumere il nome d’arte Christopher» (Monda). «Contemporaneamente ha continuato a studiare, diplomandosi in Letteratura inglese, poi è tornato sulle scene di Broadway, interpretando anche il musical West Side Story. Ricorda: “È stato appunto durante questa tournée che ho incontrato Georgianne, una ballerina della compagnia, che poi è diventata mia moglie”. Ha lavorato ancora in teatro in diversi drammi e commedie, fra cui Il leone d’inverno e La rosa tatuata. “Ma la mia grande aspirazione restava Hollywood, il cinema. Feci piccoli ruoli in vari film, fra cui Io e Annie di Woody Allen»» (Antonelli). «Nei primi film veniva scritturato quasi sempre come criminale psicopatico, e fu Woody Allen a comprendere che questa caratteristica poteva essere sfruttata in chiave comica, come dimostra una scena esilarante di Io e Annie. In quello stesso periodo George Lucas lo invitò a fare un provino per il personaggio di Han Solo in Guerre stellari, e solo all’ultimo momento gli preferì Harrison Ford. Fu una grande delusione, ma subito dopo arrivò il riscatto grazie a Michael Cimino, che gli offrì il ruolo di Nick nel Cacciatore. Vinse l’Oscar per quell’interpretazione» (Monda). «È stata un’impresa straordinaria, una grande esperienza ma anche un’esperienza che non vorrei ripetere. S’è trattato di un lavoro faticosissimo, che non auguro a nessuno. Michael Cimino mi ha poi chiamato anche per […] il tanto discusso I cancelli del cielo» (Antonelli). «Nel 1983 è trattenuto e misurato nel raccontare la malinconia di un uomo devastato dai propri poteri medianici in La zona morta di D. Cronenberg. Ancora personaggi sopra le righe in A distanza ravvicinata (1986) di J. Foley e King of New York (1990) di A. Ferrara, mentre nel 1992 è il malvagio Shreck in Batman – Il ritorno di T. Burton» (Gianni Canova). Nel corso degli anni «i ruoli di criminali si sono alternati ad altri in cui prevale l’autoironia: da questo punto di vista è geniale la partecipazione a Pulp Fiction, dove Quentin Tarantino gli chiede di interpretare un veterano del Vietnam che regala al figlio un orologio donatogli dal padre, dopo aver spiegato che quest’ultimo lo aveva nascosto per anni nel proprio retto» (Monda). «Ancora con la regia di Ferrara è eccelso e sulfureo in The Addiction (1995), Fratelli (1996) e New Rose Hotel (1999). Tra le sue apparizioni successive si segnalano Prova a prendermi (2002) di S. Spielberg, dove il ruolo del padre del truffatore L. DiCaprio gli vale una nomination all’Oscar, La donna perfetta (2003) di F. Oz, Man on Fire (2004) di T. Scott e L’invidia del mio migliore amico (2004) di B. Levinson. Continua a strappare l’applauso in memorabili parti di contorno: guru televisivo in Domino (2005) di T. Scott, lugubre commesso di un centro commerciale in Cambia la tua vita con un click (2006) di F. Coraci, personal trainer tuttofare su sedia a rotelle in L’uomo dell’anno (2006) di B. Levinson e comprensivo marito di un J. Travolta decisamente soprappeso in Hairspray – Grasso è bello (2007) di A. Shankman» (Canova). «Negli ultimi anni ha incrementato il lavoro teatrale, sorprendendo ancora una volta la critica con interpretazioni di grandissima intensità, come il ruolo del protagonista dei Morti di James Joyce» (Monda). Tra le ultime pellicole cui ha preso parte, Jesus Rolls – Quintana è tornato! di John Turturro (2019), Percy di Clark Johnson (2020) e Il profumo dell’erba selvatica di John Patrick Shanley (2020) • «Uno straordinario ballerino. La sua è una passione irrefrenabile, e ha chiesto ripetutamente ai registi con cui ha lavorato di inserire almeno una scena di ballo. C’è riuscito ad esempio in Prova a prendermi di Steven Spielberg, ma forse nessun regista ha valorizzato questo sorprendente talento come Spike Jonze in un video realizzato per Fatboy Slim. Ciò che ha reso il filmato di culto è che Walken è il primo a prendersi in giro: dopo un momento in cui viene ritratto immobile e pensoso, si scatena improvvisamente in un crescendo di danza acrobatica, con effetti esilaranti. Questo stesso approccio autoironico lo ha portato a essere invitato ben sette volte a condurre il Saturday Night Live, con risultati memorabili» (Monda). «È un bellissimo programma, e in America è praticamente una istituzione… Mi sono divertito a farlo. […] Penso che fare il SNL mi abbia aiutato a entrare nei film comici, che non avevo mai fatto prima. Non so se sia stata una cosa buona o no» • Sposato dal 1969 con Georgianne Leigh Thon, «una stimata casting director. Insieme sono una delle coppie più solide di Hollywood: non hanno avuto figli, e, nonostante