Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  aprile 10 Domenica calendario

Csm, l’intesa c’è

Anche se restano dei “ma…” e dei “sì, però…” – quelli della Lega e di Italia viva – la riforma del Csm, a sorpresa visto l’altolà di Salvini della sera prima – fa un netto passo avanti. La Guardasigilli Marta Cartabia, dopo due ore di riunione via teams, può dire che «sui contenuti ci siamo, la maggioranza ha condiviso i punti che si è impegnata a sostenere, e ringrazio i partiti per lo spirito costruttivo che ha consentito di arrivare alla sintesi». E ancora, quasi a prevenire i distinguo: «La riforma è figlia di questa coalizione composta di tante anime». Sul tavolo già ci sono quelli della Lega che, “per coerenza”, annuncia che voterà per emendamenti (di FdI e Iv) identici ai referendum sulla giustizia per cui ha raccolto le firme con i Radicali. Un annuncio che fa infuriare il Pd. E fa dire alla responsabile Giustizia del M5S Giulia Sarti: «Per noi è inaccettabile l’atteggiamento della Lega e di Iv. Devono chiarire se stanno ancora in maggioranza o no. Se votano con FdI e di Iv su zero passaggi di funzione, voto diretto degli avvocati nei consigli giudiziari e sorteggio temperato, allora c’è un problema di tenuta del governo». Ma Cartabia controbatte che «la riforma non svuota i quesiti referendari sulla separazione delle funzioni». E ricorda che non solo «il Paese si aspetta questa riforma», ma anche «quell’applauso corale dell’intero Parlamento per Mattarella che insisteva sull’urgenza inderogabile della nuova legge». E adesso bisogna essere coerenti con quel lungo battimani.
Sembra fatta. «Sui contenuti ci siamo» dice Cartabia. Ed ecco i punti che hanno richiesto maggiore fatica per l’intesa. Nella carriera di una toga ci sarà un solo passaggio di funzioni da giudice a pm e viceversa. Anziché i quattro di oggi. E un sistema elettorale in cui, all’ultimo momento, si svolgerà il sorteggio dei distretti giudiziari in cui si vota per bloccare gli accordi tra le correnti. Nella legge c’è il definitivo stop delle “porte girevoli” tra politica e magistratura. La carriera di un giudice sarà riassunta in un fascicolo anche con le sue decisioni giudiziarie. Una «mia vittoria» dice Enrico Costa di Azione. Una «schedatura» attacca l’Anm, ma da via Arenula precisano che il fascicolo esiste già adesso al Csm, e non sarà mai sul tavolo della Guardasigilli. «Per noi è un risultato storico, non avrei mai pensato di portare a casa le porte girevoli e una così netta separazione delle funzioni. Per giunta con l’accordo di M5S. Per una volta il Parlamento deciderà senza subire le pressioni dei magistrati» dice il forzista Pierantonio Zanettin. E il suo entusiasmo fa capire quanto all’opposto siano contrariati i magistrati. Ma Berlusconi, come Salvini, chiede che non venga messa la fiducia. Per Fi è Nicolò Ghedini, in stretto contatto con Giulia Bongiorno, a insistere perché sulla riforma si vada avanti. Già venerdì sera dà il via libera ai suoi. Fioccano i colloqui tra Cartabia e Bongiorno. E ieri mattina l’accordo si chiude. La ministra chiede al leghista Roberto Turri se il suo partito è pronto ad andare avanti e lui dice che «lo stop di ieri è superato». Invece Iv manda avanti il deputato e tuttora toga Cosimo Ferri, sotto inchiesta disciplinare al Csm, che parla di «una riforma al ribasso che non cambierà niente» su cui Iv vuole avere mani libere. Mentre Enrico Costa di Azione sottoscrive «le valutazioni puntuali delle attività dei magistrati con il fascicolo delle performance, il rigoroso rispetto della presunzione d’innocenza, la sospensione dalle funzioni per il pm che chiede arresti omettendo di allegare elementi rilevanti per la decisione, lo stop alle porte girevoli, il giro di vite sui fuori ruolo». Tutto quello che all’opposto fa parlare l’Anm di «regressione culturale», di «logiche aziendalistiche», di «separazione delle carriere di fatto», subito messa a tacere dalla Lega con un «non ci facciamo condizionare dalla casta minoritaria delle toghe di sinistra». Peccato che la toga che parla, il segretario dell’Anm Salvatore Casciaro, sia della destra di Magistratura indipendente, lo stesso gruppo di Ferri.