Corriere della Sera, 10 aprile 2022
Cosa hanno fatto i russi a Chernobyl
Come se nulla fosse. Le truppe russe sono arrivate a Chernobyl il primo giorno di guerra, hanno circondato la centrale nucleare con carri armati e veicoli blindati, l’hanno occupata e si sono comportati come se quel posto fosse un villaggio qualunque. Noncuranti della polvere e della terra che sollevavano con i loro mezzi, senza indossare nessuna protezione e non preoccupati di scavare trincee (e rimanerci dentro) nella Foresta Rossa, l’angolo della Terra più radioattivo al mondo dopo il peggior disastro nucleare mai avvenuto, nell’ormai lontano 1986.
Adesso che se ne sono andati, ad alcuni giornalisti occidentali (Bbc, Cnn, New York Times) è stato consentito l’accesso all’interno dell’impianto nucleare, oggi non più attivo. E le testimonianze raccolte sono scioccanti.
Yaroslav Emelianenko, membro del Consiglio pubblico dell’Agenzia ucraina che gestisce la zona di esclusione, cioè l’area dove ancora oggi è vietato entrare (un raggio di 30 chilometri attorno al reattore esploso nell’86) è convinto che le azioni dei militari russi abbiano una sola spiegazione: quei ragazzi in divisa non sapevano che cosa stessero rischiando a Chernobyl. «Sembrava non capissero dove fossero arrivati, che cosa fosse questo posto, che si stessero suicidando», commenta. «Nella zona di Chernobyl è possibile spostarsi soltanto su strade asfaltate. Loro hanno usato veicoli blindati sul terreno, mescolato suolo radioattivo con radionuclidi già stabilizzati, contaminato l’attrezzatura....».
Il New York Times riporta il racconto di un soldato russo che avrebbe trattato a mani nude una fonte radioattiva in un deposito di rifiuti nucleari: «Si è esposto a un livello di radiazioni tali che il contatore Geiger è impazzito» ha raccontato il responsabile della sicurezza della Centrale.
Ma l’azione più scellerata in assoluto è stata, appunto, scavare trincee in un terreno che è vietato anche solo calpestare senza protezione: i soldati sono stati esposti a «dosi significative» di radiazioni, affermano all’Agenzia statale per l’energia nucleare ucraina e, secondo il ministro dell’Energia German Galushchenko, «hanno non più di un anno di vita».
Uno dei funzionari dell’impianto, Oleksandr Loboda, racconta invece che la sua preoccupazione più grande è stata quand’è mancata la corrente elettrica, tre giorni. Serviva carburante per il generatore e qualcuno dei funzionari di Chernobyl è arrivato a rubarne un po’ ai russi, «perché – dice Loboda – senza elettricità la situazione poteva diventare catastrofica. Poteva essere rilasciato materiale radioattivo e sarebbe stata una tragedia per l’umanità».