la Repubblica, 10 aprile 2022
La prof russa che richia 15 anni di galere per aver parlato dell’Ucraina in classe
MOSCA – Lo scorso 18 marzo, ottavo anniversario dell’annessione russa della Crimea, Irina Gen, insegnante d’inglese e tedesco nella scuola della riserva olimpica di Penza, ha trovato scarabocchiata sulla lavagna una “Z”, famigerato simbolo della cosiddetta “operazione militare speciale” in Ucraina. «Assomiglia a una mezza svastica», ha commentato. Più tardi una studentessa dell’ottavo grado (14-15 anni) le ha chiesto perché gli atleti russi fossero stati banditi dalle competizioni sportive internazionali. «Penso sia giusto. Almeno finché la Russia non inizierà a comportarsi in modo civile», ha risposto Gen, 55 anni. «Siamo un Paese paria», ha continuato, condannando il modo distorto con cui i media statali russi avevano presentato il raid a Mariupol. «La Russia voleva raggiungere Kiev e rovesciare il governo. L’Ucraina è uno Stato sovrano. Viviamo in un regime totalitario. Ogni dissenso è reato», ha insistito, ignorando che i suoi studenti la stessero registrando. Cinque giorni dopo, è stata convocata dall’Fsb, erede del Kgb, che la ha informata di aver ricevuto un audio di quello scambio di battute poi finito sul popolare canale Telegram Baza : «Le costerà un procedimento penale al 100%». Da quando Vladimir Putin ha aizzato i «veri patrioti» contro «feccia e traditori», sempre più studenti denunciano gli insegnanti in un’inquietante eco del terrore staliniano contro i “nemici del popolo”.
«La mia famiglia ha già affrontato una campagna di delazione sotto l’Urss. Speravo di sfondare la propaganda. Ma ecco dove mi ha portata», ha commentato Gen che si è dimessa dopo vent’anni d’insegnamento e ora rischia fino a 15 anni di carcere per “aver diffuso informazioni false” e “screditato” l’esercito russo ai sensi della legge approvata il 4 marzo. Ma non serba rancore per gli studenti. «Seguono i loro genitori. L’unico rammarico è non essere riuscita a penetrare le loro menti e i loro cuori». Quello di Gen non è un caso isolato. Le scuole sono vitali per «vincere» quella che il ministro dell’Istruzione Sergej Kravtsov ha definito «guerra informatica e psicologica» contro l’Occidente. Da quando Mosca ha lanciato l’offensiva in Ucraina, il programma scolastico è saltato. I social sono stati inondati di foto di scolari, persino di asili nido, costretti a posare a forma di “Z”. Gli insegnanti sono stati incaricati di spiegare perché la Russia deve combattere contro il «regime fascista ucraino» seguendo opuscoli con le risposte da dare agli eventuali interrogativi dei ragazzi. Ai più piccoli è stato mostrato il cartone animato V anja e Mykola dove il russo Vanja strappa un bastone all’ucraino Mykola perché non possa più picchiare i più piccini che rappresentano Donetsk e Lugansk. Il 3 marzo si è tenuta la videolezione per gli studenti sui “Difensori della pace”, il 10 marzo il corso “Manipolazione dell’informazione” riservato ai genitori, mentre l’11 marzo gli insegnanti di Mosca sono stati obbligati a seguire un video della direttrice di Rt e Sputnik Margarita Simonjan e della portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova. A Tomsk sono stati distribuiti tutorial su come confutare la propaganda occidentale con esempi contrassegnati come fejk, falso, o pravda, vero. I docenti hanno dovuto tenere lezioni sulla “Confraternita dei popoli slavi” e in particolare di Russia, Bielorussia e Ucraina, mentre nei prossimi giorni dovranno spiegare come le sanzioni occidentali giovino all’economia. Chi non si attiene alle direttive viene allontanato o, peggio, denunciato.
A volte non si arriva al processo. Kamran Manafly, insegnante di geografia di 28 anni di Mosca, ha lasciato il Paese dopo essere stato licenziato per essersi rifiutato di seguire i nuovi manuali. Ad Astrakhan l’insegnante di matematica Elena Baibekova è stata licenziata per aver parlato di politica in classe. «Ho detto al dirigente scolastico che ora so che aspetto avevano le persone che scrivevano denunce nel 1937. Mi ha risposto che ora sa che aspetto hanno i fascisti e i traditori della patria». Alcuni se la sono cavati con una multa, come la docente dell’Università dell’Amur Evgenja Paygina che aveva condannato l’annessione della Crimea e criticato chi ostenta la lettera “Z”. A Nerjungri, Siberia, l’insegnante di storia Andrej Shestakov è stato invitato a dimettersi dopo essere stato multato di 35mila rubli (400 euro). Marina Dubrova, altra insegnante di inglese di Korsakov, sull’isola Sakhalin, è stata “incastrata” dopo aver mostrato agli studenti di 14-15 anni un video YouTube in cui russi e ucraini cantavano di “un mondo senza guerre”. Durante la ricreazione un gruppo di studentesse le ha chiesto cosa pensasse dell’Ucraina. «È un Paese separato», ha detto. Pochi giorni dopo Dubrova si è ritrovata la polizia in classe. Un tribunale le ha fatto ascoltare una registrazione di quel botta e risposta e la ha multata. La scuola l’ha licenziata per “comportamento amorale”, ma alcuni studenti hanno lanciato una colletta raccogliendo 130 euro prima che lei li fermasse. Segno che non tutto è perduto.