il Giornale, 10 aprile 2022
Il ritorno di Berlusconi
Cari amici,
il vostro applauso, il vostro affetto, il vostro calore fanno davvero bene al cuore.
Oggi in particolare, perché questo incontro ha, per me e per tutti noi, un significato speciale. Oggi riprendiamo, dopo quasi tre anni, a incontrarci in presenza, a parlarci guardandoci negli occhi, a ragionare insieme sul nostro futuro, sul futuro del Paese, il Paese che amiamo.
Uso questa espressione, «il Paese che amiamo», perché il discorso di oggi si associa idealmente a un altro, a quello che ho pronunciato 28 anni fa, quando ho lasciato il lavoro che amavo – il lavoro di imprenditore che mi aveva dato tante soddisfazioni – per scendere in campo in politica e contrastare la presa del potere da parte della sinistra comunista.
Quella di oggi potrebbe essere insomma una nuova discesa in campo, come allora guardando al futuro, come allora coscienti delle nostre idee, dei nostri valori, dei nostri programmi, consapevoli che tutto questo è indispensabile e insostituibile per il futuro del nostro Paese.
Oggi come allora siamo in politica non soltanto per ragioni contingenti, immediate, ma siamo in politica perché rappresentiamo qualcosa che in Italia non è mai esistito prima e che senza di noi non esisterebbe, qualcosa di cui un grande paese dell’Occidente come l’Italia ha assoluto bisogno.
Ventotto anni fa abbiamo proposto un modello di profondo, di radicale rinnovamento della politica italiana, nel quale potessero riconoscersi ceti fino a quel momento non rappresentati.
Al professionismo della vecchia politica abbiamo voluto sostituire le competenze, l’esperienza, la passione civile dei ceti produttivi, degli imprenditori, dei professionisti, degli uomini di cultura.
Abbiamo portato la presenza femminile in politica ai massimi livelli, come era doveroso, perché nessun Paese può permettersi di fare a meno del contributo della metà dei propri cittadini.
In questi 28 anni abbiamo scritto la storia. Abbiamo creato il bipolarismo in Italia, abbiamo reso possibile l’esistenza di un centrodestra di governo, un centrodestra che senza di noi non sarebbe mai esistito, non esisterebbe oggi e non potrebbe esistere neppure per il futuro.
Abbiamo cambiato il paradigma della politica italiana, anche per i nostri avversari, introducendo temi, dal contenimento della pressione fiscale alla riforma della giustizia, dei quali non si parlerebbe in concreto, se noi per primi non ne avessimo fatto le nostre bandiere.
In 10 di questi 28 anni abbiamo governato, e lo abbiamo fatto molto bene, senza mai mettere le mani nelle tasche degli italiani, senza mai adottare un provvedimento che restringesse la libertà dei nostri concittadini, abbiamo reso l’Italia protagonista nel mondo non per la nostra forza militare o per la nostra forza economica ma per la nostra capacità di costruire relazioni importanti e di indicare la strada per le soluzioni di conflitti internazionali.
Siamo stati anche per molti anni all’opposizione, abbiamo dovuto subire dei ribaltoni che hanno cancellato la volontà popolare espressa dagli elettori.
È successo nel 1995, è successo nel 2011.
È bene non dimenticare mai che a tutt’oggi il nostro è stato l’ultimo governo che è nato come espressione diretta e coerente del risultato delle urne. Da allora – e sono passati più di dieci anni – tutti i governi, sottolineo tutti, sono stati espressione di manovre parlamentari.
In questi anni abbiamo dovuto subire una persecuzione giudiziaria, con più di 100 processi che hanno colpito non solo me, ma anche i miei collaboratori e le aziende che avevo fondato e che non gestisco più da molti anni.
Tutto questo fino alla grottesca espulsione dal Senato e dalla politica attiva, di cui sono stato vittima 9 anni fa e sulla quale aspetto ancora che la Corte Europea dei diritti dell’uomo faccia chiarezza e faccia giustizia.
Tutto questo ci ha indeboliti. Certamente, i nostri numeri non sono quelli del passato e non sono quelli che io vorrei, ma non ci hanno sconfitti, noi siamo ancora qui, più determinati e, soprattutto, più determinanti che mai.
I numeri, dicevo: non ci soddisfano, ma sono in continua e costante ascesa. Una ascesa che premia il buon lavoro fatto da tutti voi, da tutta la squadra di Forza Italia.
Noi siamo stati e siamo dalla parte delle istituzioni, siamo dalla parte della Repubblica, siamo dalla parte degli italiani.
