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 2022  aprile 10 Domenica calendario

Intervista a Ornella Vanoni


Il 24 aprile riceverà una Targa Tenco speciale, poi sul palco al Primo maggiodi Luigi Bolognini Forse c’è qualcosa nell’acqua che beve, o più probabilmente nel Dna, fatto sta che Ornella Vanoni, dopo la fantastica carriera che ha avuto (sottolineiamo più quella che gli anni, 87, perché è una signora, e che signora), non ha minimamente voglia di fermarsi. E sta per compiere altri due passi dal valore simbolico notevole: il 24 aprile al Casinò di Sanremo riceverà il primo Premio speciale del Club Tenco, esattamente una settimana dopo debutterà sul palco del Concertone del Primo Maggio a Roma. E come sempre parlare con la cantante è tuffarsi in un magico mondo di ricordi, di pensieri e di sentimenti.Iniziamo dal Club Tenco che inaugura con lei questo nuovo premio.«Che gioia, ci siamo sempre voluti bene, mi hanno già premiata due volte nel 1981 come miglior disco ( Duemilatrecentouno parole ) e nel 1984 come miglior interprete ( Uomini ). E poi è sempre bello andarci perché non c’è gara, la musica non deve essere una gara, ma un incontro. Ci sono invece quelle favolose cene fino all’alba dove ridevo e scherzavo con gente come Guccini e Vecchioni. Sul palco questa volta canterò col pianista Fabio Valdemarin, l’autore e cantautore Fabio Ilacqua e Mauro Pagani per il quale non servono neppure definizioni».Dal Tenco a Tenco. L’ha conosciuto bene?«Abbastanza, non benissimo perché Luigi stava a Genova. Lo conobbi tramite Paoli, suonò per me il sax in Se qualcuno ti dirà, il lato B di Senza fine. Bellissimo, certo, e un gran talento, ma aveva sempre uno spirito soccombente, non pensava mai che ce l’avrebbe fatta, tanto quanto Gino era solare».E nel 1967 c’era anche lei al Sanremo in cui morì.«Dica pure che si uccise. Mai avuto dubbi sul suicidio. Sennò chi sarebbe stato, la Cia? Era uno straccio, in quei giorni. Gli dissi che doveva aprire gli occhi quando cantava, ma sembrava un gufo: era pieno di barbiturici e alcol, non reggeva l’emozione, credo che la Rai gli avesse tagliato un po’ il testo di Ciao amore ciao e che l’amore per Dalida in quel momento lo turbasse, era tutto troppo per lui».E non era forte di carattere come lei.«Ma guardi che io non lo sono: ho quella che si chiama timidezza del bruco, che mi ha sempre fatto apparire come una donna snob, ma nessuno ha mai creduto che fossi timida. Sono migliorata con l’età, un po’. Mi aiuta anche pensare ai tanti magnifici incontri che ho fatto».Alcuni li immaginiamo, Strehler, Paoli. Altri?«Musicalmente di sicuro Sergio Bardotti, grazie a cui sono entrata in altri mondi: il Brasile col disco assieme a Toquinho, il pop con i New Trolls, il jazz con Argilla. Bardotti era una benedizione. Fuori dalla musica le dico Hugo Pratt, una persona magica da ascoltare, stavi ore coi suoi racconti di viaggio. Corto Maltese era lui. E poi Gianni Versace, che ho conosciuto agli esordi: per due anni ho indossato i suoi abiti di metallo.Non le sto a dire: d’estate schiattavo di caldo, d’inverno congelavo, ma erano magnifici».Tanti bei ricordi. Ma la guerra attuale le evocherà anche quelli brutti, di bambina.«Quando in tv sento le sirene dell’Ucraina penso a quelle che suonavano a Varese, dove ero sfollata. Allora dovevamo uscire di casa vestiti alla bell’e meglio e stare nei prati, con papà che mi proteggeva col corpo. E poi l’insegnante di matematica a cui dissi “a domani” e lei “penso di no, sono ebrea”. Terribile.Adesso mi torna in mente tutto questo, ma ci aggiungo il dolore per i giovani d’oggi, che hanno perso due anni di scuola, di incontri, di amicizie, e adesso si trovano pure la paura dell’atomica».La musica non la consola?«Come no: metto un disco qualsiasi di Lucio Dalla e sono felice. Ma so ascoltare anche la musica di oggi, perché dobbiamo vivere il nostro tempo. Mi piace Mahmood, mi piace Marracash, e che bella la sua collaborazione con Vasco.Ecco, poi Vasco, ha sempre questa capacità di scrivere in modo semplice, che è difficilissimo, e così sa arrivare a tutti, che è quello che deve fare un artista».E arriviamo al Primo Maggio.Un debutto, al concertone.«Ma adesso è il momento giusto.E a proposito di Sergio Bardotti, porterò una magnifica canzone di Chico Buarque de Hollanda, che lui tradusse e io fui la prima a cantare in Italia: La costruzione.Una canzone dedicata a un operaio che muore cadendo da un’impalcatura. Dove altro potrei cantarla, se non alla Festa dei lavoratori?».