oggi lo dica con rimpianto, aggiunge che proprio questo gli ha consentito di avere una carriera così ricca» (Monda) • Nella notte tra il 28 e il 29 novembre 1981 era ospite dei coniugi e colleghi Robert Wagner e Natalie Wood sul loro panfilo Splendour, manovrato dal capitano Dennis Davern, al largo dell’Isola di Santa Catalina, in California, quando la Wood morì annegata in circostanze mai pienamente chiarite • «È un attore di grande talento, Walken, con uno sguardo ipnotizzante, spesso inquietante. […] È anche un eccellente attore teatrale, e le sue interpretazioni shakespeariane sono rimaste nella storia, in particolare il Coriolano e il Macbeth. […] Forse nessuno è riuscito a riassumere questo talento originalissimo come Roger Ebert, che lo descrive come l’unico attore in grado di comunicare allo stesso tempo “irresistibile charme e malvagità allo stato puro”. Il bello è che nella vita reale Walken è un uomo mite, che ama i gatti e detesta la violenza: “Ogni volta che in un film mi mettono una pistola tra le mani, non vedo l’ora di liberarmene”. Benicio del Toro, che lo considera un punto di riferimento, racconta di aver ricevuto da lui uno dei più importanti consigli sul mestiere dell’attore: “Quando stai interpretando una scena e non sai cosa devi fare, non fare nulla”. Certo, per mettere in atto un suggerimento del genere bisogna avere una faccia come la sua, o un autore che è innamorato al punto da scrivere delle scene appositamente per lui, come fece […] Tarantino in Una vita al massimo. […] Chi ha avuto modo di ascoltare Walken in originale sa che ha una cadenza assolutamente unica, fatta di staccati, accelerazioni improvvise e un tono di voce rauco, inconfondibile: è lui stesso a teorizzare che ogni parola è “una bomba da far esplodere”» (Monda). «Interprete istrionico e glaciale, spesso chiamato a incarnare personaggi malvagi o comunque attraversati da una scintilla di pericolosa follia» (Canova). «Christopher Walken ha gli occhi di un lupo e un’energia accecante» (Filippo Brunamonti) • «A casa mia appoggio i copioni su una mensola in cucina e li leggo, rileggo e rileggo ancora mentre faccio altro. Poi ci ritorno durante il giorno e li riguardo. Finché all’improvviso non vengo colpito da una certa parola che acquista un senso. Se sono fortunato riesco a entrare nella mente di chi l’ha scritto, e le cose cominciano ad avere un senso e a prendere forma. […] A volte per entrare nel ruolo faccio finta di essere un attore che potrebbe essere perfetto per quella parte… A volte faccio l’imitazione di uno dei miei personaggi cinematografici preferiti di tutti i tempi, Bugs Bunny. O leggo come Woody Allen o Marlon Brando, o anche Elvis» • «Sono i registi che mi attribuiscono certe parti, e io non faccio altro che accettarle. Certo, i personaggi distruttivi risultano spesso più interessanti, perché hanno una psicologia complessa. Ma non bisogna pensarci troppo: recitare vuol dire trasferire sullo schermo sensazioni del tutto passeggere, legate alla giornata, al momento che si attraversa. […] Il cinema è una cosa molto bella, ti fa diventare famoso in poco tempo e ti fa guadagnare un sacco di soldi: il teatro invece è divertente perché offre la possibilità di stabilire un rapporto diretto con il pubblico» (a Fulvia Caprara). «Il suo sogno è che gli vengano offerti ruoli di persone assolutamente normali: “Quelli che interpretava in genere Fred MacMurray”, spiega, “un uomo con una moglie, dei bambini, un cane, una casa. Con i figli che mi vengono a chiedere ‘Cosa dobbiamo fare, papà?’, e io che rispondo: ‘State sempre attenti’. L’unica cosa che chiederei è almeno una scena di danza”. […] Ha interpretato un centinaio di pellicole e raramente rifiuta un ruolo, perché ritiene che qualunque film sia un’esperienza che lo arricchisce come uomo e come professionista. Quando i suoi fan gli fanno notare che alcuni di questi film sono di scarsa qualità, risponde: “Non sapete quanto è bella la casa che quei film mi hanno consentito di comprare”» (Monda) • «Il personaggio interpretato a cui è più affezionato? “Soprattutto a teatro c’è un personaggio principale che viene sempre trascurato: lo spettatore. Per me il pubblico resta il più grande film e la più bella commedia della mia vita. Sento parlare gli atleti di ‘zona’, ‘medaglia’, ‘punteggio superato sul filo di lana’. Mi sento come loro, un olimpionico del cinema, in mezzo a un applauso”» (Brunamonti) • «Non ci sono molti ruoli per i quali sono dispiaciuto di aver detto di no. Sono più quelli che avrei voluto interpretare e hanno invece dato ad altri!».