Siamo coerentemente e orgogliosamente i fondatori del centrodestra italiano e nel centrodestra rimarremo con assoluta coerenza.
Ma se dovessi dare una definizione di noi stessi, direi che siamo prima di tutto italiani che amano il loro Paese.
L’Italia ha bisogno di una forza politica come noi, di un partito che sia al tempo stesso profondamente e coerentemente una forza politica liberale, una forza politica cristiana, una forza politica europeista, una forza politica garantista.
Una forza politica come i Cristiano-Democratici in Germania, come i Repubblicani in Francia, come il Partito Popolare in Spagna, come i Conservatori nel Regno Unito, come i Repubblicani negli Stati Uniti: sono forze politiche molto diverse fra loro, ma tutte sono state e saranno una forza credibile di governo nei loro Paesi, una forza alternativa alla sinistra, una forza distinta dalla destra, in sistemi bipolari maturi.
Nella storia italiana le grandi correnti di pensiero alle quali noi ci ricolleghiamo hanno avuto storie illustri e grandi protagonisti, ma non hanno mai saputo mettersi insieme, non hanno mai saputo creare un contenitore politico comune.
Voglio ripeterlo: noi siamo liberali, come lo sono stati Cavour, Einaudi, Croce, perché noi crediamo nella libertà come principio fondante delle società umane e crediamo nella persona come portatrice di valori e di diritti assoluti, diritti che non vengono concessi dallo Stato ma derivano da Dio o dalla stessa natura umana.
Per le stesse ragioni siamo Cristiani, come lo erano Don Sturzo e De Gasperi, perché le idee della sacralità della persona, del libero arbìtrio, della parità di diritti di tutti gli esseri umani ci vengono direttamente dal messaggio cristiano.
Noi siamo europeisti, ancora una volta come Einaudi e De Gasperi, come Gaetano Martino, perché l’Europa è il luogo nel quale i valori cristiani e i principi liberali hanno trovato applicazione in un comune modello di cultura e di società.
E siamo garantisti, perché la sacralità della persona e dei suoi diritti di libertà deve prevalere sul rischio di un uso arbitrario o strumentale dei poteri dello Stato.
Perciò, per tutte queste ragioni l’Italia ha bisogno di noi, ha bisogno di queste nostre idee, di questi nostri valori, oggi come nel ’94. E ne ha bisogno prima di tutto il centrodestra, se vuole essere forza di governo.
Il centrodestra è la nostra casa. È la casa che abbiamo costruito noi. Non esisterebbe un centrodestra in Italia se noi non lo avessimo fondato e tenuto in vita, anche facendo dei sacrifici e pagando dei prezzi politici rilevanti.
Noi siamo diversi dai nostri amici ed alleati, ai quali ci lega un rapporto di lealtà, di stima, di condivisione che verifichiamo ogni giorno nel governare insieme molte regioni e molti comuni. Un rapporto che non è venuto meno neppure con la nascita del governo di emergenza e di unità nazionale, quando Fratelli d’Italia ha perso, a mio giudizio, l’occasione, entrando nel governo, di essere partecipe del rilancio del Paese con le sue idee, con i suoi programmi, con le sue donne e con i suoi uomini.
In questa alleanza del centrodestra noi siamo ovviamente determinanti.
Lo siamo sul piano dei numeri, perché senza di noi non esiste nessuna maggioranza possibile, né di destra né, per assurdo, di sinistra.
Ma soprattutto siamo determinanti sul piano delle decisioni politiche, il che conta ancora di più.
Noi dunque rappresentiamo il centro.
La nostra idea di centro non è affatto quella dei «due forni» della Prima Repubblica. Non è un centro equidistante che può allearsi indifferentemente con la destra o con la sinistra.
Il nostro centro è alternativo alla sinistra e distinto dalla destra, con cui siamo e saremo alleati.
Il nostro centro è quello del Partito Popolare Europeo, il PPE, il più importante partito nel Parlamento Europeo, il partito di cui siamo parte e che orgogliosamente rappresentiamo in Italia.
Cari amici, io personalmente ho stabilito rapporti di grande amicizia e cordialità con i maggiori leader del pianeta, rapporti che si sono rivelati utili anche in tante occasioni di crisi, e la nostra politica è sempre stata, di rigorosa e costante fedeltà all’Europa, di rigorosa e costante fedeltà all’Alleanza Atlantica, di rigorosa e costante fedeltà all’Occidente.
