Avvenire, 10 aprile 2022
A Bari la tratta delle donne romene
Corteggiate, sedotte e portate in Italia con la promessa della felicità, di una famiglia e una vita agiata, e invece poi costrette a prostituirsi, picchiate brutalmente se si ribellavano, fatte abortire più volte, segregate e sorvegliate a vista per impedirne la fuga. Il giro di prostituzione di almeno 50 giovani donne straniere, anche minorenni, prevalentemente rumene, sarebbe stato gestito per anni da un gruppo di connazionali, con la complicità e collaborazione – per il supporto logistico – di cittadini italiani e con base operativa in un appartamento nel centro di Ba- ri. Nei confronti di venti persone sono scattati ieri gli arresti della Polizia (14 in carcere e 6 ai domiciliari, tre ancora irreperibili). Complessivamente gli indagati sono 33. Il presunto capo dell’organizzazione, che avrebbe ridotto in schiavitù le ragazze per poi farle prostituire, è il 29enne Marius Alin Ceaciru, soprannominato «il principe». Sarebbe stato lui a corteggiare le giovani donne, «dal fragile profilo emotivo e psicologico» dicono gli inquirenti della Dda di Bari, mostrando sui social foto con macchine lussuose e bicchieri di champagne per sedurle e convincerle a seguirlo in Italia. È il metodo dei «Lover Boys», che consente agli aguzzini di alimentare l’illusione di una vita migliore lontano dal proprio Paese e, una volta stabilito il contatto, vincolare le donne emotivamente a sé per poi manipolarne i sentimenti, sottoponendole a vessazioni via via crescenti, spacciate per «prove d’amore», fino a esercitare il totale controllo psicologico sulle vittime e avviarle alla prostituzione, gestendone per intero i proventi. Un giro d’affari stimato in circa 3 milioni di euro annui.
Nel marzo 2017 una delle giovani vittime fu travolta da un’auto mentre tentava di fuggire. Un’altra donna sarebbe stata sfigurata dal suo «protettore» per aver preteso, credendo nella storia d’amore, di mettere su famiglia e figli. Una ragazza sarebbe stata fatta abortire cinque volte, un’altra sarebbe finita in ospedale dopo essere stata costretta ad assumere più di 10 pillole abortive e ad un’altra ancora sarebbe stato proposto «prima di abbandonare il bambino in ospedale e poi di venderlo ad una coppia benestante». Uno degli indagati, poi, avrebbe sottoposto anche moglie e figli a continue aggressioni fisiche e violenze psicologiche.
«Un’indagine difficile anche umanamente, per la fatica che si fa ad avere a che fare con vicende tanto dolorose – ha detto il procuratore aggiunto Francesco Giannella, che ha coordinato le indagini con il pm Marco D’Agostino –. Da uomo, insieme agli altri uomini che hanno lavorato a questa indagine, ci sentiamo di dovere anche delle scuse al mondo femminile che continua a subire queste vergognose ingiustizie, questi soprusi che non sono degni di una umanità di questo millennio».