Charlie, 10 aprile 2022
Il New York Times e Twitter
Le attenzioni che il mondo dell’informazione mondiale ha sempre nei confronti di quello che fa il New York Times - il quotidiano americano considerato “in un altro campionato” in termini di qualità e di risorse e potere - hanno avuto questa settimana soddisfazione grazie all’iniziativa del direttore Dean Baquet di insistere con la sua redazione perché passi meno tempo su Twitter. Ovvero il social network che oggi è il maggior strumento online di raccolta di informazioni e notizie per i giornalisti, ma che può anche essere il maggior luogo di dispersione di tempo ed emozioni, e di travisamento della percezione della realtà. Baquet - che mostra argomentate insofferenze nei confronti dei social network da tempo - ha diffuso delle comunicazioni interne che hanno fatto notizia (negli anni passati molti giornali hanno invece incentivato i giornalisti a una presenza su Twitter che potesse promuovere le attività delle loro testate), e ha spiegato meglio il suo parere in un’intervista con il sito specializzato NiemanLab. In cui il giornalista Joshua Benton sintetizza le preoccupazioni del direttore così:
- Twitter occupa troppo del tempo dei giornalisti
- influenza il loro giornalismo cambiando la loro impressione su chi sia il loro pubblico e quali siano le reazioni al loro lavoro
- è un fattore maggiore di molestie e violenze verbali nei loro confronti
- tweet “sbagliati” sono un danno significativo alla reputazione del giornale e dei suoi dipendenti.
Le istruzioni di Baquet alla sua redazione sono state accolte con dubbi e scetticismi da molti: un po’ perché districare l’uso proficuo e professionale di Twitter dalla sua abituale frequentazione quotidiana - con le controindicazioni che implica - è molto difficile, e un po’ perchè parliamo di un’attività sociale che ha ormai una presenza rilevantissima nella vita di tante persone, al pari di altri social network.
(Charlie è la newsletter del Post «sul dannato futuro dei giornali»)