E lo è anche oggi, in una stagione nella quale cupi venti di guerra soffiano sull’Europa. Venti di guerra che devastano una nazione importante come l’Ucraina, e che non avremmo mai più creduto potessero ancora manifestarsi nel nostro continente.
Nella politica internazionale ho sempre operato cercando di includere anche la Russia in una nuova architettura di sicurezza europea e avevo trovato fautori autorevoli anche nelle amministrazioni americane. Grazie alle buone relazioni personali che avevo instaurato sia con George Bush che con Putin, questa politica aveva portato, per mia iniziativa, al famoso accordo NATO-Russia, sottoscritto a Pratica di Mare nel 2002, accordo che pose fine alla guerra fredda che durava da più di trent’anni.
Ho sempre insistito in Europa affinché l’Unione Europea arrivasse ad un’unica politica estera e a una comune politica di difesa, coordinando tutte le forze militari dei vari Paesi e dando vita a un corpo di pronto intervento di 50-100mila uomini.
In questo modo l’Europa sarebbe assurta al ruolo di potenza militare mondiale ed avrebbe potuto mettere insieme una alleanza con gli Stati Uniti, con la Federazione russa, con l’Australia e con il Giappone, un’alleanza che sarebbe stata in grado di contenere l’espansionismo cinese sia economico che politico e militare.
Purtroppo non è andata così.
L’Europa non si è mai data né un’unica politica estera né una politica di difesa comune e oggi siamo di fronte ad una aggressione senza precedenti messa in atto dalla Russia ai danni di un paese neutrale come l’Ucraina, che sta combattendo con valore e determinazione per la propria libertà. Una aggressione che anziché portare la Russia in Europa l’ha portata nelle braccia della Cina.
Peccato, davvero peccato!
Non posso e non voglio nascondere di essere profondamente deluso ed addolorato dal comportamento di Vladimir Putin, che si è assunto una gravissima responsabilità di fronte al mondo intero.
Noi non abbiamo avuto alcuna esitazione a schierarci: la posizione di Forza Italia è quella espressa nella durissima «Risoluzione contro l’aggressione della Russia all’Ucraina» approvata dal Parlamento Europeo in seduta straordinaria il primo marzo, risoluzione che io ho convintamente votato.
Una posizione tante volte poi ribadita in modo perfetto da Antonio Tajani e dai nostri gruppi in Parlamento. È una posizione di pieno sostegno, senza distinguo, alla linea dell’esecutivo di cui facciamo parte.
Voglio dire ancora di più: di fronte all’orrore dei massacri di civili a Bucha e in altre località ucraine, veri e propri crimini di guerra, la Russia non può negare le sue responsabilità. Dovrebbe al contrario, nel suo stesso interesse, identificare e mettere sotto processo i responsabili di comportamenti che il diritto e la morale considerano inaccettabili anche in tempo di guerra.
Dunque Forza Italia, voglio ripeterlo ancora, è sempre stata ed è oggi a maggior ragione dalla parte dell’Europa, dalla parte, dell’Alleanza Atlantica, dalla parte dell’Occidente.
Forza Italia è sempre stata dalla parte della Libertà.
Anche della libertà del popolo ucraino, la libertà di difendere il proprio futuro.
In queste settimane ho guardato, come tutti voi, con crescente incredulità, con dolore e con rabbia, le immagini atroci che le televisioni ci trasmettono.
Bisogna fare tutto il possibile perché tutto questo finisca al più presto, per mettere fine alla brutalità della guerra e l’Italia deve lavorare a questo scopo, perché si arrivi ad un compromesso accettabile per tutti. Questo significa però che la libertà e l’integrità dell’Ucraina devono essere garantite.
Noi auspichiamo che i rapporti fra Russia, Stati Uniti, Europa, tornino ad essere dialoganti. Ma spetta alla Russia adesso fare un passo nella giusta direzione, facendo tacere le armi. Il cessate il fuoco da parte della Russia è fondamentale e prioritario.
Uscire in fretta da questa crisi è necessario per il mondo intero, perché si rischia di avere conseguenze drammatiche a livello globale: l’aumento del costo dell’energia, l’aumento del costo delle materie prime, le limitazioni ai commerci e al turismo potrebbero diventare fatali per le economie già deboli dei paesi in via di sviluppo, portando alla fame, a rivolte, a nuovi conflitti.
Al tempo stesso questa crisi rischia di costare molto cara anche all’Europa e all’Italia che stanno pagando in termini economici un prezzo molto alto.
Un prezzo che, per noi, deriva innanzitutto dalla mancata diversificazione delle fonti di energia.
Ci hanno danneggiato le scelte ideologiche che hanno portato alla rinuncia del nucleare, che hanno portato alla riduzione della produzione e della ricerca nazionale che hanno portato al blocco dei rigassificatori.
Per questo non siamo in grado di rinunciare, almeno nell’immediato, alle forniture di gas russo.
Anche se questo deve essere il nostro obiettivo nei tempi giusti.
Ora si invoca una politica dell’energia comune mentre l’Europa paga ancora una volta la debolezza che le deriva dall’assenza di leader e soprattutto dall’assenza di una politica (...)
(...) estera unica e di una politica di difesa comune, quelle innovazioni che da sempre io ho invocato, naturalmente in una stretta alleanza con gli Stati Uniti, paese guida del mondo libero, Paese al quale ci lega un profondo debito di riconoscenza.
L’ho ricordato quando ho avuto l’onore di prendere la parola davanti al Congresso americano. Voglio citarne un passaggio: «Sarò sempre grato agli Stati Uniti per aver salvato il mio Paese dal fascismo e dal nazismo a costo del sacrificio di tante giovani vite americane. Sarò sempre grato agli Stati Uniti perché nei lunghi decenni della Guerra fredda hanno difeso l’Europa dalla minaccia dell’Unione Sovietica. Sarò sempre grato agli Stati Uniti per aver aiutato il mio Paese a vincere la povertà e a conseguire crescita e prosperità dopo la Seconda Guerra Mondiale grazie alla generosità del Piano Marshall». Era il primo marzo del 2006.
Quindi su dove siamo, su questa nostra scelta di campo non ci possono essere dubbi.
Oggi la crisi ucraina ci mette sotto gli occhi un’altra triste realtà. Nel gennaio del 2022 la popolazione umana ha raggiunto gli 8 miliardi di persone. Fra loro, secondo gli ultimi studi, soltanto 2 miliardi di esseri umani vivono in nazioni che si possono definire libere e democratiche, secondo il modello occidentale.
Gli altri 6 miliardi, cioè i 3/4 della popolazione mondiale, secondo questi studi sono governati da dittature, da sistemi autoritari o comunque si trovano a vivere in condizioni di insufficiente libertà politica e insufficiente libertà economica e civile.
Diciamocelo francamente, finora ci eravamo cullati in un bel sogno: quello di pensare che la democrazia potesse essere universale, che si potesse realizzare in tutto il mondo.
E invece, purtroppo, non è così!
Cari amici, la vicenda del conflitto Russo-Ucraìno richiama la nostra attenzione anche su un altro aspetto importante. La fragilità di quello che Kissinger definì l’ordine liberale internazionale, quell’assetto pacifico nei rapporti fra gli Stati che è basato sul diritto internazionale, e che favorisce la libertà dei commerci e la libertà della circolazione delle persone, delle merci e delle idee.
L’ordine liberale internazionale è un ordine messo in crisi da vicende come quella ucraina, messo in crisi dal comportamento irresponsabile di dittatori come quello della Corea del Nord, ma soprattutto messo in crisi dalla politica egemonica ed espansionistica della Cina. Una politica che coniuga il totalitarismo comunista con antichi disegni espansionistici dell’Impero Cinese.
Per tutti questi motivi io penso che sia indispensabile ricondurre la Cina alle regole di un ordinamento internazionale condiviso, quello sul quale si è fondata la crescita negli ultimi decenni, una crescita impetuosa per molti Paesi, un ordinamento internazionale che ha portato due miliardi di persone ad un tenore di vita, di sicurezza, di alimentazione, di accesso alle cure mediche e alla scuola, che non ha eguali nella storia dell’umanità.
Una storia che tocca a noi liberali continuare a scrivere, nel mondo e prima di tutto in Italia.
Perché le nostre ricette sono quelle della crescita, del diritto, della pace, di quella stabilità di cui abbiamo straordinariamente bisogno perché le fragilità del nostro Paese si stanno dimostrando in modo molto serio, proprio in queste settimane.
Infatti stavamo uscendo lentamente e con fatica dalla crisi legata al Covid, grazie alle politiche del nostro governo di unità nazionale e soprattutto grazie all’aiuto dell’Europa, aiuto che abbiamo ottenuto grazie ai nostri diretti interventi sui protagonisti di quasi tutti i paesi europei.
Un aiuto quello dell’Europa che questa volta è stato finalmente concreto, adeguato, solerte, come non era accaduto in passato su altri temi.
Un aiuto, quello dell’Europa, favorito questa volta anche dal governo di emergenza e di unità delle forze politiche che, voglio ripeterlo noi abbiamo voluto, per salvaguardare l’interesse nazionale.
Ma ora il nostro governo ha di fronte un nuovo e difficile compito, perché la crisi internazionale sta mettendo di nuovo in discussione la fragile ripresa che si era appena avviata.
Tutti noi sentiamo l’angoscia delle famiglie e delle imprese di fronte agli aumenti insostenibili del costo delle materie prime, di fronte agli aumenti delle bollette della luce e del gas, di fronte all’inflazione ormai al 7%, di fronte alle difficoltà del settore agricolo e degli allevatori. E le aziende saranno, prima o poi costrette, per non fallire, a trasferire sui consumatori l’aumento dei loro costi industriali.
Si aprirebbe così un circolo vizioso, una spirale negativa che dobbiamo assolutamente interrompere sul nascere.
Noi abbiamo ascoltato in questi giorni il grido di allarme di molte categorie produttive. È stato importante dialogare con loro e ringrazio i loro presidenti di essere intervenuti a questa nostra manifestazione. Li abbiamo invitati perché vogliamo ragionare sul futuro dell’Italia con chi lo costruisce concretamente ogni giorno, nel lavoro e nell’impresa.
A tutti loro, alle categorie produttive, voglio dire che non sono soli, che non saranno mai soli, che le loro preoccupazioni sono le nostre, che le loro richieste sono le nostre.
Questa è la mia risposta positiva alle richieste che mi sono state fatte ieri da questo palco.
Come governo abbiamo davanti a noi un compito difficilissimo: evitare una nuova recessione.
Possiamo farlo perché l’Europa oggi ci consente politiche di bilancio flessibili e ci consente di utilizzare la leva fiscale per assorbire e attenuare gli aumenti. I provvedimenti che il governo ha preso sinora – anche su nostra richiesta – vanno nella direzione giusta, ma sono ancora insufficienti.
C’è ancora molto da fare, per salvare il futuro del nostro Paese. E solo politiche liberali possono riuscirci.
Solo un governo credibile in Europa può chiedere alla Banca Centrale Europea, alla Bce, di continuare a ricorrere all’acquisto di titoli di Stato per immettere liquidità nel mercato e per sostenere l’indebitamento degli Stati.
Così come solo un governo credibile in Europa può chiedere, come nel caso del Recovery Fund, l’emissione di titoli europei per finanziare le risposte alla crisi.
Noi abbiamo fiducia nella capacità del nostro governo di lavorare per il futuro ma il governo, devo dirlo, non può fare a meno del supporto delle forze politiche, noi compresi, e non può non considerare l’esistenza e la necessità di una normale dialettica parlamentare.
Noi siamo leali e lo saremo fino alla fine, ma non possiamo rinunciare alla nostra identità sostenendo provvedimenti che negano i nostri principi.
Noi non consentiremo mai a nessun governo, come non lo abbiamo mai consentito, di mettere le mani nelle tasche degli italiani.
Noi non consentiremo mai a nessun governo di colpire la casa, che per noi è sacra, è il simbolo dell’unità e della continuità della famiglia.
Non consentiremo mai a nessun governo di colpire il risparmio che è il frutto di una vita di lavoro, di sacrifici e di speranze.
Quella di non penalizzare il settore immobiliare è un’esigenza economica perché come dicono i francesi quand le bâtiment va, tout va, ma è anche un’esigenza morale, sociale e civile.
Come potremmo pensare di combattere la crisi demografica, per esempio, che è una delle più gravi minacce al nostro futuro, se rendessimo sempre più difficile alle giovani coppie comprare una casa o anche solo affittarla?
Ma torniamo al tema del nostro convegno: il futuro.
Il futuro passa per le grandi riforme che vogliamo realizzare per il Paese.
Prima di tutto, la riforma fiscale, per far pagare a tutti meno tasse, poi la riforma burocratica, per consentire a tutti di vivere meglio e di lavorare meglio, togliendo di mezzo le troppe difficoltà burocratiche che ci assediano.
E infine la riforma della giustizia, per vivere in un Paese che sia davvero libero e sicuro per tutti.
E sulla riforma della giustizia ribadisco che ci aspettiamo un ampio dibattito in Parlamento con l’approfondimento delle nostre osservazioni senza che venga posta la questione di fiducia.
Noi dunque siamo qui per costruire il futuro, per noi, per i nostri figli, per i nostri nipoti.
Io mi impegno ogni giorno per questo, e da oggi dopo nove anni di esclusione dal Parlamento e dalla politica italiana, tornerò a farlo più spesso anche in pubblico.
Forza Italia è e deve essere il partito del futuro, deve essere la forza politica che cresce non solo nei numeri ma anche nella qualità della sua classe dirigente.
Una classe dirigente della quale, voglio dirvelo, sono davvero orgoglioso.
Per tutti, voglio ringraziare Antonio Tajani, che svolge il suo ruolo di Coordinatore di Forza Italia con impegno e generosità, con la giustezza assoluta delle sue dichiarazioni, con la credibilità e il prestigio che gli vengono dalla sua storia e dalla sua esperienza internazionale.
Voglio ringraziare i nostri ministri, i nostri sottosegretari, i nostri capigruppo, i nostri parlamentari che lavorano nel modo migliore per affermare le nostre idee e i nostri programmi.
Voglio ringraziare tutti i dirigenti di Forza Italia, i dirigenti nazionali – il cui lavoro ha reso possibile questa nostra iniziativa e rende possibile a Forza Italia di funzionare ogni giorno – e i dirigenti territoriali che in condizioni difficilissime assicurano la nostra presenza capillare nelle regioni, nelle province e nei comuni.
Voglio ringraziare in modo particolare i nostri Presidenti di Regione, i nostri sindaci, i nostri amministratori sul territorio a tutti i livelli. Sono il modello del buongoverno, quel modello che vogliamo portare a livello nazionale.
Ancora: voglio ringraziare i nostri seniores, le nostre azzurre, i nostri giovani, che lavorano con passione e con generosità.
Insieme, tutti noi dobbiamo rafforzare la struttura di Forza Italia, dobbiamo rinnovarla, dobbiamo aprirla, dobbiamo allargarla, senza però che questo significhi sottovalutare le esperienze e le capacità dimostrate in questi anni da chi ha lealmente lavorato con noi.
Dobbiamo lavorare insieme per continuare a crescere sul piano dei numeri e della qualità, perché, anche se i sondaggi negli ultimi mesi sono in crescita, possiamo comunque arrivare molto ma molto più su e io sarò in campo per puntare a questo risultato.
Nel frattempo, dobbiamo costruire la classe dirigente del futuro e dobbiamo dare più forza a quella che già abbiamo.
Per questo abbiamo finalmente dato il via ai corsi dell’Universitas Libertatis, che sono tenuti da 40 professori universitari scelti con molta cura. È un mio antico progetto, che sono riuscito finalmente a realizzare. Abbiamo già moltissime adesioni, ma invito tutti voi a parteciparvi e a coinvolgere i nostri militanti e i nostri sostenitori.
Sono lezioni online, quindi non abbiamo problemi di numeri per la partecipazione, ma vi saranno anche appuntamenti dal vivo. Io stesso svolgerò presto una lectio magistralis a Villa Gernetto e altre saranno tenute da esponenti di assoluto prestigio della cultura, dell’economia, dell’impresa, della politica internazionale.
Care amiche, cari amici, cari azzurri, mi manca ancora un ringraziamento.
E l’ho voluto tenere per ultimo, perché è il più importante di tutti. È il grazie che rivolgo a voi, al meraviglioso popolo di Forza Italia, che è venuto qui così numeroso, e mi piange il cuore all’idea che troppi azzurri siano dovuti rimanere fuori da questa sala.
La vostra presenza, il lavoro di tutte le azzurre e di tutti gli azzurri nelle 100 province italiane e negli 8000 comuni italiani, significano che ovunque in Italia sventola la nostra bandiera, la bandiera della libertà. Significa che c’è in tutta l’Italia chi lavora con generosità e con dedizione per le nostre idee e per i nostri valori, senza chiedere nulla in cambio.
Il nostro futuro siete voi.
Siete la parte migliore dell’Italia. Siete il futuro del nostro Paese. Un futuro che, come dice il nostro bellissimo inno, «lo scriveremo noi con te». Altre volte vi ho nominati cavalieri della libertà. Oggi vi nomino, vi nomino tutti «costruttori di futuro», perché noi siamo in politica per questo. Per costruire il nostro futuro.
Con la vostra passione, con la vostra energia, con il vostro entusiasmo, con la vostra generosità, io sono sicuro che ce la faremo!
Ancora grazie, grazie di tutto, un forte abbraccio a ciascuno di voi.
Viva l’Italia, Viva Forza Italia, viva la Libertà.